domenica 5 gennaio 2014


PANE SPEZZATO

''Venite e gustate quant'è buono il Signore''
DAL LIBRO DELLA SAPIENZA

PARTE SECONDA (1 - 9) 

[1]Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
[2]Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
E' un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
[3]Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
[4]Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
[5]La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
[6]Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
[7]Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
[8]coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
[9]nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.



PER RIFLETTERE INSIEME…
Eccoci qua… ad interpretare e commentare, indegnamente, l’ETERNA  SAPIENZA DIVINA, la Sapienza che sedeva sul trono di Dio in principio di tutte le cose… siamo qui a parlare di queste cose… noi… uomini e donne del Terzo Millennio.

La Sapienza di Dio ci porta una PAROLA che viene dall’eternità, quella stessa Parola che ha creato ogni cosa e che dice, ancora oggi a noi, ogni cosa, ci svela ogni verità, ci rivela ogni nostra empietà, ci mette davanti ad una realtà che non è quella di mille e mille anni fa, ma la nostra, la nostra quotidianità: sembra, infatti, che questa Parola sia stata scritta stamattina per fotografare la nostra realtà, il nostro  modo di pensare, quale sintesi dei frutti della nostra cultura post-moderna.

È sconcertante questo, è sconvolgente leggere questi versetti e poi leggere le cronache quotidiane e vedere quanto i primi si rispecchino nelle seconde, quanto vere e attuali siano queste parole, nessuno scrittore avrebbe meglio potuto descrivere il pensiero dell’uomo moderno.

Ma vediamo nello specifico cosa ci dicono questi versetti e a chi parlano.

Cominciamo dalla seconda domanda: a chi parlano?

Qui c’è poco da discutere e poco da quantificare: parlano a tutti, a tutti noi, ma proprio a tutti noi, a me che scrivo, a voi che leggete, a quelli che ascoltano… all’uomo di questo nostro tempo.

E che cosa ci dicono?

Anche questo è molto semplice… innanzitutto dobbiamo chiarire una cosa che potrebbe sembrare scontata, ma scontata non lo è: queste parole ci dicono qualcosa!

Sì, perché non è detto che tutte le parole dicano qualcosa, siamo abituati a sentire di tutto su tutto, discorsi vuoti, arzigogolati, parole astratte, parole belle, parole pesanti… ma parole che non sempre o quasi mai ci dicono qualcosa di significativo, di importante, di fondamentale, di veramente utile per noi, che ci aiutino concretamente a cambiare la nostra vita o per lo meno a migliorarla, a farla maturare… non dobbiamo dimenticare che non si ascolta per ascoltare, ma si ascolta per maturare, per riempirci di cose che ci aiutino ad andare oltre il nostro iniziale pensiero, pensiero che, da infantile, deve farsi adulto.

Noi consideriamo adulto un soggetto soltanto guardando i suoi cambiamenti fisici e il suo abbigliamento, ma il vero adulto si distingue dal suo ragionare, dai suoi discorsi maturi, dalle sue parole dense di significato.

Questa Parola che andiamo oggi a commentare è una Parola Piena, cioè significativa in tutte le sue parti, in tutti i suoi molteplici significati, per cui va ascoltata con attenzione e va meditata, riflettendoci sopra; non la si può leggere e basta, archiviandola come un qualsiasi articolo di cronaca rosa o nera.

È una Parola che dice, che parla, che ha qualcosa di importante da dire, da dirci, a noi uomini e donne del Duemila.


Leggendo questi versetti mi sembra di sentire i discorsi che si fanno in piazza, nei negozi, nelle strade passeggiando e purtroppo anche durante i funerali: ‘’ Si muore, tutto finisce, chi gliel’ha fatti fare tutti quei sacrifici, quanto lavoro, quanta fatica, quante preoccupazioni e poi, vedi… tutto finisce in una bara sotto terra! Mangiamo e divertiamoci ora che possiamo, prendiamocela allegra la vita, facciamo tutto quello che ci va di fare: divertimento, passatempi, giochi d’azzardo, piaceri di ogni genere… godiamoci la vita finchè  possiamo… quando la morte verrà almeno non avremo rimpianti…’’

O certo questo modo di pensare fila liscio come l’olio, è una filosofia che non lascia dubbi, è talmente semplice che chiunque può comprenderla.

Un tempo, la filosofia si occupava dell’immortalità dell’anima, per lo meno ci provava a dare delle spiegazioni, delle risposte, non sempre ne comprendeva tutta l’ampiezza ma almeno non la negava. Lasciava il discorso aperto ad altre speculazioni, ad altre discussioni, ad altre possibilità.

