mercoledì 15 gennaio 2014


PANE SPEZZATO

''Venite e gustate quant'è buono il Signore''
DAL LIBRO DELLA SAPIENZA

PARTE SECONDA (10 - 24) 

 [10]Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo per la canizie ricca d'anni del vecchio.
[11]La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile.
[12]Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l'educazione da noi ricevuta.
[13]Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
[14]E' diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
[15]perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
[16]Moneta falsa siam da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre.
[17]Vediamo se le sue parole sono vere;
proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
[18]Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
[19]Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
[20]Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà».

Errore degli empi

[21]La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
[22]Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
[23]Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
[24]Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono


PER RIFLETTERE INSIEME…
Il Libro della Sapienza è stato scritto tra il 20 a.C. e il 38 d.C.; inizialmente lo si attribuì a Salomone, ma san Girolamo e san Bonaventura  pensano che sia stato scritto dall’ebreo Filone di Alessandria.

L’arco di tempo in cui viene collocato va da  poco prima dell’Incarnazione di Cristo a poco dopo la sua Resurrezione ed è una data sicura perché in alcuni capitoli ci sono dei riferimenti ben chiari ad alcuni imperatori romani.

È stato scritto, dunque, negli anni in cui Cristo, Figlio Unigenito di Dio, era sulla Terra, era in mezzo a noi, cresceva in santità e grazia in mezzo ad altri bambini ebrei; frequentava la sinagoga come gli altri uomini ebrei, predicava nelle strade, nelle piazze, sulle rive del mare e sulle cime delle montagne.

Operava segni meravigliosi, parlava della libertà e della giustizia, insegnava ai discepoli perché potessero tramandare la Sua Parola, quella Parola che guiderà il mondo ed anticipava loro la sua morte e la sua resurrezione.

Ora, se pensiamo a tutto questo, ci rendiamo conto di una cosa importante: questo Libro conferma pienamente quanto verrà successivamente affermato nei Vangeli e soprattutto dà conferma del fatto che ‘’LA PAROLA SI SPIEGA CON LA PAROLA’’, tutto quello che è stato scritto ha una sua compattezza e una sua logica che mai si smentisce, sia che i fatti vengano anticipati sia che vengano scritti a posteriori.

Sia i Libri dell’Antico che quelli del Nuovo Testamento sono in perfetta sintonia fra loro, non solo non si contraddicono mai, per essendo stati scritti in un arco temporale piuttosto vasto, da autori molto diversi, in luoghi e circostanze estremamente diversi, ma si confermano anche a vicenda, si spiegano a vicenda… come a dire… tanti autori ma una sola Sapienza, quella Divina!

Nessuna sapienza umana avrebbe potuto seguire una logica con una chiarezza e una coerenza tale per migliaia di anni, con modi di pensare diversi, modi di scrivere diversi, contesti culturali e motivazioni diverse.

L’uomo, per sua natura, è contraddittorio, incoerente, soggettivo, facilmente condizionabile dalla cultura in cui vive, dalle ideologie che prevalgono, pensiamo a tutte quelle eresie che si sono sviluppate nel tempo come l’arianesimo, l’antropomorfismo di Dio e tantissime altre, a quanti adepti hanno fatto non fra i pagani, ma fra i cristiani, fra coloro che si occupavano a pieno titolo delle cose di Dio.

Quante eresie, quanti errori esegetici, quante contraddizioni ideologiche, quanti scismi che hanno segnato la storia cristiana… quante lacerazioni e quanti errori abominevoli, basti pensare al periodo della Santa Inquisizione, quasi una persecuzione ad opera di cristiani verso i cristiani stessi, molto più grave di quella dei Romani pagani verso i cristiani, perché si trattava di abusi e sopraffazioni tra fratelli, tra seguaci dello stesso Cristo!

La logica o meglio l’illogicità umana ha portato l’uomo ad errori terribili, eppure era convinto di essere nel giusto, di agire per una santa causa, in nome di Dio addirittura!

