sabato 1 febbraio 2014


CAMMINIAMO SULLA STRADA
CHE HAN PERCORSO I SANTI TUOI...

SAN GIOVANNI BOSCO

Restiamo ancora per qualche giorno in compagnia di san Giovanni Bosco, conosciuto da tutti come ‘’il santo dei giovani’’.

I giovani di cui lui si occupava erano molto particolari, non appartenevano certo all’alta borghesia, ma erano ragazzi di strada, galeotti, orfani o figli di ladri e delinquenti, ragazzi violenti, analfabeti, che conoscevano la legge della strada, ma non quella di Dio.

Don Bosco non vedeva in loro la violenza, l’analfabetismo, l’irruenza… egli vedeva dei giovani bisognosi di una guida, di un padre, di un amico, di un fratello e lui si è fatto questo per loro, li ha presi sotto la sua protezione, li ha protetti dal mondo e da se stessi, ha parlato loro chiaramente e li ha introdotti all’amore di quel Padre che loro non conoscevano, ha fatto di loro ‘’un gregge per i pascoli di Dio’’.

Ma di cosa parlava loro?

Parlava di quelle che erano le conseguenze dei loro comportamenti, non nascondeva loro la verità sul loro destino eterno, li metteva davanti alle responsabilità nei confronti di sè stessi, diceva loro che ogni azione porta con sé una conseguenza: le conseguenze del peccato portano alla perdizione eterna, quelle delle buone azioni portano alla vita eterna in paradiso.

E loro capivano. E loro ascoltavano. E loro lo seguivano. E loro cambiavano vita.

Parlare oggi di questi argomenti sembra quasi impossibile, si viene immediatamente etichettati come ‘’retrogradi,  conservatori, creduloni, antiquati’’ quasi che la civiltà e il progresso abbiano il potere di cancellare il destino eterno dell’uomo, quasi che l’uomo con la sua scienza possa annullare anche l’eternità che si porta dentro, quello Spirito di Vita che gli è stato messo dentro prima ancora del suo ingresso in questo mondo.

L’uomo si illude che ignorando l’argomento, risolva il suo problema, che non debba più fare i conti con la Giustizia Divina. Certo, può esserne convinto come e quanto vuole… ma le sue convinzioni non cambiano la realtà, che resta quella che è.

La Realtà Eterna non appartiene a nessun tempo, non è un argomento di questo  o di quel secolo, perchè è un argomento relativo alla natura umana, per l’uomo di tutti i tempi, per cui è un argomento senza tempo, perché senza tempo è il cammino umano, che lo vede sulla scena del mondo solo per un breve tratto della sua esistenza; sicuramente sarà dalla qualità di questo suo breve cammino terreno che dipenderà la qualità della sua vita eterna.

Che l’uomo neghi la sua eternità, è una sua libertà, ma questo non vuol dire che l’eternità non ci sia più.

Don Bosco era molto chiaro in questo quando parlava ai suoi giovani.

Coloro che la pensano diversamente da don Bosco, possono decidere, al termine della lettura delle sue riflessioni previste per ogni giorno della settimana, se restare o meno nelle proprie convinzioni iniziali; coloro che, invece, volessero riservare in un angolino del loro cuore e della loro mente un dubbio sulle proprie iniziali convinzioni… mostrano sicuramente di avere maggior rispetto per se stessi, perché non si chiudono nelle convinzioni, ma hanno il coraggio di aprirsi a qualcosa di diverso, nel quale possono credere o non credere, ma decidono di darsi un’opportunità, una possibilità che prima non avevano messo in conto.

Vi riporto dunque, la prima delle sette meditazioni per ogni giorno della settimana, preparata da san Giovanni Bosco per i suoi ragazzi…  il mio augurio è che la forza delle sue parole possa ancora convertire il nostro cuore indurito e inaridito e renderlo terreno fertile sul quale poter seminare i semi dell’Eterna Parola!


S. Giovanni Bosco:
Sette considerazioni per i giorni della settimana

(Estratto da: "Il giovane provveduto")

Siccome desidero grandemente che ogni giorno facciate qualche poco di lettura spirituale, e penso che non tutti potete avere i libri a ciò convenienti, così vi presento qui sette brevi considerazioni, distribuite per ciascun giorno della settimana, perché servano a quelli di voi che non possono leggere altri libri di tal genere. Prima di cominciar la lettura, fate in ginocchio questa preghiera:

Mio Dio, mi pento con tutto il cuore d'avervi offeso; fatemi la grazia ch'io ben conosca le verità che sono per meditare, e mi accenda d'amore per voi. Vergine Maria, Madre di Gesù, Angelo mio Custode, Santi e Sante del Paradiso, pregate per me.


DOMENICA
Fine dell'uomo.

