lunedì 18 agosto 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE

RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 8)

A un tratto incontro per la via una colonna di forzati, che venivano condotti con la scorta. Quando mi furono vicini, riconobbi tra loro i due che mi avevano derubato e, dato che camminavano a un lato della colonna, mi gettai ai loro piedi e li supplicai di dirmi dove erano i miei libri. In un primo momento essi finsero di non riconoscermi, poi uno di loro disse: – Se ci dai qualche cosa, ti diremo dove sono i tuoi libri. Vogliamo un rublo d’argento. Giurai che glielo avrei dato senz’altro, a costo di mendicare per metterlo insieme. – Prendete il mio passaporto, tenetelo come pegno. Mi dissero che i miei libri erano nei carri, insieme con gli altri oggetti rubati che avevano dovuto consegnare. – Come posso fare per riaverli?– Chiedili al capitano della scorta. Corsi dal capitano e gli spiegai la cosa in tutti i particolari. Così, parlando, egli mi chiese se sapevo leggere la Bibbia. – So leggere, non solo, ma anche scrivere; sulla Bibbia troverete una scritta di mio pugno, che prova che quel libro è mio; ed ecco qua sul passaporto il mio nome e il mio cognome. Il capitano mi disse: – Questi briganti sono dei disertori, vivevano in una capanna e depredavano i passanti. Un vetturino in gamba ieri li ha arrestati, mentre quelli cercavano di portargli via la troika. Non chiedo di meglio che di restituirti i tuoi libri, se sono là dove ti hanno detto; ma bisogna che tu venga con noi fino alla prossima tappa; è solo a quattro verste di qui, non posso fermare tutto il convoglio per causa tua. Camminavo tutto lieto a fianco del cavallo del capitano e parlavo con lui. Vidi che era un brav’uomo e non più tanto giovane. Mi domandò chi ero, da dove venivo e dove andavo. Gli risposi in tutta verità; e così arrivammo al luogo di tappa. Il capitano andò a cercare i miei libri e me li rese dicendo: – Dove vuoi andare, ora? È notte ormai. Ti conviene restare con noi. Rimasi. Ero così felice di aver ritrovato i miei libri che non sapevo come ringraziare Dio; li strinsi al mio cuore fino ad averne i crampi alle braccia. Lacrime di gioia inondavano i miei occhi e il cuore mi batteva di un palpito di gioia. 
Il capitano disse guardandomi: – Si vede che ti piace leggere la Bibbia! Nella mia gioia non riuscii a rispondere una sillaba. Non facevo che piangere.
Il capitano continuò: – Anch’io, fratello, leggo ogni giorno con attenzione il Vangelo di Kiev che è rilegato in argento. Siediti qui, ti racconterò come mai ho preso quest’abitudine. Olà! Portateci la cena! Ci sedemmo a tavola. Il capitano cominciò il suo racconto: – Dalla mia giovinezza in poi ho sempre servito nell’esercito e mai nella guarnigione. Conoscevo bene il servizio e i miei capi mi consideravano un soldato modello. Ma ero molto giovane e altrettanto giovani erano i miei amici; per mia disgrazia, imparai a bere e mi abbandonai a tal punto a questo piacere che finii per ammalarmi. Quando non bevevo, ero un ottimo ufficiale, ma anche una sola goccia di alcool voleva dire sei settimane di letto. Mi sopportarono un bel po’, ma alla fine, avendo io insultato un capo dopo aver bevuto, fui degradato e condannato a prestar servizio tre anni in guarnigione; se non avessi rinunciato a quel vizio, mi minacciavano pene anche più severe. In quella misera situazione ebbi un bel cercare di frenarmi, di farmi curare, non potei liberarmi dalla passione del bere, e fu deciso allora di inviarmi al battaglione di disciplina. Quando ne fui informato, mi abbandonai alla disperazione. Un giorno che ero seduto nella camera e ruminavo queste cose, ecco che viene un monaco a questuare per una chiesa. Ognuno dava quel che poteva. Arrivato vicino a me, mi chiese: "Perché sei così triste?" Parlai un po’ con lui e gli raccontai le mie disavventure. Il monaco mostrò molta comprensione per i miei guai e mi disse: "A mio fratello è successo lo stesso, e se l’è cavata in questo modo. Il suo padre spirituale gli diede un Vangelo e gli ordinò di leggere un capitolo ogni volta che avesse il desiderio di bere; e se il desiderio tornava, doveva leggere il capitolo successivo. Mio fratello mise in pratica il consiglio e di lì a qualche tempo la passione di bere cessò. Da quindici anni non assaggia una bevanda alcolica. Fa’ lo stesso e ne proverai il beneficio anche tu. Ho un Vangelo, se vuoi te lo porterò". A queste parole gli dissi: "Cosa vuoi che faccia il tuo Vangelo, se i miei sforzi e i mezzi medici non sono serviti a nulla?" (parlavo così perché non avevo mai letto il Vangelo). "Non parlare così – replicò il monaco – ti assicuro che ne ricaverai un bene". L’indomani infatti il monaco mi portò questo Vangelo che ora vedi. Lo aprii, lo guardai, lessi qualche frase e dissi: "Non lo voglio, non ci capisco nulla; non ho l’abitudine di leggere i caratteri dei libri di chiesa". Il monaco continuò a persuadermi dicendo che nelle parole del Vangelo c’è una forza benefica, perché sono parole che Dio stesso ha pronunciato. "Non importa se non capisci nulla, basta che tu legga con attenzione. 
Un santo ha detto: "Se tu non capisci la parola di Dio, i diavoli però capiscono quel che tu leggi e tremano (cfr. Gc 2,19), e certamente il desiderio di bere è pure l’opera dei demòni. E ti dico anche questo: Giovanni Crisostomo scrive che anche il posto in cui viene tenuto il Vangelo sgomenta gli spiriti delle tenebre e serve di ostacolo ai loro complotti". Ora non ricordo bene; mi pare di aver dato qualcosa a quel monaco; presi il suo Vangelo e lo ficcai in un baule con le cose mie, ma ben presto lo dimenticai completamente.

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