Naturalmente si tratta di uomini che si autoconsideravano guidati dallo Spirito di Dio, in realtà erano ben altri spiriti che facevano da padroni.

L’uomo di Dio si distingue per mitezza, bontà, umiltà, benevolenza, pace interiore… chi, per presunzione, arroganza, superbia, ha la violenza nel cuore…  non viene certo da Dio!

Se la Bibbia fosse stata soltanto opera dell’uomo… quante contraddizioni ci sarebbero state, quante deviazioni  e incoerenze!

Invece noi troviamo un solo filo conduttore, un solo Pensiero-Guida espresso attraverso una molteplicità di pensieri fedeli all’Unico Pensiero!

Non è meraviglioso questo?

Non è eccezionale questo?

Non è prova di una Presenza Superiore che interviene nella nostra Storia guidandola con Mano Sicura e Potente?

No, certo che non è una dittatura, non è un muovere semplicemente dei fili… Dio non è un burattinaio…  chi pensa questo, pensa da stolto… perché è un cammino, invece, Mano nella mano, Cuore a cuore, nel cuore dell’uomo il Cuore di Dio, nel pensiero dell’uomo la Sapienza Divina.

È l’uomo che viene reso grande, che viene valorizzato ed innalzato dalla Potenza Divina, che viene accompagnato, guidato, formato, educato dalla Sapienza Divina, che mai fa violenza alla libertà dell’uomo, ma sempre lo istruisce… anche di notte… perché non si smarrisca nelle tempeste diaboliche!

Ma noi, purtroppo, abbiamo perso la capacità di stupirci, di meravigliarci, ci facciamo scivolare tutto addosso come acqua che scorre senza incidere, siamo diventati impermeabili, ci facciamo scorrere tutto addosso senza mai permettere all’acqua di penetrare in noi e dare ristoro all’aridità del cuore, indurito come la terra rimasta asciutta per anni… se non per secoli!

Siamo impenetrabili a noi stessi, impermeabili alla Sapienza Divina, inaccessibili ed inespugnabili nelle nostre arroganze, perché troppi impegni gravano sulle nostre giornate… occuparsi anche dello spirito sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso… ma, in questo caso, sarebbe una Goccia salutare, una Goccia che porterebbe vita laddove vi abita la morte da troppo… lungo tempo!

Pensiamoci!

Pensiamoci non nel senso di pensare e basta, ma nel senso di PENSIAMO-CI cioè pensiamo a noi stessi, per una volta pensiamo davvero a noi stessi, in ciò che è fondamentale per noi; per una volta usiamo un sano egoismo e diamo ascolto ai nostri bisogni interiori che languiscono, che deperiscono nell’astinenza di cibo ai quali sono sottoposti da sempre!

Pensiamo a noi stessi, a ciò che siamo veramente dentro, ascoltiamo i nostri bisogni, i bisogni di quello spirito che anche se ignorato e maltrattato, non ci abbandona certo per nostra innaturale volontà.

Ma resta nel silenzio, in attesa, nella speranza…

PENSIAMO-CI e diamo una risposta a questa speranza… ormai senza speranza da tempo!

 
Ma vediamo, ora, cosa ci dicono, nello specifico, questi versetti del secondo capitolo: nei versetti 10-12 e dal 21 al 24 ritornano a descrivere gli errori dell’empio, la stoltezza del suo pensare, la miseria del pensiero corrotto dal peccato e sotto l’egida del nemico.

Nei versetti centrali, invece, (12-20) si fa un esplicito riferimento alla figura di Cristo: viene espressamente chiarito il ruolo di Cristo nei confronti del peccato, la condanna del peccato, perché noi sappiamo bene che Cristo è venuto a condannare il peccato non il peccatore.

E in che cosa consiste il peccato?

In questo caso riguarda il comportamento di coloro che sono contrari alla Sapienza divina, alla Sapienza dell’Unico Giusto: questa Sapienza è di imbarazzo all’uomo iniquo… perché?

