domenica 12 ottobre 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 37)



Sei anni dopo questo fatto, passando davanti a un convento di monache, entrai in chiesa per pregare. La priora mi accolse affabilmente in parlatorio dopo l’ufficio e mi fece portare del tè. A un tratto furono annunciati ospiti di passaggio; essa andò loro incontro a mi lasciò con le monachine che la servivano. Vedendo una di loro versare timidamente il tè, mi venne la curiosità di chiederle: – Siete qui da molto tempo, sorella? – Cinque anni – rispose –; quando mi hanno portato qui non avevo più la testa a posto, ma Dio ha avuto pietà di me. La madre superiora mi ha presa con sé nella sua cella e mi ha fatto pronunciare i voti. – E come avete perso la ragione? – chiesi ancora. – Per lo spavento. Lavoravo in una stazione di posta. Una notte, mentre dormivo, un tiro di cavalli irruppe dalla finestra demolendo tutto, e io per lo spavento diventai pazza. Per un anno intero i miei genitori mi hanno condotta in pellegrinaggio nei luoghi santi. Bene, solo qui ho potuto guarire. A queste parole mi rallegrai in cuor mio e glorificai Dio, la cui sapienza fa rivolgere a nostro bene tutte le cose.  – Ho avuto molte altre avventure – dissi rivolgendomi al mio padre spirituale –. Se volessi raccontarle tutte, non basterebbero tre giorni. Se volete, vene racconterò ancora una. In una limpida giornata d’estate vidi a qualche distanza dal sentiero un cimitero, o meglio doveva trattarsi di una comunità parrocchiale con la chiesa, le case dei servi del culto e il cimitero. Le campane suonavano per l’ufficio; mi affrettai verso la chiesa. Anche le persone di là vi si stavano dirigendo; ma molti sedevano sull’erba prima di entrare in chiesa e, vedendo che io mi affrettavo, mi dicevano: – Cosa vuoi correre? Hai tempo, hai tempo; il servizio è lentissimo, il prete è malato e poi è un posapiano di quelli… In realtà la liturgia non si svolgeva molto in fretta; il prete, giovane ma pallido e secco, celebrava lentamente, con pietà e sentimento; alla fine della Messa pronunciò un’ottima predica sui mezzi per acquistare l’amore di Dio. Il prete mi invitò a mangiare con lui. Durante il pasto gli dissi: – Voi dite l’ufficio con grande pietà, padre mio, ma anche tanto adagio! – Sì – rispose lui – questo non va troppo a genio ai miei parrocchiani, e quelli brontolano, ma non c’è niente da fare; perché a me piace meditare e pesare ogni parola prima di cantarla; le parole, se manca questo sentimento interiore, non hanno più valore né per me, né per gli altri. Tutto consiste nella vita interiore e nella preghiera attenta! Ah – aggiunse – quanto poco ci si occupa dell’attività interiore! Non la si vuole, e allora non si ha cura dell’illuminazione spirituale interiore. Gli chiesi ancora: – Ma come si può fare per arrivarci? È una cosa molto difficile! – Affatto; per ricevere l’illuminazione spirituale e diventare un uomo interiore, si deve prendere un testo qualsiasi della Sacra Scrittura e concentrarvi il più a lungo possibile tutta l’attenzione. Con questo sistema si scopre la luce dell’intelligenza. Per pregare bisogna agire nello stesso modo; se vuoi che la tua preghiera sia dritta, pura ed efficace, devi scegliere una preghiera breve, e ripeterla a lungo e spesso: si prende gusto alla preghiera. L’insegnamento del prete mi piacque, perché era pratico e semplice e insieme profondo e saggio. Ringraziai Dio in spirito per avermi fatto conoscere un vero pastore della sua Chiesa. Alla fine del pasto il prete mi disse: – Va’ a riposarti un poco, devo leggere la parola di Dio e preparare la mia predica per domani. 

Nessun commento:

Posta un commento