mercoledì 3 settembre 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 23)


Così guarito, cominciai a occuparmi del ragazzo. Scrissi come modello la preghiera di Gesù e gliela feci ricopiare, mostrandogli come vergare le lettere in modo ordinato. Era molto riposante per me, perché il ragazzo prestava servizio tutta la giornata presso il castaldo e veniva da me solo quando il castaldo dormiva, ossia il mattino per tempo. Il fanciullo era sveglio e in poco tempo imparò a scrivere quasi correttamente. Il castaldo, che lo vide scrivere, gli chiese: – Chi ti istruisce? – Il ragazzo rispose che era il pellegrino monco, che viveva da loro nel vecchio bagno. Il castaldo curioso, era un polacco, venne a trovarmi e mi trovò intento a leggere la Filocalia. Parlò un poco con me e mi chiese: – Cosa leggi di bello? Gli mostrai il libro. – Ah, è la Filocalia – disse. Ho veduto questo libro dal curato, quando abitavo a Vilna. Ma ho sentito dire che contiene strane formule e modi per pregare, inventati da certi monaci greci sullo stampo dei santoni indiani e di Buchara, che gonfiano i loro polmoni e credono ciecamente, quando riescono a sentire un pizzicorino nel cuore, che questa sensazione naturale sia una preghiera data da Dio. Bisogna pregare semplicemente, per compiere il nostro dovere verso Dio; quando ci si alza il mattino, si recita il Pater come ha insegnato Gesù Cristo; e questo basta per tutta la giornata. Ma a forza di ripetere sempre la stessa preghiera, si corre il rischio di diventare matti e di guastarsi il cuore. – Non parlate in tal modo di questo santo libro, piccolo padre. Non sono dei semplici monaci che l’hanno scritto, ma antichi e santi personaggi che la vostra Chiesa venera, come Antonio il Grande, Macario il Grande, Marco l’Asceta, Giovanni Crisostomo e altri. I monaci dell’India e di Buchara hanno preso la loro tecnica dalla preghiera del cuore, ma l’hanno deformata e guastata, come mi ha spiegato il mio starets. Nella Filocalia tutti gli insegnamenti sulla preghiera interiore sono tratti dalla Parola divina, dalla santa Bibbia, nella quale Gesù Cristo, pur dicendo di dire il Padrenostro, ha affermato anche che bisognava pregare senza posa, dicendo: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima (Mt 22,37); osservate, vegliate e pregate (Mc 13,33); voi sarete in me e io in voi (Gv 15,4). E i santi Padri, citando la testimonianza di Davide nei salmi: Gustate e vedete quanto è buono il Signore (Sal 34,9), lo interpretano dicendo che il cristiano deve fare di tutto per conoscere la dolcezza della preghiera, deve senza tregua cercarvi consolazione e non accontentarsi di recitare una volta il Padrenostro. Sentite. Vi leggo quello che i Padri dicono di coloro che non cercano di studiare la benefica preghiera del cuore. Dichiarano che essi commettono un triplice peccato perché, per prima cosa, si mettono in contraddizione con la santa Scrittura; in secondo luogo, non ammettono che vi sia per l’anima uno stato superiore e perfetto: accontentandosi delle virtù esteriori, ignorano la fame e la sete della giustizia e si privano della beatitudine in Dio; in terzo luogo poi, considerando le loro virtù esteriori, cadono spesso nella soddisfazione di sé e nella vanità. – Tu leggi certo cose molto elevate – disse il castaldo – ma come possiamo, noi laici, seguire simile via? – Ecco, ora vi leggo come degli uomini dabbene hanno potuto, anche se laici, imparare la preghiera perpetua. Presi nella Filocalia il trattato di Simeone il Nuovo Teologo sul giovane Giorgio e mi misi a leggere. Il brano piacque al castaldo che mi disse: – Dammi quel libro e lo leggerò nei miei momenti liberi. – Se volete, ve lo posso lasciare per un giorno, ma non di più, perché io lo leggo di continuo e non posso farne a meno. – Ma tu potresti almeno copiarmi quel passo; ti darò del denaro. – Non ho bisogno di denaro, ma lo copierò volentieri, sperando che Dio vi dia l’ardore per la preghiera. Copiai immediatamente il passo che avevo letto. Egli lo lesse a sua moglie e tutti e due lo trovarono molto bello. Da quel giorno essi mi mandarono ogni tanto a chiamare. Io leggevo ed essi stavano a sentire, mentre bevevano il tè. 

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