Oggi, invece, ogni discorso è chiuso, definitivo. Oggi la filosofia ha messo la parola ‘’fine’’ ai suoi interrogativi di sempre, concludendo, miseramente, con quella corrente che viene chiamata ‘’esistenzialismo’’, che la vita è questa, che non c’è altra vita al di fuori di questa; che non abbiamo un’anima. Che non ci sono altre verità se non queste.


E questo assunto filosofico che liquida con così intensa superficialità un argomento tanto alto quanto vasto e profondo, altro non è se non la logica del mondo, di questo mondo, incarnata nei pensieri di tutti o di quasi tutti.

L’uomo della strada esprime con semplicità queste verità stabilite dai filosofi moderni con discorsi, i loro, alquanto altisonanti; ma che siano discorsi semplici o discorsi cattedratici la sostanza non cambia assolutamente, il nocciolo del pensiero dell’uomo moderno è fin troppo chiaro: l’uomo è finito, tutta la sua vita si esprime in un arco temporale definito e circoscritto. L’anima… un’invenzione della religione per spaventare i bambini!

La vita eterna? Una favola per vecchietti sprovveduti!

La giustizia divina? Ma chi ci crede più? Siamo uomini moderni! Evoluti! Non siamo più nel Settecento.

La vita va vissuta qui ed ora perché solo di questo abbiamo certezza; del doman non c’è certezza… per cui  godiamoci il presente… poi si vedrà!

Tradotto in parole spicciole, paesane direi, in discorsi tipici dell’uomo comune, potremmo dire così: nessuno è tornato dall’altro mondo a darci conferma che ci sia un altro mondo! La vita è oggi, risparmiamo i soldi per il funerale, che costa tanto, magari ci mettiamo pure la banda, speriamo che ci portino tanti fiori così facciamo pure bella figura da morti; quello che possiamo fare oggi lo facciamo per i figli, per lasciare magari loro una casa;  per il resto… non ci pensiamo più, quando saremo morti non resterà più niente di noi… quell’altro mondo non sappiamo se veramente esiste e se esistesse davvero… ci penseremo al momento opportuno, inutile preoccuparsi oggi!

Ecco qui, il discorso dell’ateo direte!

Sono gli atei che la pensano così!

E no, non è il discorso dell’ateo, che nega ciò che non sa e che non vuole sapere, ma è il discorso del cristiano che viene a messa tutte le domeniche, fa la comunione tutte le domeniche, magari anche durante la settimana, prega e si ritiene  un cristiano perfetto, un cristiano modello!

È il discorso dell’uomo comune, che viene al funerale per dare le condoglianze alle famiglie del defunto, che entra in chiesa alla fine della messa oppure che fa il sacrifico formale di assistere alla messa per rispetto dei familiari dell’amico che è venuto a mancare; è la persona della porta accanto, il familiare con cui mangiamo, l’amico/a del cuore con cui ci confidiamo, l’anziano  novantenne, il giovane studente, l’ammalato che sta per morire, perfino il bambino che viene al catechismo settimanale… è il nostro comune e quotidiano ragionare!

È il nostro ateismo cristiano!

Proprio così, anche il cristianesimo ha subito una variazione, è diventato un cristianesimo ateo, un cristianesimo fai-da-te, un cristianesimo usa-e-getta, un cristianesimo scristianizzato, un’appartenenza formale… ma molto formale, talmente formale che non ha più molti legami con il cristianesimo vero, quello che ha la forza di farti cambiare i tuoi punti di vista mondani, quello che ti guida interiormente con Mano potente, quello che è Rifugio e Scudo dai mali del mondo, quello che è un Volo d’Aquila che ti solleva dalle miserie umane; il cristianesimo è una Strada, una Guida sicura nelle cadute quotidiane, una Mano Sicura che trattiene il tuo passo dalle cadute e se dovessi cadere è pronta a rialzarti

Il Cristianesimo è stato corrotto nella sua intimità, è stato devastato nella sua libertà, è stato demolito nella sua altezza spirituale che rendeva belle tutte le cose; gli è stato tolto spessore, altezza, profondità, ampiezza; è stato appiattito, ridotto a brandelli, sfigurato nel suo Volto di Maestro di vita.

Il Cristianesimo vero non ci piace, preferiamo spogliarlo del Suo Splendore Potente, lo modernizziamo mettendogli un look mondano che sa di amaro, di inconsistenza, di invisibilità; un tempo si partiva per ‘’cristianizzarlo’’ questo mondo, oggi si fa a gara per ‘’scristianizzarlo’’, come quel ragazzo che mi chiedeva, un giorno,  se si poteva ‘’sbattezzare’’ in virtù di una libertà di scelta che… era tutt’altro che una scelta.

