sabato 30 agosto 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 20)


Percorsi dieci verste e mi fermai per trascorrere la notte in un villaggio.
Viveva là un contadino gravemente ammalato. Consigliai alla famiglia di farlo comunicare pensando ai santi misteri di Cristo, e la mattina essi mandarono a cercare il prete del villaggio. Io rimasi per inginocchiarmi davanti ai santi doni e per pregare durante la somministrazione del Sacramento. Ero seduto su una panca davanti alla casa e guardavo se il prete arrivava. All’improvviso vedo correre verso di me la fanciulla che avevo visto in preghiera nella cappella. – Come hai fatto a venire qui? – Le dissi. – In casa mia tutto era disposto ormai per le nozze con quello scismatico, e io sono scappata. Poi, gettandosi ai miei piedi, gridò: – Per pietà, prendimi con te e conducimi in un convento, da queste parti, non voglio marito, voglio vivere in un convento recitando la preghiera di Gesù. Ti ascolteranno là, e mi accetteranno.
– Di’ un po’, dove vuoi che ti conduca? Non conosco nemmeno un convento, da queste parti, e come potrei prenderti con me senza passaporto? Non potrai fermarti mai in nessun posto. Ti scopriranno subito; sarai ricondotta a casa tua e punita per la tua scappata. Ritorna invece a casa e prega il Signore; e se non ti vuoi sposare, inventa qualche scusa. Questa sarà una "bugia pietosa". Così hanno agito la santa madre di Clemente, la beata Marina, che salvò la sua anima in un monastero di uomini, e tante altre. Mentre noi stavamo così parlando, vedemmo quattro contadini in un biroccino che trottavano dritti verso di noi. Acciuffarono la ragazza e la caricarono sulla carretta: uno di loro partì con lei, gli altri tre mi legarono le mani e mi condussero al borgo nel quale avevo passato l’estate. A tutte le mie spiegazioni essi rispondevano con grida: – Imparerai, santoccio, a sedurre le ragazze! – Verso sera, mi condussero alla prigione, mi fecero mettere i ferri ai piedi e mi fecero rinchiudere in attesa del giudizio per l’indomani. Il prete, avendo saputo che ero in prigione, venne a trovarmi, mi portò la cena, mi consolò e disse che avrebbe preso le mie difese dichiarando, come mio confessore, che io non avevo assolutamente quelle tendenze che mi venivano attribuite. Si trattenne un po’ di tempo con me, poi se ne andò. Sul far della notte passò di là il commissario di polizia del distretto e gli fu raccontata la storia. Egli ordinò che si riunisse il consiglio comunale e si conducesse me al commissariato. Noi entrammo e rimanemmo in piedi ad aspettare. Ad un tratto, ecco il commissario già piuttosto eccitato; sedette al tavolo col suo berrettone ben calato sul capo e disse a voce molto alta: – Ehi, Epifanio, questa ragazza qui, tua figlia, non ha portato via niente da casa? – Nulla, piccolo padre. – Ha fatto qualche stupidaggine con questo scimunito? – No, piccolo padre. – Allora la questione è giudicata e si decide: con tua figlia, regolati tu come vuoi; e questo bel muso, lo pregheremo di svignarsela domattina, dopo una solida correzione che gli levi la voglia di tornare da queste parti. Via! Con queste parole il commissario si alzò in piedi e andò a dormire; io fui ricondotto in prigione. L’indomani mattina, per tempo, vennero due contadini che mi sferzarono di santa ragione e poi mi lasciarono andare; e io partii di là ringraziando il Signore per avermi permesso di soffrire in nome suo. Questo mi consolava e mi incitava anche di più a pregare. Tutti questi incidenti però non mi avevano abbattuto: era come se fossero toccati a un altro e io ne fossi solo lo spettatore; anche durante le sferzate riuscivo a sopportare il dolore; la preghiera, che illuminava il mio cuore, non mi dava tempo per accorgermi di alcun’altra cosa. Dopo quattro verste, incontrai la madre della ragazza che tornava dal mercato. Si fermò e mi disse: – Il fidanzato ci ha piantati. Si è arrabbiato con Akulka, capisci?; perché lei è scappata! –. Poi mi diede del pane e un biscotto, e io ripresi la mia strada. Il tempo era asciutto e non avevo voglia di chiedere ospitalità per la notte in un villaggio: scorsi due mucchi di fieno nel bosco e mi aggiustai là, per passare la notte.


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