martedì 9 settembre 2014


UN RACCONTO PER L'ESTATE
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO
(pag. 25)
TERZO RACCONTO


Prima di partire da Irkutsk, tornai dal padre spirituale con il quale avevo avuto qualche colloquio e gli dissi: – Sono in partenza per Gerusalemme; perciò sono venuto a dirvi addio e a ringraziarvi per la vostra cristiana carità verso di me, misero pellegrino.Egli mi disse: – Che Dio benedica la tua via. Ma non mi hai raccontato nulla di te, che sei e da dove vieni. Ho sentito molte cose sui tuoi viaggi; mi piacerebbe sapere la tua origine e la vita che hai fatto fino al momento in cui hai cominciato la tua vita errante. – Ve la racconterò volentieri – gli dissi –. Non è una storia molto lunga.   La vita del pellegrino  Sono nato in un villaggio della provincia di Orel. Dopo la morte dei nostri genitori, rimanemmo al mondo mio fratello, che era maggiore di me, ed io. Egli aveva dieci anni. Io tre. Il nonno ci prese a casa sua per farci crescere; era un vecchio stimato e benestante, che aveva una locanda sulla via maestra e, dal momento che era un galantuomo, molti viaggiatori si fermavano da lui. Andammo così a vivere con lui; mio fratello era molto vivace, scorazzava tutto il giorno per il villaggio, mentre io preferivo rimanere piuttosto con il nonno. Nei giorni di festa egli ci portava in chiesa, e a casa leggeva spesso la Bibbia, ecco, proprio questa qui che porto sempre con me. Mio fratello divenne grande e cominciò a bere. Avevo sette anni; un giorno, ero con lui coricato sulla stufa, quando egli mi diede uno spintone e mi fece cadere. Mi ferii il braccio sinistro e da quella volta non posso più servirmene. È tutto ustionato. Il nonno, visto che non avrei potuto dedicarmi ai lavori dei campi, decise di farmi imparare a leggere; non aveva un sillabario, così si serviva della Bibbia in questo modo: mi mostrava le lettere e mi obbligava a compitare le parole e poi a distinguere le lettere. Così, non so troppo bene nemmeno io come abbia fatto, a forza di ripetere con lui, finii per saper leggere. Più tardi, quando no riusciva più a vederci chiaramente, mi faceva leggere la Bibbia ad alta voce e mi correggeva. Il cancelliere veniva speso da noi. Egli aveva un scrittura chiara e a me piaceva molto vederlo scrivere. Da solo cominciai dunque a formare le parole, seguendo il suo esempio. Egli allora mi insegnò come fare, mi diede un foglio, l’inchiostro e mi affilò una penna. Così ho imparato a scrivere. Il nonno era contentissimo e mi diceva: – Così Dio ti ha dato di saper leggere e scrivere; tu sarai un uomo. Ringrazia il Signore e pregalo più spesso. Andavamo in Chiesa per tutte le funzioni, e anche a casa pregavamo spesso. Mi facevano recitare: Signore, abbi pietà di me, e il nonno e la nonna facevano genuflessioni e inchini fino a terra, oppure restavano in ginocchio. Quando compii i diciassette anni, morì la nonna. Il nonno mi disse: – Eccoci qui in casa senza una donna, e come possiamo fare noi, uomini soli? Tuo fratello è un buono a nulla. Voglio trovarti una moglie. Io cercai di spiegargli che con la mia infermità non mi sentivo portato verso quella via, ma il nonno insistette e mi diede in moglie una brava ragazza. Aveva vent’anni. Passò un anno e il nonno si ammalò seriamente. Mi chiamò, mi disse le sue ultime parole di saluto e aggiunse: – Ti lascio la casa e tutto quello che ho; vivi facendo il tuo dovere, non ingannare mai alcuno, e prega Dio più di tutto; è da lui che ci viene ogni cosa. Non riporre la tua speranza che in lui, va’ in chiesa, leggi la Bibbia e ricordati di noi nelle tue preghiere. Tieni mille rubli d’argento, serbali, non spenderli per sciocchezze, ma non essere varo, sii largo con i poveri e con le chiese di Dio.Morì e lo sotterrai. Mio fratello era geloso della mia eredità, perché, ora la locanda era mia; cercò di molestarmi in tutti i modi e il diavolo lo spinse fino al punto da decidere di farmi fuori. Una notte, infatti, mentre dormivamo e non c’erano viaggiatori di passaggio, egli entrò nella dispensa e vi appiccò il fuoco, dopo aver preso tutto il denaro che era conservato in cassapanca. Ci svegliammo quando ormai la casa era in fiamme e avemmo appena il tempo di saltare dalla finestra così come stavamo. Tenevamo la Bibbia sotto il guanciale e la portammo con noi. Guardavamo la nostra casa bruciare e si dicevamo: – Sia ringraziato Dio! Abbiamo salvato la Bibbia, potremo almeno consolarci nella sventura. Così tutto il nostro patrimonio fu bruciato e mio fratello sparì dal paese. 

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