1. Considera, o figliuolo, che questo tuo corpo, quest'anima tua ti furono dati da Dio senza alcun tuo merito, col crearti Egli a sua immagine. Egli poi ti fece suo figlio col Santo Battesimo; ti amò e ti ama con tenerezza di padre, e t' ha creato per l'unico fine che tu lo ami e lo serva in questa vita, e possa così essere un giorno eternamente felice con Lui in Paradiso. Sicché non sei al mondo solamente per godere, né per farti ricco, né per mangiare, bere e dormire come le bestie; il tuo fine è di gran lunga più nobile e più sublime; il tuo fine è amare e servire il tuo Dio, e salvarti l'anima. Se farai questo, quante consolazioni proverai in punto di morte! Ma se non attendi a servire Iddio, quanti rimorsi proverai in fin di vita! Le ricchezze, i piaceri tanto da te ricercati, non serviranno più che ad amareggiarti il cuore, venendo tu allora a conoscere il danno che queste cose han cagionato all'anima tua.

Figliuol mio, guàrdati bene dall'essere di quei tali, che pensano solo a soddisfare il corpo con opere, discorsi e divertimenti cattivi: in quella ultim'ora costoro si troveranno in gran pericolo di andare eternamente perduti. Un segretario del Re d'Inghilterra moriva dicendo: «Povero me! ho consumato tanta carta a scriver lettere per il mio principe, e non ne ho mai usato un foglio per notare i miei peccati e fare una buona confessione!».

2. Cresce poi ai tuoi occhi l'importanza di questo fine, se consideri che da esso dipende la tua salvezza o la tua perdizione. Se salvi l'anima, tutto va bene, e godrai per sempre; ma se la sbagli, perderai anima e corpo, Dio e Paradiso, e sarai per sempre dannato. Non imitare quei disgraziati che vanno illudendosi col dire: «Fo questo peccato, ma dopo me ne confesserò». Non ingannare in tal modo te stesso: Dio maledice colui che pecca colla speranza del perdono: Maledictus homo qui peccat in spe. Ricòrdati che tutti quelli che sono all'inferno, avevano speranza di emendarsi poi, e intanto si sono eternamente perduti. Chi sa se poi avrai il tempo di confessarti? Chi ti assicura che tu non muoia subito dopo il peccato, e l'anima tua non precipiti giù nell'inferno? Oltre a ciò che pazzia è mai questa, di farti una piaga colla speranza di avere poi un medico che te la guarisca? Metti dunque in disparte la fallace lusinga di poterti dare a Dio più tardi; in questo stesso momento detesta ed abbandona il peccato, che è il sommo di tutti i mali, e che, allontanandoti dal tuo fine, ti priva di tutti i beni.

3. Qui per altro voglio farti osservare un laccio terribile, con cui il demonio coglie e conduce alla perdizione tanti cristiani, ed è di permettere che imparino le cose di Religione, ma non che le mettano in pratica. Sanno costoro di essere creati da Dio per amarlo e servirlo, e intanto colle loro opere sembra non cerchino nient' altro che la propria rovina. Quante persone infatti non si vedon nel mondo, le quali pensano a tutto fuorché a salvarsi! Se io dico ad un giovane che frequenti i Sacramenti, che faccia un po' di orazione, risponde: «Ho altro da fare, ho da lavorare, ho da divertirmi». Oh infelice! e non hai un'anima da salvare?

Perciò tu, o giovane cristiano che leggi questa considerazione, procura di non lasciarti in questo modo ingannare dal demonio; prometti al Signore che quanto farai, dirai e penserai in avvenire, sarà tutto per l'anima tua; perché sarebbe la più grande fama occuparti tanto seriamente di quello che finisce così presto, e pensar sì poco all'eternità che non avrà più fine. S. Luigi poteva godere piaceri, ricchezze ed onori, ma a tutto rinunziò dicendo: «Che mi giova questo per la mia eternità? Quid haec ad aeter nitatem»?

Conchiudi anche tu così: «Ho un'anima; se la perdo ho perduto ogni cosa. ! Se guadagno anche tutto il mondo, ma con danno dell' anima mia, a che mi giova? Quidenim prodest homini, si mundum univérsum lucrétur, animae vero suae detriméntum patiatur? Se divento un grand'uomo, un riccone; se mi acquisto la fama di sapiente col farmi padrone di tutte le arti e le scienze di questo mondo, ma poi perdo l'anima mia, a che mi giova»? A nulla ti giova tutta la sapienza di Salomone, se te ne vai perduto. Di' dunque così: «Sono stato creato da Dio per salvarmi l'anima, e la voglio salvare a qualunque costo, e voglio che per l'avvenire l'amare Iddio e il salvar l'anima mia sia l'unico scopo, delle mie azioni. Si tratta di essere o sempre beato o sempre infelice: vada dunque ogni cosa, purch'io mi salvi! Mio Dio, perdonatemi i miei peccati e fate che non mi accada mai più la disgrazia di offendervi: anzi aiutatemi colla vostra santa grazia, affinché io possa fedelmente amarvi e servirvi per l'avvenire. Maria, mia speranza, intercedete per me».

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