mercoledì 11 dicembre 2013


 
LA MIA VOCE SALE A TE
 
Molte persone quando sentono la parola PREGHIERA l’associano immediatamente ad altre  due  parole: NOIA e TEMPO

NOIA perché LA PREGHIERA  è considerata da molti un inutile monotono ripetere di frasi fatte e a volte senza senso e che, se mai un senso ce l’avessero, sicuramente non hanno nessun peso sulla nostra vita.

Pregare è dunque inutile, noioso, monotono, scontato, un’ attività per creduloni, per nullafacenti, per bambini tutt’alpiù che ancora credono alle favole e a Babbo Natale e per i vecchi che hanno paura di morire.

L’altra associazione viene fatta con la parola  TEMPO, perché è convinzione comune che prega solo chi ha tempo disponibile, chi non ha nient’altro di più importante da fare; possono pregare dunque i vecchi che passano il tempo seduti alle panchine sotto il sole… per tutti gli altri è un togliere tempo a chi di tempo ne ha già così poco.

Conclusione: il tempo per pregare non c’è, se poi ci aggiungiamo che è pure inutile… a questo punto… preghi chi può e chi proprio non ha altro che fare!

Certo che siamo proprio pieni di pregiudizi e preconcetti!

Molte volte, siamo molto distanti dalla verità eppure siamo convinti di averla sempre in tasca la verità, siamo convinti di sapere sempre quale sia la cosa più giusta, anche quando di quell’argomento non conosciamo niente, siamo pronti a giudicare, a valutare, a dare consigli e risposte su qualsiasi argomento… qualsiasi… anche su quello dal quale siamo lontani mille anni luce come appunto può essere quello riguardante la fede.

Chi ha fede sa che la preghiera non è tempo perso né tanto meno una faccenda da relegare nelle due  fasce estreme della vita: infanzia e vecchiaia.

Tutt’altro!

E per capire questo ‘’tutt’altro’’, bisogna sradicare  alcuni luoghi comuni, convinzioni che non hanno alcun fondamento né religioso né culturale.

Per prima cosa bisogna avere chiaro il concetto di preghiera:  la preghiera non si esaurisce in un ripetere monotono di frasi: la preghiera è un colloquio diretto con Dio, un dialogo ‘’privato o collettivo’’ tra creature e Creatore, è un pensiero rivolto a Dio e pertanto è una cosa che posso fare in qualsiasi momento del giorno, in qualsiasi luogo, come, quando e con chi voglio.

Il ripetersi monotono e ritmico di ciò che dico… già di per sé esclude  che quella sia preghiera; quando il mio parlare diventa un monologo monotono vuol dire che non è più preghiera, non lo è mai stata; la preghiera è un dialogo, non un monologo; se è un dialogo, vuol dire che se c’è chi parla c’è anche chi ascolta e viceversa…  ragion per cui non posso annoiarmi se sono in colloquio con qualcuno e se  quel colloquio l’ho cercato io.

Se c’è una cosa di cui l’uomo moderno ha proprio bisogno è il dialogo, il bisogno di parlare di sé a qualcuno e il sentirsi compreso, colto in profondità, tant’è vero che negli ultimi decenni un numero sempre maggiore si rivolge allo psicologo per essere ascoltati e per avere consigli su come comportarsi in certe situazioni.

Questo aprirsi a qualcuno non può, dunque,  annoiarmi, perché parlo di me a qualcuno che mi sta ascoltando.

Questa è la preghiera: un parlare di me a Chi non solo mi ascolta ma mi risponde anche, se ho la bontà di ascoltare a mia volta, perché accade spesso che a parlare sia sempre e soltanto un interlocutore, non entrambi:  finito ciò che ho bisogno di dire… chiuso discorso, non ho tempo per ascoltare la risposta, non mi interessa la risposta, non mi interessano consigli che…  chissà … potrebbero anche limitarmi nella libertà per cui è meglio non ascoltarli.

È preghiera, dunque:

  • se c’è un dialogo;
  • se nel dialogo sono coinvolta;
  • se so tanto parlare quanto ascoltare;
  • se la Persona a cui parlo ha la mia fiducia.

Sono i princìpi cardini della comunicazione, a chiunque essa sia rivolta: a un uomo o a un Dio.

Se questi princìpi sono rispettati… allora la mia sarà vera preghiera, altrimenti è davvero un ripetere inutile di formule e frasi, alle quali però non posso e non devo assegnare il concetto di PREGHIERA.

La seconda cosa importante  riguarda la lunghezza della preghiera: la preghiera non si misura in durata, ma in profondità, in intensità; l’unità di misura non è il tempo: minuti, secondi, ore… giorni…, ma il CUORE, cioè il coinvolgimento del cuore in ciò che dico con il pensiero e con le parole… un esempio:

la frase ‘’SIGNORE AIUTAMI’’ è un’invocazione brevissima che può avere, però,  due effetti: nessuna  conseguenza se io la banalizzo come esclamazione che intercalo ad ogni discorso, quasi come un tic che ripeto senza nemmeno rendermene conto; oppure può  essere un palpito profondo che sale dal cuore in un dato momento ed avere un effetto completamente diverso: il Signore aiuta davvero chi lo invoca con fede e lo soccorre nelle sue necessità.