Ovviamente perché rivela le sue iniquità, le sue malvagità, le sue intemperanze, è contrario alle sue azioni, rinfaccia le sue mancanze, condanna la corruzione dei suoi sentimenti, cammina su strade diverse dalle sue, considera ‘’moneta falsa’’ ogni sua azione, li considera spazzatura… dall’altra parte esalta il giusto e il povero, coloro che il mondo considera invece insignificanti.

Ha poi la presunzione di dichiararsi Figlio di Dio… se così pensa… allora mettiamolo alla prova, vediamo se    ’’ verranno gli angeli a salvarlo’’: sono le parole dei versetti 18 e 20, ma sono anche le parole di coloro che lo derivano mettendogli in testa una corona di spine, schiaffeggiandolo e sputandogli in faccia il giorno della crocifissione!

Sono anche le parole dell’uomo che nega la sua divinità e in cuor suo se ne ride per la fine ignominiosa del Figlio Unigenito di Dio!

Queste sono le ignominie umane, la stupidità umana che continua a negare l’evidenza, che continua a mettersi su un Trono che non gli appartiene; è la reazione di chi, scoperto nelle sue fragilità, reagisce innalzandosi al di sopra di se stesso e tuona contro la Verità che ha osato mettere a nudo la vergogna della sua stoltezza.

È come il solito bambino che accusato di aver fatto un danno, reagisce rinfacciando, ad alta voce, i danni a chi lo accusa; è la reazione di chi non vuole o non riesce ad accettare la realtà, semplicemente la realtà.

Al bambino questo è perdonato… dall’uomo che invece si considera adulto… questo è inaccettabile!

Chi tende insidie al Giusto è dunque colui che non accetta che qualcuno gli dica di aver sbagliato, pretende di essere nel giusto e pretende che il mondo riconosca questa sua presunzione, come qualcosa che gli è dovuta, in virtù della sua superiorità autonomamente e liberamente arrogatasi!

E chi asseconda questi atteggiamenti non è meno responsabile di chi li mette in pratica, anzi, se vogliamo, lo è di più, perché vede ciò che non va… e non interviene a favore della Giustizia, per la correzione fraterna, responsabilità di ogni uomo di buon senso e di buona volontà.

Lo stolto è ‘’moneta falsa’’, cioè inganno a se stesso, illusione che prima o poi verrà  sventata, che prima o poi si ritorcerà su se stessa e distruggerà il castello di carte che si era costruito credendolo una fortezza inespugnabile.

Il nostro impegno sarà dunque quello di essere ‘’monete autentiche’’, magari dal valore di pochi centesimi, ma autentiche, perché non è il valore monetario-economico che interessa, quanto l’autenticità del proprio essere, la luce che si riesce ad emanare; una moneta autentica, cioè d’oro, se pur piccola nella sua dimensione, risplende di luce propria, è un raggio di luce che acceca; una moneta falsa, invece, se pur grande nel suo valore commerciale, non emanerà mai luce essendo di bronzo, di rame o magari di ferro.

È la materia ciò che fa la differenza, il materiale provato al fuoco, come oro nel crogiolo… è lì che si stabilisce il vero valore: nel fuoco della sofferenza!

Beato chi viene provato come oro nel crogiolo… il suo valore sarà inestimabile e la sua luce durerà in eterno… perché è stato provato col fuoco e non è stato trovato mancante… ma degno della Vita eterna!

E certo non è un Premio da poco… nonostante questa società tende a minimizzarlo (nel migliore dei casi!)

Ma su questo argomento vi lascio una disquisizione sicuramente di gran lunga migliore di quanto io, nell’immensità della mia ignoranza, potrei indebitamente esprimere … vi riporto uno dei discorsi di Teofilo, che dal 385 al 412 fu «papa» di Alessandria, cioè  il patriarca di quella città, che nel 399 promulgò una dura condanna dell’antropomorfismo, eresia piuttosto diffusa in quel periodo, che attribuiva a Dio sembianze umane e un corpo soggetto alle passioni e alle debolezze umane.

