mercoledì 20 agosto 2014



UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
                                                             (pag. 10)

Quando il capitano si svegliò, andai a ringraziarlo della sua bontà e a dirgli addio. Mi versò il tè, mi diede un rublo d’argento e ci separammo. Io ripresi la mia via di buonumore. Dopo la prima versta, mi ricordai che avevo promesso ai soldati un rublo e ora possedevo proprio un rublo. Dovevo darglielo o no? Da un lato – mi dicevo – essi ti hanno bastonato e derubato, e non possono farti niente perché sono in arresto. Ma d’altro canto ricordati quel che scrive la Bibbia: Se il tuo nemico ha fame dagli da mangiare (Rm 12,20), e Cristo stesso ha detto: Amate i vostri nemici (Mt 5,44) e anche: Se qualcuno vuole portarti via la tua veste, dagli anche il mantello (Mt 5,40). Così persuaso, tornai sui miei passi e giunsi alla stazione di tappa proprio mentre il convoglio si stava rimettendo in marcia; corsi verso i due malfattori e feci scivolare in mano a uno di loro il mio rublo, dicendo: – Pregate e fate penitenza; Gesù Cristo è l’amico degli uomini. Non vi abbandonerà! Con queste parole mi allontanai e ripresi la mia strada nell’opposta direzione. Dopo aver percorso una cinquantina di verste sulla strada principale, mi addentrai per i viottoli di campagna più solitari e più adatti alla lettura. Girovagai a lungo per i boschi; ogni tanto incontravo un piccolo villaggio. Spesso mi fermavo tutta la giornata nella foresta a leggere la Filocalia; vi attingevo insegnamenti stupendi e profondi. Il mio cuore era infiammato dal desiderio di unirsi a Dio con la preghiera interiore, che mi sforzavo di studiare e verificare nella Filocalia; nello stesso tempo ero afflitto di non aver trovato un ricovero dove potermi dedicare alla lettura in pace e senza interruzioni. In quel tempo leggevo anche la mia Bibbia e sentivo che cominciavo a comprenderla meglio; non vi trovavo più tanti passi oscuri. I Padri hanno ragione di dire che la Filocalia è la chiave che scopre i misteri sepolti nella Scrittura. Sotto la sua guida cominciai a comprendere il senso segreto della parola di Dio: scoprii che cosa significa l’uomo interiore nel profondo del suo cuore (1Pt 3,4), la preghiera vera, l’adorazione in spirito (Gv 4,23), il regno all’interno di noi (Lc 17,21), l’intercessione dello Spirito Santo (Rm 8,26); comprendevo il significato di queste parole: Voi siete in me (Gv 15,4), dammi il tuo cuore (Pr 23,26) essere rivestito di Cristo (Rm 13,14 e Gal 3,27), le nozze dello Spirito nei nostri cuori (Ap 22,17), l’invocazione Abba Pater (Rm 8,15-16) e molte altre. Quando nello stesso tempo io pregavo nel profondo del cuore, tutto quello che mi circondava mi appariva sotto un aspetto meraviglioso: alberi, erbe, uccelli, terra, aria, luce, tutto mi sembrava dirmi che essi esistono per l’uomo, che attestano l’amore di Dio per l’uomo; tutto pregava, tutto cantava gloria al Signore. Capivo così quel che la Filocalia chiama "la conoscenza del linguaggio della creazione" e vedevo com’è possibile conversare con le creature di Dio.  Feci così una lunghissima macia. Alla fine giunsi in una zona così desolata che per tre giorni non riuscii a incontrare un villaggio. Avevo finito il pane e mi chiedevo con inquietudine come non morire di fame. Ma appena cominciai a pregare nel mio cuore, ogni preoccupazione sparì e mi affidai alla volontà di Dio; divenni così lieto e tranquillo. Avevo percorso un breve tratto della via che attraversava un’immensa foresta, quando scorsi davanti a me un cane da guardia che sbucava da una macchia; lo chiamai e quello venne, tutto festoso, a farsi carezzare. Mi rallegrai e dissi tra me: è proprio un segno della bontà di Dio! Vi è certo un gregge in questa foresta, ed è il cane del pastore, o forse un cacciatore sta inseguendo per questa via la sua preda; in ogni modo, potrei chiedere un po’ di pane, perché sono già due giorni che non mangio, o informarmi se non sia un villaggio poco lontano. Il cane, dopo aver gironzolato intorno a me, vedendo che non c’era nulla da mangiare, scappò nel folto per lo stesso viottolo dal quale era sbucato sulla via.

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