Ecco… nel secondo caso ‘’SIGNORE AIUTAMI’’ è una preghiera; nel primo caso, invece, sono parole vuote e forse anche un po’ dissacranti, perché vengono pronunciate senza cognizione di causa e senza consapevolezza.

La preghiera presuppone dunque lo slancio del cuore, non l’appiattimento della ragione, il monotono ripetere di parole imparate a memoria.

Non servono a nessuno: né a chi le dice né a chi sono dirette. Sono davvero parole buttate al vento.

La terza cosa importante riguarda le modalità della preghiera: come pregare? Cosa dire?

Non conosco o non ho mai imparato le preghiere canoniche proposte dalla Chiesa… dunque non posso pregare!

Anche in questo caso c’è un errore di fondo: le parole da usare non me lo può suggerire nessuno, è il mio rapporto diretto ed intimo con il mio Signore, sono io che stabilisco i termini e le modalità.

Pensate a due fidanzati: chi mai ha suggerito loro le parole da dirsi? Chi può dire loro come meglio esprimere i loro sentimenti? Chi può dare teorie su come comunicare all’amato ciò che si prova nel cuore? Chi può stabilire di quanto tempo essi hanno bisogno per comunicarsi le loro esperienze?

Nessuno… tranne il cuore stesso, che va semplicemente ascoltato e poi tradotto in parole o in gesti.

Ecco… pregare equivale a ‘’vivere un fidanzamento’’, è un colloquio, abbiamo detto sopra, ma va specificato che si tratta di un colloquio d’amore , il che fa la differenza: non è il colloquio freddo, distante e razionale  dello psicologo, cioè di un professionista e di un cliente, ma una conversazione appassionata, coinvolgente e fortemente motivata fra due persone che si amano.

Due fidanzati non smetterebbero mai di farsi confidenze, di parlare  l’uno con l’altro o di ascoltare l’altro; non c’è un momento in cui questo ci va di fare o un momento in cui non ci va di sentire o di contattare l’altro. Non c'è un limite di tempo. L'amore ha i suoi tempi, che non possono essere calcolati con l'orologio. Un amore a tempo... non è amore.

Il momento è sempre quello giusto; e fra le mille occupazione si riesce sempre a trovare un momento per sentire la voce dell’amato/a, fosse anche per una manciata di minuti… bastano fino al prossimo anelito, al prossimo desiderio che sale dal cuore e fa stare male al pensiero di non poter ancora parlare con l’amato/a.

Niente di più normale, niente di più spontaneo, niente che faccia stare meglio se non il sentire la voce di chi si ama, oppure il raccontare a chi si ama una propria esperienza bella o brutta che sia.
Se un fidanzato si annoia nel dialogo con la sua fidanzata... beh.. è chiaro... non è amore!

Ecco questa è preghiera, è LA PREGHIERA, quella vera, quella che può essere definita veramente PREGHIERA: UN DIALOGO D’AMORE COINVOLGENTE ED APPASSIONATO CHE MI FA STARE BENE QUANDO POSSO PARLARE CON LA PERSONA AMATA E MI FA STARE MALE QUANDO QUESTO NON POSSO FARLO!

Una preghiera così la possono  vivere tutti, non ci sono certamente limiti d’età, oppure di capacità o di memorizzazione di cose che non ho mai capito: siamo tutti capaci di amare, a qualsiasi età, per cui siamo tutti capaci di pregare perché  la Preghiera nasce dall’amore e si fa AMORE.

PREGARE È AMARE!

 Nient’altro che questo!

È vera preghiera solo quando si fa per amore e con amore! 


Purtroppo le nostre preghiere sono ben  lontane da questo concetto: si avverte la pesantezza del pregare, perché siamo noi che le facciamo diventare parole monotone e vuote,  si svuotano di senso quando si svuotano di amore.

Se la preghiera ci sembra monotona e noiosa siamo certi che quella tutto è… tranne che preghiera.

La preghiera è confidenza, intimità, dialogo fra innamorati, è l’essere sicuri che c’è Qualcuno che mi ascolta e si occupa di me, che mi vuole bene e che è felice di sentirmi, di parlare con me, di ascoltare le mie confidenze, quelle che si scrivono solo sul diario segreto.

Forse il punto è proprio questo: siamo davvero convinti che c’è Qualcuno che ascolta la mia preghiera, la mia invocazione d’amore? Siamo davvero convinti che questo Qualcuno, così grande e onnipotente abbia del tempo per ascoltare proprio me?

