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UN RACCONTO PER L'ESTATE |
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 34)

Riflettei a quel che avevo letto e trovai che andava
bene per me; così mentre cucivo mi misi a ripetere sottovoce la preghiera e me
ne sentivo felice. Le persone che vivevano con me nell'izba se ne accorsero e
mi presero in giro:– Sei uno stregone, che borbotti senza posa? O che fai
l'incantesimo? Per non farmi capire, smisi di muovere le labbra e mi provai a
dire la preghiera muovendo soltanto la lingua. Alla fine, mi ci sono così
abituato che la lingua recita la preghiera giorno e notte, e questo mi fa bene.
Continuai a lavorare per parecchi anni finché, quasi all'improvviso, divenni
completamente cieco. Da noi, in famiglia, abbiamo quasi tutti l'acqua oscura in
fondo agli occhi. Poiché sono molto povero, il comune mi ha trovato un posto
nell'asilo di Tobolsk. È là che vado, ma i signori di qua mi hanno trattenuto,
perché vogliono darmi una carrozza per arrivare fin là. – Come si chiamava il
libro che tu hai letto? Non era la Filocalia per caso? – Parola mia, non lo so.
Non ho guardato il titolo. Andai a prendere la mia Filocalia. Ritrovai nella
quarta parte le parole del patriarca Callisto che il cieco mi aveva detto a
memoria e cominciai a leggere. – È proprio questo – gridò il cieco –. Leggi,
leggi fratello, perchè è veramente magnifico. Quando giunsi al passo in cui si
dice: bisogna pregare con il cuore, mi chiese che cosa questo voleva dire e
come lo si praticava. Gli dissi che tutto l'insegnamento della preghiera del
cuore era esposto in modo dettagliato in questo libro, la Filocalia, ed egli mi
chiese con insistenza di leggergli tutto quello che la riguardava. – Vediamo un
po' come si può fare – gli dissi –. Quando conti di partire per Tobolsk? –
Anche subito, se vuoi – rispose il cieco. – Benone. Vorrei partire di qua
domani, non ci rimane che partire insieme e durante il cammino io ti leggerò
tutto quello che riguarda la preghiera del cuore e ti indicherò come scoprire
il tuo cuore e penetrarvi. – E la carrozza? – disse lui.– Lascia perdere la
carrozza. Da qui a Tobolsk non ci sono che centocinquanta verste, andremo
adagio; in due nella solitudine è bello camminare; e camminando si va bene
leggendo e parlando della preghiera. Ci mettemmo così d'accordo; la sera il
signore venne a chiamarci per la cena e, dopo aver mangiato, gli spiegammo che
desideravamo andarcene e non avevamo bisogno di carrozza, perché volevamo
leggere la Filocalia. Il signore ci disse con calore: – La Filocalia è piaciuta
molto anche a me; ho già scritto la lettera e preparato il denaro e domani,
quando vado in tribunale, manderò il tutto a Pietroburgo per ricevere la
Filocalia con il prossimo corriere.
L'indomani dunque ci mettemmo in cammino, dopo aver
molto ringraziato quei buoni signori per la loro carità e la loro dolcezza; ci
accompagnarono tutti e due per una versta e infine ci salutammo per sempre.
Andavamo pian piano con il cieco, percorrendo in media da dieci a quindici
verste al giorno, e tutto il resto del tempo ce ne stavamo seduti nei luoghi
appartati e leggevamo la Filocalia. Lessi tutto quello che riguardava la
preghiera del cuore, seguendo l’ordine indicato dal mio starets, ossia
cominciando dai libri di Niceforo il Monaco, di Gregorio il Sinaita, e via di
seguito. Quale attenzione e quale ardore metteva nell’ascoltare quelle cose!
Cominciò poi a pormi delle domande tali sulla preghiera che la mia mente non
bastava per rispondergli. Dopo aver ascoltato la mia lettura, il cieco mi
chiese di insegnargli un mezzo pratico di trovare il suo cuore con la mente, di
introdurvi il nome divino di Gesù Cristo e di pregare così interiormente con il
cuore. Gli dissi: – Tu certamente non vedi, ma con l’intelligenza ti puoi
rappresentare quel che hai veduto un tempo, un uomo, un oggetto o le tue
membra, il braccio o la gamba: puoi immaginarlo nitidamente come se tu lo
vedessi e puoi, benché cieco, dirigere il tuo sguardo verso di esso? – Lo posso
sì – rispose il cieco. – Fa’ così, allora. Immagina il tuo cuore, volgi gli occhi
come se tu lo vedessi attraverso il petto, e ascolta con l’orecchio teso come
esso batte un colpo dopo l’altro. Quando ti sarai abituato, cerca di adattare a
ogni battito del cuore, senza perderlo di vista, le parole della preghiera.
Ossia, con il primo battito dirai o penserai: Signore; con il secondo: Gesù;
con il terzo: Cristo; con il quarto: abbi pietà; con il quinto: di me; e ripeti
spesso l’esercizio. Ti riuscirà facile perché sei già abituato alla preghiera
del cuore. Poi, quando ti sarai abituato a questa attività, comincia a
introdurre nel tuo cuore la preghiera di Gesù e a farla uscire insieme con il
ritmo del respiro. Ossia inspirando l’aria, di’ o pensa: Signore Gesù Cristo;
ed ispirando: abbi pietà di me! Se tu farai in questo modo abbastanza spesso e
per un certo tempo, proverai un lieve dolore al cuore, poi a poco a poco
sentirai sorgere un benefico calore. Con l’aiuto di Dio, giungerai così
all’azione costante della preghiera all’interno del cuore. Ma guardati
specialmente da ogni rappresentazione, da ogni immagine che nasca nel tuo
spirito mentre preghi. Respingi ogni fantasia, perché i Padri ci raccomandano,
per non cadere nell’illusione, di serbare vuoto lo spirito da ogni immagine
durante la preghiera. Il cieco, che mi aveva ascoltato attentamente, si applicò
con zelo a fare quanto gli avevo suggerito, e la notte, nelle soste, vi
trascorreva lunghi tratti di tempo. Dopo cinque giorni, sentì nel cuore un
calore intenso e una indicibile felicità; per di più aveva un desiderio
vivissimo di dedicarsi senza posa alla preghiera, che gli rivelava l’amore che
egli portava a Gesù Cristo. A volte vedeva una luce, ma non gli appariva
davanti oggetto alcuno; quando entrava nel suo cuore, gli sembrava di vedere
sfavillare la fiamma luminosa di un gran cero che sfuggendo all’esterno, lo
illuminava interamente; e questa fiamma gli permetteva anche di vedere oggetti
lontani, come capitò una volta.
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