giovedì 16 ottobre 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 38)



Mi recai in cucina. Non c’era altri che una vecchia cuoca seduta in un angolo, tutta curva, che tossiva. Mi sedetti sotto una lucerna, presi dal sacco la Filocalia e mi misi a leggere per me, a bassa voce; dopo un certo tempo mi resi conto che la vecchia seduta nell'angolo recitava senza posa la preghiera di Gesù. Fui felice di sentire invocare in tal modo il nome santo del Signore e le dissi: – È proprio bello, madre mia, recitare così la preghiera! È l’opera migliore e più cristiana! – Sì, piccolo padre – rispose lei – al tramonto della mia vita questa è la mia gioia, che il Signore mi perdoni! – Da molto tempo preghi così? – Dalla mia giovinezza, piccolo padre; senza questo, io non potrei vivere, perché la preghiera di Gesù mi ha salvata dalla sventura e dalla morte. – Come? Ti prego, raccontamelo per la gloria di Dio e in onore della potente preghiera di Gesù. Rimisi la Filocalia nel suo sacco, mi sedetti accanto a lei ed essa cominciò il suo racconto: – Ero una bella ragazza; i miei genitori mi fidanzarono; alla vigilia del matrimonio il fidanzato stava per entrare in casa nostra quando all’improvviso (e gli mancavano pochi passi) vacillò, e lo vedemmo cadere come colpito dal fulmine! La cosa mi lasciò un’impressione così forte che decisi di rimanere vergine e di andare a visitare i santi luoghi pregando Dio. Avevo però paura di andarmene da sola in un viaggio tanto lungo, perché, attirati dalla mia giovinezza, i malintenzionati avrebbero potuto darmi noia. Una vecchia signora, che da tempo conduceva una vita errante, mi insegnò che si doveva recitare senza posa la preghiera di Gesù e mi garantì che la preghiera mi avrebbe preservata da –ogni pericolo lungo la strada. Credetti alle sue parole, e infatti non mi è mai successo niente, anche nelle regioni più lontane; i miei genitori mi provvedevano il denaro per poter viaggiare. Invecchiando, sono diventata inferma, e per fortuna il prete di qua mi fornisce il cibo e mi aiuta per bontà. Ascoltai con gioia il suo racconto e non sapevo come ringraziare Dio per questa giornata che mi aveva rivelato esempi così edificanti. Un po’ più tardi chiesi a quel buon prete di benedirmi e ripresi la mia strada, pieno di gioia.   Sulla via di Kazan Sentite: non molto tempo fa, quando attraversai il governatorato di Kazan per venire fin qui, potei un’altra volta conoscere gli effetti della preghiera di Gesù; anche per coloro che la praticano inconsciamente, essa è veramente il mezzo più sicuro e più rapido per ottenere i beni spirituali. Una sera mi dovetti fermare in un villaggio tartaro. Addentrandomi nella via principale, scorsi davanti a una casa una carrozza e un cocchiere russo; i cavalli erano staccati e pascolavano lì presso. Tutto lieto, decisi di chiedere un letto in quella casa dove avrei trovato per lo meno dei cristiani. Mi avvicinai e chiesi al cocchiere che era la persona che egli conduceva in carrozza. Rispose che il suo padrone andava da Kazan in Crimea. Mentre noi due parlavamo insieme, il padrone scostò la tenda di cuoio della portiera, mi gettò un’occhiata e disse: – Vorrei passare la notte qui, ma non entro nella casa dei Tartari perché sono molto sporchi, e così dormirò nella carrozza. Dopo qualche tempo, il signore uscì per fare quattro passi. Era una bella serata, e ci mettemmo a parlare. Ci rivolgemmo reciprocamente parecchie domande; infine egli mi raccontò questa storia: – Fino a sessantacinque anni ho prestato servizio nella flotta come capitano di marina. Invecchiando mi son preso la gotta e così mi sono ritirato in Crimea nella proprietà di mia moglie; ero quasi sempre malato. Mia moglie era lieta di poter dare ricevimenti e le piaceva molto giocare a carte. Finì per non poterne più di quella vita con un malato e se ne andò a Kazan dalla nostra figliola che ha sposato un funzionario; portò con sé ogni cosa, anche i domestici e mi lasciò come servo un ragazzetto di otto anni, mio figlioccio. Così rimasi tutto solo per tre anni. Il mio ragazzetto era svelto, riassettava la stanza, accendeva il fuoco, cuoceva la mia zuppa di semolino e mi preparava il tè. Ma era anche un vero discolo, correva, gridava, giocava, urtava dappertutto e mi disturbava parecchio; sia perché ero malato, sia perché mi annoiavo, leggevo molto volentieri gli autori spirituali. Avevo un ottimo libro di Gregorio Palamas sulla preghiera di Gesù. Leggevo quasi senza interruzione e recitavo a tratti la preghiera. Il rumore del ragazzo mi riusciva sgradevole; né i rimproveri, né i castighi servivano a trattenerlo dal far delle sciocchezze. Finii per escogitare un mezzo: lo costrinsi a sedere nella mia stanza su un panchettino e a ripetere senza posa la preghiera di Gesù. All’inizio mi pareva poco persuaso, tanto che, per sottrarsi, stava zitto. Ma per costringerlo a eseguire il mio ordine, presi le verghe e me le posi accanto. Quando il ragazzo diceva la preghiera, io leggevo tranquillamente e stavo a sentire quello che diceva lui; ma appena stava zitto, gli mostravo le verghe e il ragazzo, intimorito, si rimetteva a pregare; il sistema stava producendo già i suoi benefici: in una casa cominciava a regnare la calma.

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