Questo suo discorso sembra sia stato scritto proprio in risposta al pensiero dell’empio, all’errore madornale dell’empio che, nel presupporre di sé, pensa di conoscere i segreti di Dio … allo stesso tempo non crede alla ricompensa delle anime pure… a simili affermazioni la ragione stessa ne viene mortificata e offesa: chi  davvero conosce Dio, non può negare la sua divinità e la sua eternità… chi lo fa… beh, vuol dire che ha un problema di misura: porta troppo in alto se stesso e … chi troppo in alto sale… si sa… cade sovente…  precipitevolissimevolmente!

 Lo stesso padre Teofilo disse: «Con quanto timore, tremore e angustia dobbiamo pensare al momento in cui il corpo si separerà dall’anima. Si muoverà contro di noi l’esercito e la potenza delle forze nemiche, i principi della tenebra, i dominatori cosmici della malvagità, i principati e le potestà, gli spiriti del male. Essi sottoporranno l’anima a una specie di giudizio, ponendole di fronte i peccati commessi consapevolmente e inconsapevolmente, dalla giovinezza fino all’età in cui fu colta dalla morte. Sorgeranno accusandola di tutte le sue azioni. Quale tremore pensi dunque che avrà l’anima in quell’ora, finché non sarà pronunciata la sentenza e verrà liberata? Questa è l’ora della sua angustia, finché non vedrà che cosa le è riservato. Ma anche le potenze divine si ergeranno contro quelle nemiche e metteranno innanzi il bene che essa ha compiuto. Comprendi dunque con quale timore e tremore l’anima starà là in mezzo, finché il suo giudizio riceverà la sentenza da parte del giusto giudice. E, se è degna, ne avranno scorno le potenze nemiche e sarà strappata dalle loro mani. E vivrà libera da ogni preoccupazione, anzi, avrà dimora stabile, come sta scritto: In te è la dimora di tutti coloro che si rallegrano. Allora si compirà la parola: Là è travaglio, dolore e gemito. L’anima liberata se ne andrà verso quella ineffabile gioia  e gloria, in cui avrà dimora. Ma se si troverà che nella sua vita è stata negligente, udrà la terribile voce: Sia tolto l’empio, così che non veda la gloria di Dio. Allora piomberà su di lei il giorno dell’ira, della tribolazione, dell’angustia, giorno di oscurità e di caligine. Condannata alle tenebre esteriori e al fuoco eterno, sarà punita per secoli infiniti. Dove sarà allora la gloria del mondo? Dove la vanità? Dove le delizie, il piacere, i sogni? Dove il riposo? Dove le lodi, le ricchezze, le nobili origini? Dove padre, madre, fratello? Chi di loro potrebbe liberare l’anima arsa dal fuoco e prigioniera di tormenti terribili? Di fronte a ciò, quali dobbiamo essere, in santi comportamenti e pietà? Quale amore dobbiamo possedere? Quali i nostri costumi, quale il modo di vivere, quale il nostro comportamento? Quanta l’esattezza, la preghiera, la fermezza? Dice infatti: Aspettando queste cose cercate di essere trovati in lui senza macchia e senza colpa, in pace, per essere resi degni di udire lui che dice: Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, nei secoli dei secoli. Amen».

Si dice ancora che…

 Il beato arcivescovo Teofilo si recò un giorno sul monte di Nitria. L’abate del luogo gli venne incontro. L’arcivescovo gli dice: «Padre, che cosa hai trovato di speciale in questa via?». «L’accusare e biasimare sempre se stessi», gli dice l’anziano. Il padre Teofilo dice: «Non c’è altra via che questa» .

Non c’è altra via che questa per chi non sopporta la vista del Giusto che si dichiara Figlio di Dio; non c’è altra via per lui, se vuole riservarsi una qualche possibilità di salvezza  che ‘’piangere i suoi peccati’’ come ci dice anche Antonio il Grande, che si ritirò nel deserto per piangere i suoi peccati di vanità.

L’empio vorrebbe distruggere il Giusto, perché gli è d’imbarazzo; nella sua sragionevolezza, non comprende che ‘’ chi è causa del suo mal, pianga se stesso!’’

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