venerdì 10 ottobre 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 35)



Stavamo attraversando un bosco ed egli era immerso nella preghiera, quando a un tratto mi disse: – Che disastro! La chiesa brucia e il campanile è caduto. – Non evocare queste immagini vuote – gli dissi – è una tentazione questa. Devi respingere ogni fantasticheria. Come puoi vedere quello che avviene in città? Siamo ancora lontani dodici verste. Egli mi obbedì e si rimise a pregare in silenzio. Verso sera arrivammo in quella città e vidi infatti, parecchie case incendiate e un campanile crollato (era costruito su travi di legno), e tutt’intorno la gente discuteva, meravigliandosi che il campanile nel crollo non avesse schiacciato qualcuno. A quanto potei capire, la sciagura era avvenuta proprio nel momento in cui il cieco aveva parlato nel bosco. In quell’istante lo sentii dire: – Secondo te, la mia visione era vana, e pure è andata così. Come non ringraziare il Signore Gesù Cristo che rivela la sua grazia ai peccatori, ai ciechi e agli sciocchi? Grazie a te, anche, che mi hai insegnato l’attività del cuore! – Se vuoi amare Gesù Cristo, amalo pure, e se lo vuoi ringraziare, ringrazialo; ma prendere visioni qualsiasi per rivelazioni dirette della grazia, questo no, perché è una cosa che avviene spesso naturalmente, secondo l’ordine delle cose. L’anima umana non è completamente legata alla materia. Può vedere nell’oscurità, e gli oggetti lontani quanto quelli vicini. Ma noi non coltiviamo questa facoltà dell’anima, anzi la soffochiamo con il peso del nostro corpo opaco e con la confusione dei nostri pensieri distratti e leggeri. Quando ci concentriamo in noi stessi e astraiamo da tutto quel che ci circonda e aguzziamo l’ingegno, allora l’anima ritorna completamente a se stessa, agisce con tutta la sua potenza, ed è questa un’azione naturale. Il mio starets defunto m’ha detto che non solo gli uomini di preghiera, ma anche persone malate o particolarmente dotate, quando si trovano in una stanza buia, vedono la luce che emana da ogni oggetto e penetrano gli altrui pensieri. Ma gli effetti diretti della grazia di Dio, durante la preghiera del cuore, sono così alti che non c'è lingua capace di descriverli; è impossibile paragonarli ad alcunché di materiale; il mondo sensibile è basso in paragone alle sensazioni che la grazia ridesta nel cuore. Il mio amico ascoltò queste parole con estrema attenzione e divenne anche più umile; la preghiera si sviluppava senza posa nel cuore e lo confortava in modo indicibile. La mia anima era felice e io ringraziavo il Signore che mi aveva fatto conoscere tanta pietà in uno dei suoi servi. Infine Giungemmo a Tobolsk; lo condussi all’ospizio e, dopo avergli detto affettuosamente addio, ripresi la mia strada solitaria. Per un mese me ne andai tranquillo e lieto, sentendo quanto siano utili ed efficaci gli esempi vivi. Leggevo spesso la Filocalia e vi verificavo tutto quello che avevo detto al cieco. Il suo esempio infiammava di zelo, la mia dedizione e l’amore per il Signore. La preghiera del cuore mi rendeva così felice quanto non avrei creduto lo si potesse essere sulla terra, e mi chiedevo come le delizie del regno dei cieli avrebbero potuto essere più grandi di queste. La felicità non soltanto illuminava l’intimo dell’anima mia: anche il mondo esterno mi appariva sotto un aspetto stupendo, tutto mi chiamava ad amare e a lodare Dio; gli uomini, gli alberi, le piante, le bestie, ogni cosa mi era familiare, e dovunque io trovavo l’immagine del nome di Gesù Cristo. A volte mi sentivo così leggero che credevo di non avere più un corpo e di fluttuare dolcemente nell’aria; a volte rientravo completamente in me stesso. Vedevo in modo chiaro il mio intimo e ammiravo il magnifico edificio del corpo umano; a volte sentivo una gioia grande come se fossi diventato re, e in mezzo a tutte queste consolazioni mi auguravo che Dio mi concedesse di morire al più presto e di far traboccare la mia riconoscenza ai suoi piedi nel mondo degli spiriti. Certo io presi troppo piacere in queste sensazioni, oppure forse Dio decise così, ma dopo un po’ di tempo sentii nel mio cuore una specie di timore e un tremito continuo. – Non sarà mica una nuova disgrazia – mi dissi – o una tribolazione come quella che ho dovuto affrontare per quella ragazza alla quale avevo insegnato la preghiera di Gesù nella cappella? –. I pensieri mi opprimevano come le nuvole, e io ricordavo le parole del beato Giovanni di Karpathos, il quale disse che il maestro è spesso lasciato al disonore e sopporta tentazioni e tribolazioni per coloro che ha spiritualmente aiutati. Dopo aver lottato contro tali pensieri, mi immersi nella preghiera che li dissipò completamente. Mi sentii più forte e dissi: – Sia fatta la volontà di Dio! Sono pronto a sopportare tutto quello che Gesù Cristo mi manderà per espiare il mio indurimento e il mio orgoglio. D’altro canto, coloro a cui ho rivelato in questi tempi il mistero della preghiera interiore vi erano stati preparati dall’azione misteriosa di Dio prima di incontrarmi –. Questo pensiero mi calmò del tutto e camminai nella preghiera e nella gioia, più felice di prima. 

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