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UN RACCONTO PER L'ESTATE |
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RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
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(pag. 7)
SECONDO RACCONTO
Signore… Gesù… Cristo…
A
lungo ho viaggiato per ogni sorta di paesi, accompagnato dalla preghiera di
Gesù, che mi dava forza e consolazione in tutti i miei viaggi, in ogni
occasione e in ogni incontro. Alla fine mi parve che avrei fatto bene a
fermarmi in qualche luogo per trovare una solitudine più piena e studiare la
Filocalia, che fino allora avevo potuto leggere solo di sera, quando mi
fermavo, o durante la siesta di mezzogiorno. Avevo un desiderio ardente di
immergermi a lungo in quella lettura per attingervi con fede la dottrina vera
della salvezza dell’anima con la preghiera del cuore. Purtroppo, per soddisfare
il mio desiderio, non potevo impegnarmi in alcun lavoro manuale, perché fin
dalla prima infanzia avevo perduto l’uso del braccio sinistro; così,
nell’impossibilità di fissarmi in qualche luogo, mi diressi verso i paesi della
Siberia, verso sant’Innocente d’Irkutsk pensando che, attraverso le pianure e
le foreste della Siberia, avrei trovato un grande silenzio e mi sarei potuto dedicare
con più agio alla lettura e alla preghiera. Mi misi in viaggio recitando senza
posa la preghiera. Dopo un po’ di tempo sentii che la preghiera scorreva da
sola nel mio cuore, o meglio, il mio cuore, battendo regolarmente, si metteva
in certo qual modo a recitare da sé le parole sante a ogni battito; per
esempio, 1: Signore, 2: Gesù, 3: Cristo, e via dicendo. Cessai di muovere le
labbra e ascoltai attentamente quel che diceva il mio cuore, ricordandomi
quanto fosse piacevole, secondo le parole dello starets defunto. Poi avvertii
un lieve dolore al cuore e nello spirito un amore così grande per Gesù Cristo
che, se l’avessi veduto, mi sarei gettato ai suoi piedi, li avrei stretti,
baciati e bagnati di lacrime, ringraziandolo per la consolazione che egli ci dà
con il suo nome, nella sua bontà e nel suo amore per la sua creatura colpevole
e indegna. Si accese presto nel mio cuore un confortevole calore che si diffuse
in tutto il petto. Questo mi portò in particolare a un’attenta lettura della
Filocalia per verificare in essa queste mie sensazioni e studiare così lo
sviluppo della preghiera interiore del cuore; senza questo controllo avrei
avuto paura di cadere nell’illusione, di scambiare le azioni della natura per
quelle della grazia e di inorgoglirmi così per quella rapida conquista della
preghiera, come mi aveva ben spiegato il mio starets defunto. Per questo
camminavo soprattutto durante la notte e passavo la giornata a leggere la
Filocalia seduto nei boschi sotto gli alberi. Quante cose nuove, profonde e
ignorate scoprii con quella lettura! In quella occupazione gustai una
beatitudine più perfetta di quanto mai avessi potuto immaginare fino a quel
momento. Senza dubbio, alcuni passi rimanevano incomprensibili al mio spirito
limitato, ma gli effetti della preghiera del cuore illuminavano quello che non
riuscivo a comprendere; per di più, vedevo talvolta in sogno il mio starets
defunto che mi spiegava molte difficoltà e piegava sempre di più la mia anima
verso l’umiltà. Trascorsi i due mesi della piena estate in questa perfetta
felicità. Passavo specialmente per i boschi e per i viottoli di campagna;
quando arrivavo a un villaggio, domandavo un sacco di pane, un pugno di sale e
riempivo d’acqua la mia borraccia, quindi ripartivo per altre cento verste. Certamente per causa dei peccati commessi
dalla mia anima incallita, o per il progresso della mia vita spirituale, verso
la fine dell’estate si fecero sentire le tentazioni. Ecco come avvenne. Una
sera che ero sbucato sulla via principale, incontrai due uomini che avevano un
berretto militare sul capo; mi chiesero del denaro. Quando io risposi loro che
non avevo un centesimo, non mi vollero credere e gridarono con violenza: – Non
raccontarci storie; i pellegrini mettono sempre via un mucchio di soldi! Uno
dei due aggiunse: – È inutile perder tempo a parlare! E mi colpì sul capo con
il suo bastone: io ruzzolai per terra svenuto. Non so se rimasi così molto
tempo, ma quando tornai in me, vidi che ero nel bosco vicino alla strada; ero
tutto strappato e il mio sacco era scomparso; non c’erano più che i capi delle
due cordicelle con le quali lo tenevo. Grazie a Dio, non mi avevano rubato il
passaporto, che io serbavo nel mio vecchio berretto per poterlo esibire in
fretta quando ce n’era bisogno. Rimesso in piedi, piansi amaramente non tanto
per il dolore al capo, quanto piuttosto per i miei libri, la Bibbia e la mia
Filocalia, che erano nel sacco rubato. Tutto il giorno, tutta la notte mi
rammaricai e piansi. Dov’è finita la mia Bibbia, che leggevo da quando ero bambino
e che avevo sempre portata con me? Dov’è la mia Filocalia, dalla quale traevo
insegnamento e conforto? Infelice, ho perduto l’unico tesoro della mia vita,
prima di essermene saziato fino in fondo. Sarebbe stato meglio morire che
vivere così, senza nutrimento spirituale. Non li potrò mai comperare di nuovo.
Per due giorni potei a malapena camminare tanto ero afflitto; il terzo giorno
mi lasciai cadere stremato di forze presso un cespuglio e mi addormentai. Ecco
che in sogno mi vedo nella cella del mio starets e gli racconto in lacrime la
mia pena. Lo starets mi consola e mi dice: – Sia questa per te una lezione di
distacco dalle cose terrene per andare più liberamente verso il cielo. Questa
prova ti è stata mandata affinché tu non cada nella voluttà spirituale. Dio
vuole che il cristiano rinunci alla sua volontà e a ogni attaccamento ad essa,
al fine di affidarsi completamente alla volontà divina. Tutto quello che egli
fa è per il bene e la salvezza dell’uomo. Egli vuole che tutti siano salvi (1Tm
2,4). Fatti animo, e credi che con la tentazione il Signore procurerà anche la
via d’uscita (1Cor 10,13). Quanto prima tu riceverai una consolazione più
grande di tutto il tuo dolore. A queste parole mi svegliai, sentii nel mio
corpo delle forze nuove e nell’anima quasi un’aurora e una calma nuova. – Sia
fatta la volontà del Signore! – dissi. Mi alzai, mi feci il segno della croce e
partii. La preghiera agiva di nuovo nel mio cuore come un tempo e per tre
giorni camminai serenamente.
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