venerdì 22 agosto 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 12)

Continuammo a parlare, e quell’uomo semplice mi raccontò la sua vita e le sue idee. – Nel mio villaggio – disse – non ero mica l’ultimo arrivato; avevo un mestiere, tingevo i tessuti in rosso e blu; vivevo benino, ma da peccatore: ingannavo volentieri i miei clienti e bestemmiavo a ogni occasione; ero volgare, ubriacone e attaccabrighe. In quel villaggio c’era un cantastorie che possedeva un libro vecchio sul Giudizio finale e spesso egli andava per le case dei fedeli ortodossi a leggerne dei passi, e gli si dava un po’ di denaro. Veniva anche da me. Di solito gli si dava cinque soldi e quello rimaneva a leggere fino al canto del gallo. Una volta che, pur prestando orecchio alla lettura, io stavo lavorando, egli lesse un passo sui tormenti dell’inferno e sulla risurrezione dei morti, come Dio verrà a giudicare, come gli Angeli faranno squillare le trombe, e il fuoco e la pece che vi saranno, e i vermi che divoreranno i peccatori. A un tratto provai uno spavento terribile, e mi dissi: "Io non me la cavo, no certo! Questi tormenti sono anche per me. Qua è meglio che mi metta a salvare l’anima mia e forse riuscirò a farmi perdonare i miei peccati". Ci pensai su a lungo e alla fine decisi di abbandonare il mio mestiere; vendetti casa e bottega, e dal momento che non avevo famiglia, divenni guardaboschi, non chiedendo per salario che il pane, qualcosa per coprirmi e qualche cero da accendere durante la preghiera. Sono qui ormai da più di dieci anni. Non mangio che una volta al giorno e mi accontento di pane e acqua. Ogni notte mi alzo al canto del gallo e fino alle prime luci del giorno faccio le mie genuflessioni e i miei inchini fino a terra; quando prego; accendo sette ceri davanti all’icona. Di giorno, quando percorro la foresta, porto sulla pelle delle catene di settanta libbre. Non bestemmio, non bevo birra né alcool, non litigo con alcuno; delle donne ho sempre fatto a meno. All’inizio ero piuttosto contento di vivere così, ma a lungo andare per forza sono assalito da considerazioni che non posso mandar via. Dio solo sa se io riscatterò i miei peccati, ma intanto questa vita è proprio dura. E poi, è vero quello che il libro racconta? Come fa l’uomo a risuscitare? Quelli che sono morti da cent’anni e più sono polvere ed è sparita anche quella. E poi, ci sarà o non ci sarà un inferno? In ogni caso, nessuno è mai tornato dall’altro mondo; quando l’uomo muore, si putrefà e non ne rimangono più tracce. Questo libro forse l’hanno scritto i preti per far paura a noi ignoranti, e per tenerci più sottomessi. Così si vive male, senza un po’ di consolazione su questa terra, e poi nell’altro mondo non troveremo nulla! Allora ne vale proprio la pena? Non è meglio avere un bel po’ di tempo subito? Queste idee non mi danno pace – aggiunse – e ho paura di dover riprendere il mio vecchio mestiere. Ero pieno di pietà per lui e mi dicevo: "Si dice che solo i sapienti e gli intellettuali diventano liberi pensatori e non credono più a nulla, ma i nostri fratelli, i semplici contadini, sanno fabbricarsi da sé una bella incredulità! Certamente il mondo delle tenebre fa presa su tutti e forse più facilmente ancora sui semplici. Bisogna ragionare fin dove è possibile e fortificarsi contro il nemico con la parola di Dio". Così per sostenere un poco il fratello e rinsaldare la sua fede, trassi dal sacco la Filocalia e l’aprii al capitolo 109 del beato Esichio. Glielo lessi, e spiegai che non ci si astiene dal peccare solo per timore del castigo, perché l’anima non può liberarsi dai pensieri colpevoli che con la vigilanza dello spirito e la purità del cuore. Tutto si acquista con la preghiera interiore. Se qualcuno si mette sulla via dell’ascetica, non solo per timore dei tormenti dell’inferno ma anche per desiderio del Regno celeste – aggiunsi – i Padri paragonano la sua azione a quella di un mercenario. Ma Dio vuole che noi veniamo a Lui come figli, vuole che l’amore e lo zelo ci spingano a comportarci in modo degno e che godiamo dell’unione perfetta con Lui nell’anima e nel cuore. Puoi fare quel che vuoi; logorarti, importi le prove e le penitenze fisiche più dure, ma se non hai Dio sempre nello spirito e la preghiera di Gesù nel cuore, non sarai mai al riparo dai cattivi pensieri; sarai sempre pronto a peccare alla prima occasione. Mettiti dunque, fratello, a recitare senza posa la preghiera di Gesù; ti sarà facile farlo in questa solitudine; ti accorgerai presto del suo benefico effetto. Le idee empie spariranno, la fede e l’amore per Gesù Cristo si riveleranno a te; capirai come i morti possono risuscitare e il Giudizio ultimo ti apparirà quello che realmente è. E nel tuo cuore ci sarà tanta leggerezza e tata gioia che ne sarai meravigliato; non ti sentirai più stanco o turbato per la tua vita di penitenza! Gli spiegai poi come meglio potevo il modo di recitare la preghiera di Gesù, secondo il comandamento divino e gli insegnamenti dei Padri. Il guardaboschi non chiedeva di meglio e la sua inquietudine diminuì. Allora, congedandomi da lui, entrati nella vecchia capanna che mi aveva indicata.   

Nessun commento:

Posta un commento