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UN RACCONTO PER L'ESTATE |
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 35)

Stavamo attraversando un bosco ed egli era immerso
nella preghiera, quando a un tratto mi disse: – Che disastro! La chiesa brucia
e il campanile è caduto. – Non evocare queste immagini vuote – gli dissi – è
una tentazione questa. Devi respingere ogni fantasticheria. Come puoi vedere
quello che avviene in città? Siamo ancora lontani dodici verste. Egli mi obbedì
e si rimise a pregare in silenzio. Verso sera arrivammo in quella città e vidi
infatti, parecchie case incendiate e un campanile crollato (era costruito su
travi di legno), e tutt’intorno la gente discuteva, meravigliandosi che il
campanile nel crollo non avesse schiacciato qualcuno. A quanto potei capire, la
sciagura era avvenuta proprio nel momento in cui il cieco aveva parlato nel
bosco. In quell’istante lo sentii dire: – Secondo te, la mia visione era vana,
e pure è andata così. Come non ringraziare il Signore Gesù Cristo che rivela la
sua grazia ai peccatori, ai ciechi e agli sciocchi? Grazie a te, anche, che mi
hai insegnato l’attività del cuore! – Se vuoi amare Gesù Cristo, amalo pure, e
se lo vuoi ringraziare, ringrazialo; ma prendere visioni qualsiasi per
rivelazioni dirette della grazia, questo no, perché è una cosa che avviene
spesso naturalmente, secondo l’ordine delle cose. L’anima umana non è
completamente legata alla materia. Può vedere nell’oscurità, e gli oggetti
lontani quanto quelli vicini. Ma noi non coltiviamo questa facoltà dell’anima,
anzi la soffochiamo con il peso del nostro corpo opaco e con la confusione dei
nostri pensieri distratti e leggeri. Quando ci concentriamo in noi stessi e
astraiamo da tutto quel che ci circonda e aguzziamo l’ingegno, allora l’anima
ritorna completamente a se stessa, agisce con tutta la sua potenza, ed è questa
un’azione naturale. Il mio starets defunto m’ha detto che non solo gli uomini
di preghiera, ma anche persone malate o particolarmente dotate, quando si
trovano in una stanza buia, vedono la luce che emana da ogni oggetto e
penetrano gli altrui pensieri. Ma gli effetti diretti della grazia di Dio,
durante la preghiera del cuore, sono così alti che non c'è lingua capace di
descriverli; è impossibile paragonarli ad alcunché di materiale; il mondo
sensibile è basso in paragone alle sensazioni che la grazia ridesta nel cuore.
Il mio amico ascoltò queste parole con estrema attenzione e divenne anche più
umile; la preghiera si sviluppava senza posa nel cuore e lo confortava in modo
indicibile. La mia anima era felice e io ringraziavo il Signore che mi aveva
fatto conoscere tanta pietà in uno dei suoi servi. Infine Giungemmo a Tobolsk;
lo condussi all’ospizio e, dopo avergli detto affettuosamente addio, ripresi la
mia strada solitaria. Per un mese me ne andai tranquillo e lieto, sentendo
quanto siano utili ed efficaci gli esempi vivi. Leggevo spesso la Filocalia e
vi verificavo tutto quello che avevo detto al cieco. Il suo esempio infiammava
di zelo, la mia dedizione e l’amore per il Signore. La preghiera del cuore mi
rendeva così felice quanto non avrei creduto lo si potesse essere sulla terra,
e mi chiedevo come le delizie del regno dei cieli avrebbero potuto essere più
grandi di queste. La felicità non soltanto illuminava l’intimo dell’anima mia:
anche il mondo esterno mi appariva sotto un aspetto stupendo, tutto mi chiamava
ad amare e a lodare Dio; gli uomini, gli alberi, le piante, le bestie, ogni
cosa mi era familiare, e dovunque io trovavo l’immagine del nome di Gesù
Cristo. A volte mi sentivo così leggero che credevo di non avere più un corpo e
di fluttuare dolcemente nell’aria; a volte rientravo completamente in me
stesso. Vedevo in modo chiaro il mio intimo e ammiravo il magnifico edificio
del corpo umano; a volte sentivo una gioia grande come se fossi diventato re, e
in mezzo a tutte queste consolazioni mi auguravo che Dio mi concedesse di
morire al più presto e di far traboccare la mia riconoscenza ai suoi piedi nel
mondo degli spiriti. Certo io presi troppo piacere in queste sensazioni, oppure
forse Dio decise così, ma dopo un po’ di tempo sentii nel mio cuore una specie
di timore e un tremito continuo. – Non sarà mica una nuova disgrazia – mi dissi
– o una tribolazione come quella che ho dovuto affrontare per quella ragazza
alla quale avevo insegnato la preghiera di Gesù nella cappella? –. I pensieri
mi opprimevano come le nuvole, e io ricordavo le parole del beato Giovanni di
Karpathos, il quale disse che il maestro è spesso lasciato al disonore e sopporta
tentazioni e tribolazioni per coloro che ha spiritualmente aiutati. Dopo aver
lottato contro tali pensieri, mi immersi nella preghiera che li dissipò
completamente. Mi sentii più forte e dissi: – Sia fatta la volontà di Dio! Sono
pronto a sopportare tutto quello che Gesù Cristo mi manderà per espiare il mio
indurimento e il mio orgoglio. D’altro canto, coloro a cui ho rivelato in
questi tempi il mistero della preghiera interiore vi erano stati preparati
dall’azione misteriosa di Dio prima di incontrarmi –. Questo pensiero mi calmò
del tutto e camminai nella preghiera e nella gioia, più felice di prima.
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