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UN RACCONTO PER L'ESTATE |
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 38)

Mi recai in cucina. Non c’era altri che una vecchia
cuoca seduta in un angolo, tutta curva, che tossiva. Mi sedetti sotto una
lucerna, presi dal sacco la Filocalia e mi misi a leggere per me, a bassa voce;
dopo un certo tempo mi resi conto che la vecchia seduta nell'angolo recitava
senza posa la preghiera di Gesù. Fui felice di sentire invocare in tal modo il
nome santo del Signore e le dissi: – È proprio bello, madre mia, recitare così
la preghiera! È l’opera migliore e più cristiana! – Sì, piccolo padre – rispose
lei – al tramonto della mia vita questa è la mia gioia, che il Signore mi
perdoni! – Da molto tempo preghi così? – Dalla mia giovinezza, piccolo padre;
senza questo, io non potrei vivere, perché la preghiera di Gesù mi ha salvata
dalla sventura e dalla morte. – Come? Ti prego, raccontamelo per la gloria di
Dio e in onore della potente preghiera di Gesù. Rimisi la Filocalia nel suo
sacco, mi sedetti accanto a lei ed essa cominciò il suo racconto: – Ero una
bella ragazza; i miei genitori mi fidanzarono; alla vigilia del matrimonio il
fidanzato stava per entrare in casa nostra quando all’improvviso (e gli
mancavano pochi passi) vacillò, e lo vedemmo cadere come colpito dal fulmine!
La cosa mi lasciò un’impressione così forte che decisi di rimanere vergine e di
andare a visitare i santi luoghi pregando Dio. Avevo però paura di andarmene da
sola in un viaggio tanto lungo, perché, attirati dalla mia giovinezza, i
malintenzionati avrebbero potuto darmi noia. Una vecchia signora, che da tempo
conduceva una vita errante, mi insegnò che si doveva recitare senza posa la
preghiera di Gesù e mi garantì che la preghiera mi avrebbe preservata da –ogni
pericolo lungo la strada. Credetti alle sue parole, e infatti non mi è mai
successo niente, anche nelle regioni più lontane; i miei genitori mi
provvedevano il denaro per poter viaggiare. Invecchiando, sono diventata
inferma, e per fortuna il prete di qua mi fornisce il cibo e mi aiuta per
bontà. Ascoltai con gioia il suo racconto e non sapevo come ringraziare Dio per
questa giornata che mi aveva rivelato esempi così edificanti. Un po’ più tardi
chiesi a quel buon prete di benedirmi e ripresi la mia strada, pieno di
gioia. Sulla via di Kazan Sentite: non
molto tempo fa, quando attraversai il governatorato di Kazan per venire fin
qui, potei un’altra volta conoscere gli effetti della preghiera di Gesù; anche
per coloro che la praticano inconsciamente, essa è veramente il mezzo più
sicuro e più rapido per ottenere i beni spirituali. Una sera mi dovetti fermare
in un villaggio tartaro. Addentrandomi nella via principale, scorsi davanti a
una casa una carrozza e un cocchiere russo; i cavalli erano staccati e
pascolavano lì presso. Tutto lieto, decisi di chiedere un letto in quella casa
dove avrei trovato per lo meno dei cristiani. Mi avvicinai e chiesi al
cocchiere che era la persona che egli conduceva in carrozza. Rispose che il suo
padrone andava da Kazan in Crimea. Mentre noi due parlavamo insieme, il padrone
scostò la tenda di cuoio della portiera, mi gettò un’occhiata e disse: – Vorrei
passare la notte qui, ma non entro nella casa dei Tartari perché sono molto
sporchi, e così dormirò nella carrozza. Dopo qualche tempo, il signore uscì per
fare quattro passi. Era una bella serata, e ci mettemmo a parlare. Ci
rivolgemmo reciprocamente parecchie domande; infine egli mi raccontò questa
storia: – Fino a sessantacinque anni ho prestato servizio nella flotta come
capitano di marina. Invecchiando mi son preso la gotta e così mi sono ritirato
in Crimea nella proprietà di mia moglie; ero quasi sempre malato. Mia moglie
era lieta di poter dare ricevimenti e le piaceva molto giocare a carte. Finì
per non poterne più di quella vita con un malato e se ne andò a Kazan dalla
nostra figliola che ha sposato un funzionario; portò con sé ogni cosa, anche i
domestici e mi lasciò come servo un ragazzetto di otto anni, mio figlioccio.
Così rimasi tutto solo per tre anni. Il mio ragazzetto era svelto, riassettava
la stanza, accendeva il fuoco, cuoceva la mia zuppa di semolino e mi preparava
il tè. Ma era anche un vero discolo, correva, gridava, giocava, urtava dappertutto
e mi disturbava parecchio; sia perché ero malato, sia perché mi annoiavo,
leggevo molto volentieri gli autori spirituali. Avevo un ottimo libro di
Gregorio Palamas sulla preghiera di Gesù. Leggevo quasi senza interruzione e
recitavo a tratti la preghiera. Il rumore del ragazzo mi riusciva sgradevole;
né i rimproveri, né i castighi servivano a trattenerlo dal far delle
sciocchezze. Finii per escogitare un mezzo: lo costrinsi a sedere nella mia
stanza su un panchettino e a ripetere senza posa la preghiera di Gesù.
All’inizio mi pareva poco persuaso, tanto che, per sottrarsi, stava zitto. Ma
per costringerlo a eseguire il mio ordine, presi le verghe e me le posi accanto.
Quando il ragazzo diceva la preghiera, io leggevo tranquillamente e stavo a
sentire quello che diceva lui; ma appena stava zitto, gli mostravo le verghe e
il ragazzo, intimorito, si rimetteva a pregare; il sistema stava producendo già
i suoi benefici: in una casa cominciava a regnare la calma.
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