giovedì 6 febbraio 2014



CAMMINIAMO SULLA STRADA
CHE HAN PERCORSO I SANTI TUOI...

SS. Paolo Miki e compagni

Martiri
Paolo Miki nacque da una nobile e famiglia benestante di Kyoto, in Giappone. Suo padre era un nobile samurai, convertito al Cristianesimo assieme ad alcuni monaci buddisti. Ricevette il battesimo a 5 anni e a 22 entrò nei gesuiti come novizio: studiò presso i collegi dell'ordine di Azuchi e Takatsuki e divenne un missionario, ma non poté essere ordinato subito sacerdote a causa dell’assenza di un vescovo in Giappone. Paolo riusciva a dialogare con ogni tipo di persona, colta o senza cultura, ricca e nobile o povera ed umile. E sempre con efficacia. Con il suo modo di fare e di dialogare si guadagnò la stima ed il rispetto di tutti. Era inoltre un predicatore valente e convincente sia con la parola sia con la testimonianza di vita.

Il lavoro di evangelizzazione tra la sua gente sembrava avere un sicuro avvenire, ricco di soddisfazioni apostoliche e di risultati di conversioni. Ma all’orizzonte si intravedono nubi foriere non di pace ma di dolore e di persecuzione.
Nel 1587, infatti, lo shogun al potere, Hideyoshi Toyotomi, promulgò un editto di espulsione di tutti i predicatori cristiani. Cominciava così la persecuzione: minacce di morte sul rogo a famiglie di giapponesi convertiti, chiese bruciate nei villaggi, proprietà confiscate di autorità. Missionari costretti a lavorare in semiclandestinità. Finché lo shogun dittatore ordinò l’arresto dei missionari e dei loro collaboratori catechisti specialmente nelle città di Kyoto, Osaka e Nagasaki. Paolo Miki fu arrestato nel 1596. E quando fu trasferito in carcere vi trovò altri missionari (alcuni francescani con Pietro Battista), catechisti laici, ragazzi chierichetti giovanissimi (15 anni circa).

Anche in questa circostanza difficile, Paolo emerse con la sua personalità e con la sua santità: diventando per tutti un punto di riferimento, di esempio e di coraggio, di pazienza e di costanza nella sofferenza per la propria fede.
Furono invitati tutti a rinnegare la propria religione ma nessuno lo fece. Furono minacciati a morte, mutilati (taglio di un orecchio), esposti al ludibrio e alla vergogna durante il viaggio di trasferimento, ma nessuno cedette. L’esecuzione doveva avvenire per crocifissione, a Nagasaki. Così erano gli ordini, che furono eseguiti il giorno 5 febbraio.

 Da Le Lettere, del missionario francescano spagnolo San Pietro Battista Blasquez, dei giorni 4 gennaio e 2 febbraio 1597, l’ultima scritta tre giorni prima di morire
Dei frati che ci troviamo qui, sei siamo stati presi e per molti giorni tenuti in carcere. La stessa sorte è toccata a 17 nostri terziari giapponesi, a un sacerdote della Compagnia di Gesù (il giapponese padre Paolo Miki) e a due suoi catechisti.
Siamo ora in viaggio in questi freddi mesi invernali... Ciò nonostante, ripieni di consolazione e di gioia nel Signore, andiamo avanti, poiché nella sentenza emessa contro di noi è stato detto che saremo crocifissi per aver predicato il santo Vangelo. Gli altri, perché seguaci del Vangelo.
Per coloro che desiderano morire per Cristo, ora si presenta una buona occasione. Sono persuaso che i fedeli di questo luogo si sentirebbero molto confortati se qui ci fossero i religiosi del nostro Ordine...
Sapevamo che eravamo stati condannati a morte, ma solo a Osaka siamo stati informati che ci dirigevamo a Nagasaki per esservi crocifissi.
La vostra carità ci raccomandi molto al Signore, perché il nostro sacrificio sia a lui gradito...
Fratelli carissimi, aiutateci con le vostre preghiere perché la nostra morte sia accetta alla divina Maestà.
Nel cielo, dove a Dio piacendo speriamo di arrivare, ci ricorderemo di voi...

Dalla Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni scritta da un autore contemporaneo

Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani»(Sal 30,6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre Nostro e l’Ave Maria.

Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiarò ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il Vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: « Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c’è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all’imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano ».

Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all’estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento.

Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in Paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori. Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo «Laudate, pueri, Dominum», che aveva imparato a Nagasaki durante l’istruzione catechista; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo.

Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte.


Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero.

 
Insieme a Paolo Miki, sulla collina di Tateyama, presso Nagasaki, furono crocifissi altri 25 martiri:

·        Juan da Goto Soan, James Kisai (S.J.);

·        Pedro Bautista Blázquez, Martino dell'Ascensione Aguirre, Francesco Blanco (sacerdoti

         O.F.M.);

·        Filippo di Gesù de Las Casas, Gonsalvo Garcìa, Francesco di San Michele de la Parilla

         (religiosi O.F.M.);

·        Leone Karasuma, Pedro Sukejiroo, Cosme Takeya, Paolo Ibaraki, Tommaso Dangi,

         Pablo Suzuki (catechisti);
·       Ludovivo Ibaraki, Antonio, Miguel Kozaki, Thomas Kozaki (figlio di Miguel),   
        Bonaventura di Miyako, Gabriel de Duisco, Giovanni Kinuya, Mathias di Miyako,
        Francesco de Meako, Joaquim Sakakibara, Francesco Adaucto (neofiti).
Sono i primi martiri dell'Estremo Oriente iscritti nel martirologio.


Dio, forza dei martiri, che hai chiamato alla gloria eterna S. Paolo Miki e i suoi compagni attraverso il martirio della croce, concedi anche a noi per loro intercessione di testimoniare in vita e in morte la fede del nostro Battesimo.

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