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UN RACCONTO PER L'ESTATE |
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 20)

Percorsi dieci verste e mi fermai per trascorrere la
notte in un villaggio.
Viveva là un contadino gravemente ammalato. Consigliai
alla famiglia di farlo comunicare pensando ai santi misteri di Cristo, e la
mattina essi mandarono a cercare il prete del villaggio. Io rimasi per
inginocchiarmi davanti ai santi doni e per pregare durante la somministrazione
del Sacramento. Ero seduto su una panca davanti alla casa e guardavo se il
prete arrivava. All’improvviso vedo correre verso di me la fanciulla che avevo
visto in preghiera nella cappella. – Come hai fatto a venire qui? – Le dissi. –
In casa mia tutto era disposto ormai per le nozze con quello scismatico, e io
sono scappata. Poi, gettandosi ai miei piedi, gridò: – Per pietà, prendimi con
te e conducimi in un convento, da queste parti, non voglio marito, voglio
vivere in un convento recitando la preghiera di Gesù. Ti ascolteranno là, e mi
accetteranno.
– Di’ un po’, dove vuoi che ti conduca? Non conosco
nemmeno un convento, da queste parti, e come potrei prenderti con me senza
passaporto? Non potrai fermarti mai in nessun posto. Ti scopriranno subito;
sarai ricondotta a casa tua e punita per la tua scappata. Ritorna invece a casa
e prega il Signore; e se non ti vuoi sposare, inventa qualche scusa. Questa
sarà una "bugia pietosa". Così hanno agito la santa madre di
Clemente, la beata Marina, che salvò la sua anima in un monastero di uomini, e
tante altre. Mentre noi stavamo così parlando, vedemmo quattro contadini in un
biroccino che trottavano dritti verso di noi. Acciuffarono la ragazza e la
caricarono sulla carretta: uno di loro partì con lei, gli altri tre mi legarono
le mani e mi condussero al borgo nel quale avevo passato l’estate. A tutte le
mie spiegazioni essi rispondevano con grida: – Imparerai, santoccio, a sedurre
le ragazze! – Verso sera, mi condussero alla prigione, mi fecero mettere i
ferri ai piedi e mi fecero rinchiudere in attesa del giudizio per l’indomani. Il
prete, avendo saputo che ero in prigione, venne a trovarmi, mi portò la cena,
mi consolò e disse che avrebbe preso le mie difese dichiarando, come mio
confessore, che io non avevo assolutamente quelle tendenze che mi venivano
attribuite. Si trattenne un po’ di tempo con me, poi se ne andò. Sul far della
notte passò di là il commissario di polizia del distretto e gli fu raccontata
la storia. Egli ordinò che si riunisse il consiglio comunale e si conducesse me
al commissariato. Noi entrammo e rimanemmo in piedi ad aspettare. Ad un tratto,
ecco il commissario già piuttosto eccitato; sedette al tavolo col suo
berrettone ben calato sul capo e disse a voce molto alta: – Ehi, Epifanio,
questa ragazza qui, tua figlia, non ha portato via niente da casa? – Nulla, piccolo
padre. – Ha fatto qualche stupidaggine con questo scimunito? – No, piccolo
padre. – Allora la questione è giudicata e si decide: con tua figlia, regolati
tu come vuoi; e questo bel muso, lo pregheremo di svignarsela domattina, dopo
una solida correzione che gli levi la voglia di tornare da queste parti. Via!
Con queste parole il commissario si alzò in piedi e andò a dormire; io fui
ricondotto in prigione. L’indomani mattina, per tempo, vennero due contadini
che mi sferzarono di santa ragione e poi mi lasciarono andare; e io partii di
là ringraziando il Signore per avermi permesso di soffrire in nome suo. Questo
mi consolava e mi incitava anche di più a pregare. Tutti questi incidenti però
non mi avevano abbattuto: era come se fossero toccati a un altro e io ne fossi
solo lo spettatore; anche durante le sferzate riuscivo a sopportare il dolore;
la preghiera, che illuminava il mio cuore, non mi dava tempo per accorgermi di
alcun’altra cosa. Dopo quattro verste, incontrai la madre della ragazza che
tornava dal mercato. Si fermò e mi disse: – Il fidanzato ci ha piantati. Si è
arrabbiato con Akulka, capisci?; perché lei è scappata! –. Poi mi diede del
pane e un biscotto, e io ripresi la mia strada. Il tempo era asciutto e non
avevo voglia di chiedere ospitalità per la notte in un villaggio: scorsi due
mucchi di fieno nel bosco e mi aggiustai là, per passare la notte.
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