La scelta la si fa conoscendo le parti in causa, se invece non conosco né ciò che lascio né ciò che prendo, non posso parlare di scelta, ma di scelleratezza umana che si erge a presunzione di sé!

Ciò detto, ritorniamo all’argomento principale e cioè al modo di intendere la vita: l’Esistenzialismo è una filosofia così ovvia e così facile da comprendere che la conoscono anche gli analfabeti; se chiedo ad un vecchietto cosa pensa della vita, mi risponde da filosofo esistenzialista: la vita è tutta qua, dopo non c’è più niente, nessun altro mondo, nessun altro giudizio, nessun’altra vita, è vero solo ciò che vedo e tocco, non c’è altro.

Or dunque così dicendo ha demolito millenni di storia: già l’uomo primitivo aveva capito che c’era qualcosa di ‘’speciale’’ nell’uomo e questo lo portò a seppellire i morti, orientando il loro corpo verso oriente, il luogo della luce, del sorgere del sole, della nascita o, nella sua intenzione, della ri-nascita.

L’uomo primitivo nella sua estrema esemplificazione intellettiva aveva intuito il sacro che c’è nell’uomo; non seppelliva le carcasse degli animali, ma i corpi dei familiari, perché la sepoltura ne conservasse il ricordo insieme a qualcos’altro che non sapeva definire, ma che sapeva cogliere intuitivamente, spiritualmente oserei dire, per una sapienza che né da carne né da sangue gli era stata rivelata.

E la sepoltura dei morti e l’immortalità dell’anima non è stata certamente un’ invenzione degli stregoni o degli sciamani!

Quei corpi rannicchiati dentro una buca riempiono oggi i nostri musei archeologici.

Quei corpi primitivi danno oggi risposte alle nostre domande di uomini moderni, sul senso della vita, sul cosa c’è oltre la morte?

Loro ci rispondono in coro: oltre questa vita c’è una Vita più bella!

Quei corpi che venivano adornati con gioielli, e circondati con armi e utensili di vita quotidiana ci dicono, oggi,  che loro, nella loro più assoluta ignoranza, credevano in una vita nuova, più bella, più piena, più libera.

Loro ci credevano, per questo ci mettevano tutto l’occorrente per poter vivere tranquillamente.

Noi, che ci diciamo civilizzati, cristianizzati, tecnolocizzati, quasi autosantificati in alcuni casi, noi… non crediamo più o peggio ancora… non ci abbiamo mai creduto!

E che a nessuno venga in mente di ribaltare il filo del discorso e dire ’’credere, dunque, è cosa da primitivi’’; è l’errore più banale e grossolano oltre che grottesco che potesse fare.

Il loro credere ci dice una cosa molto più importante: ci dice che il credere è accessibile tanto all’ ignorante, all’ebete, a chi è privo di ragione, privo di cultura, privo anche di logica quanto a coloro che si ergono al di sopra delle cattedre, si auto-statuizzano sui piedistalli, così come è accessibile all’uomo comune, alla donna moderna, al giovane disorientato, al bambino incantato dal mistero della Creazione.

È questo l’insegnamento degli uomini primitivi: credere non richiede ragionamenti filosofici, ma l’ascolto della propria interiorità accessibilissima a chiunque, a chiunque voglia ascoltare, naturalmente, a chiunque voglia stare ‘’dentro di sé’’, perché ciò che veramente serve è soltanto la disponibilità all’ascolto, poi ogni cosa scorrerà come un fiume in piena, non servono né mezzi di fortuna né grandi santoni, non servono enciclopedie teologiche o anni di ricerca disperata, serve solo la disponibilità ad ascoltare ciò che ognuno di noi si porta dentro, un’eredità che è stata data a tutti, una possibilità donata a tutti, occorre solo volerla metterla in pratica, farne uso, prenderne coscienza e disporsi all’ascolto.

La Verità è Verità, per coglierla basta desiderarla; dice il Signore:’’Io non ho parlato in un’orrida regione, non ho tenuto nascosta la Verità tutta per me, ma certamente non ai sapienti ma ai piccoli Io l’ho rivelata’’.

Perché ai piccoli e non ai sapienti?

Perché i sapienti si lasciano ingannare dalla loro sapienza, per le tante sovrastrutture che si sono accumulate negli strati del suo pensiero; i piccoli, invece, nella loro genuinità e spontaneità, colgono immediatamente la verità, l’essenziale che è invisibile agli occhi.