Forse questa convinzione non è così radicata nella nostra vita, forse non ne siamo convinti del tutto… questa mancata o parziale convinzione trasforma ciò che chiamiamo preghiera in un ‘’tempo tolto ad altre cose’’, semplicemente tempo inutile!
Molte volte ci sentiamo così insignificanti che finiamo col pensare: '' Figuriamoci se Dio ascolta proprio me, con tutti  problemi che ci sono al mondo, non ha certo tempo da perdere con una come me''.
Questa convinzione  è particolarmente pericolosa, perché assegniamo a Dio le nostre categorie mentali, lo facciamo pensare come l'unico modo di pensare che conosciamo cioè il nostro.
'' Ma i miei pensieri non sono i vostri pensieri . dice il Signore . le mie vie non sono le vostre vie''.
Dio non pensa secondo gli uomini e non ama con la misura degli uomini.
Il Suo Pensiero chi può misurarlo? Il Suo Amore... chi può pesarlo?

Pregare non è un arte, non richiede talento, non richiede studio, non richiede conoscenze o teorie: richiede solo Amore!

Per questo la preghiera è alla portata di tutti, appartiene a tutti.

Dobbiamo chiarire, infine, un ‘ultima cosa: la preghiera è individuale o collettiva?

Gesù ha detto due cose:

 ‘’ Quando vuoi pregare, entra nella tua stanza, chiudi la porta  e prega il Padre tuo’’;

‘’Dove ci sono due o più di voi riuniti in preghiera là in mezzo ci sono Io’’.

Questo vuol dire che c’è il momento in cui il bisogno di dialogo con il Signore  richiede intimità, riservatezza… come due fidanzati che si appartano per le loro effusioni d’amore.

Questa è la preghiera personale.

C’è poi il momento in cui i fidanzati sentono il bisogno di condividere la loro gioia con gli altri, con coloro che sono felici per il loro amore, allora festeggiare insieme diventa un momento irrinunciabile, che dà forza e ancora più senso al loro amore.

La preghiera comunitaria è altrettanto necessaria quanto quella personale, perché non si è soli, ciò serve anche per capire che la fede non è una patologia che porta alla pazzìa, ma un fuoco d’amore che dal proprio cuore può irradiare calore per riscaldare il cuore di tanti; se c’è un fuoco acceso e non riscalda nessuno… è un fuoco che vive per sé stesso.

La preghiera  è essenzialmente relazione: in senso verticale, tra l’uomo e Dio, e in senso orizzontale, tra uomo e uomo.

E quando la preghiera è comunitaria è normale che ci siano invocazioni conosciute da tutti, preghiere conosciute da tutti, per potersi meglio sintonizzare sul senso di quello che si sta celebrando o al quale si sta partecipando.

Ma sia nell’uno che nell’altro caso… non deve mai mancare il coinvolgimento del cuore, altrimenti diventa mera abitudine, un comportamento esterno al quale non corrisponde un movimento interno!

Un ultimo chiarimento: molte volte si pensa che per rivolgersi a Dio occorre seguire dei canoni particolari, capire le modalità di questo rapporto: dal basso all’alto? Sullo stesso piano? Chi comanda e chi ubbidisce?

Chi propone e chi dispone? Chi pecca e chi giudica? Chi sbaglia e chi è perfetto? Su che basi va vissuta questa relazione?

Capita a tutti, penso, di relazionarsi in questo mondo con persone migliori o peggiori di noi, più importanti o meno importanti…  nessuno ci dice come comportarci di volta in volta, ma dopo aver conosciuto la persona  lo capiamo da soli e ci adeguiamo sul campo… ugualmente vale per il nostro rapporto con Dio: se noi conoscessimo veramente Dio questa domanda non ce la porremmo per niente.

Il problema esiste solamente perché abbiamo tanti concetti o pre-concetti che riguardano Dio, che ci riempiono di paure, di schemi che diventano ostacoli, impedimenti alla sua vera conoscenza… per conoscerlo bisogna fare una sola cosa: ce lo dice Lui stesso nel primo versetto del Libro della Sapienza: cercare Dio con animo retto! E Lui si fa trovare.

E una volta trovato… è facile amarlo… perché non si può non amare l’AMORE!

Non serve altro. Nient’altro.

Per concludere possiamo sintetizzare così:

  • la preghiera è un dialogo d’amore;
  • le parole della preghiera vengono dal cuore;
  • il tempo della preghiera è senza limiti, può durare un istante o un ‘ora, purchè ci sia lo slancio del cuore;
  • il luogo della preghiera è dovunque: in casa, in chiesa, per strada, sul luogo di lavoro…  perché la preghiera è un pensiero diretto alla persona amata… per questo ogni luogo è quello giusto;
  • le modalità della preghiera  sono quelle del fidanzamento: ci si conosce reciprocamente e ci si relaziona sulla base dell’intimità che si è creata.

Perché pregare?

Perché la preghiera ci rende uomini e donne vere,

 in quanto ci restituisce alla nostra identità più vera:

quella di figli che hanno bisogno del Padre!

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