Se ci facciamo piccoli, non nel senso di regressione cronologica, ma di pulizia interiore, mentale e spirituale, cioè semplici, umili, bisognosi e desiderosi di apprendere un insegnamento paterno, come un bambino che si affida alle braccia del padre ed ascolta incuriosito ed affascinato le cose che il padre gli racconta, sicuro che il padre non può mentire a chi è frutto delle sue viscere.

La Verità la può cogliere chiunque, tanto i sapienti quanto l’uomo comune, l’uomo analfabeta, il bambino o la vecchietta.

La Verità è semplice. È trasparente. È visibile. È innegabile. È reale.

Ma per coglierla bisogna volerlo.

È questo il nostro sforzo, l’unico sforzo che ci viene richiesto.

Ci viene chiesto di prendere una decisione. Di esprimere una volontà.

Di prendere coscienza di un proprio bisogno.

Di ascoltare i moti dell’anima prima che il mondo li sopprima totalmente.

Se la nostra anima resta sepolta sotto gli stratosferici enigmi che il mondo ci propone, certo la fatica diventa così dura che uno ci rinuncia e prende la prima offerta a buon mercato che gli viene fatta, credendola un affare, una vincita al lotto: ho trovato la verità!

La Verità, però, non la si trova in scatole di cartone, ma negli scrigni preziosi; la Verità è Luce che dura in eterno, non un bagliore provvisorio, che acceca e ti brucia la vista; la Verità ti dona occhi nuovi, nuova vista, ti apre ad un mondo sconosciuto potenziando la tua vista, permettendoti di guardare più lontano, con i tuoi stessi occhi, non quelli del mondo, non quegli degli altri, ma sarai tu a dire: ho visto ed ho creduto.

Ho visto con i miei occhi. Ho creduto perché davanti a ciò che ho visto non potevo non credere.

La Verità ti dona una vista nuova.

La menzogna che il mondo offre, invece, offusca la tua vita e ti acceca con le sue false luci.

La verità del mondo ovvero le tante verità del mondo sono racchiuse in scatole di cartone, preconfezionate, impacchettate, comprate, commercializzate, corruttibili, sgualcibili, temporanee, come temporanee sono le verità che propone.

La Verità vera, l’Unica Verità è racchiusa nello scrigno prezioso che è la Parola, la Sacra Scrittura, eterna, incorruttibile, luminosa, aperta, offerta, donata, proposta liberamente e liberamente accettata.

La Verità rende liberi, non imprigiona, non mente, non inganna. Ma ti libera dalle zavorre mondane che impediscono di vedere la verità che è sotto i nostri occhi, davanti a noi e non aspetta altro che di essere colta in tutta la sua ampiezza e in tutta la sua bellezza.

Nel primo versetto di questo secondo capitolo c’è una frase chiarissima nel significato e nelle intenzioni ‘’dicono fra loro… sragionando’’.

Parafrasando i versetti proposti all’inizio,  andiamo a scoprire cosa dicono coloro che sragionano.

Sragionare, intanto, è un termine forte, indica coloro che vaneggiano, delirano, danno letteralmente i numeri, sono fuori di sé… ecco… essere fuori di sé, dicono queste cose coloro che sono fuori da se stessi, che sono nel mondo e del mondo, che non conoscono se stessi, che non si appartengono più, che appartengono al mondo e a ciò che il mondo dice loro di fare.

Ma la verità non la si trova fuori da se stessi, è pazzo colui che crede di trovare la verità fuori da se stesso; soltanto rientrando in se stessi si è in grado di ‘’ragionare’’, fino a quando si è fuori si continuerà a ‘’sragionare’’

E chi sragiona dice queste cose, queste stoltezze che non sono stoltezze da niente, nel senso che non sono ragionamenti buttati lì e tutto finisce lì, ma sono ragionamenti che hanno una conseguenza terribile: portando lontano dalla Verità, quindi dalla Luce che illumina l’intelletto, li precipita nel regno delle tenebre, dove c’è pianto e stridor di denti.

Che lo si voglia credere o no, che piaccia o no, è questa la fine che tocca a chi si mette fuori da se stesso e fuori dalla Verità che salva, fuori dalla Parola che salva, fuori… fuori da ogni cosa buona e desiderabile e giusta e veritiera.

Vediamo dunque come ragiona o meglio come ‘’sragiona’’ lo stolto:


«La nostra vita è breve e triste; non c'è rimedio, quando l'uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.

Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati.
E' un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore. Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere e lo spirito si dissiperà come aria leggera.

Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube, si disperderà come nebbia scacciata dai raggi del sole e disciolta dal calore.
La nostra esistenza è il passare di un'ombra e non c'è ritorno alla nostra morte, poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
Su, godiamoci i beni presenti, facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
Inebriamoci di vino squisito e di profumi, non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera, coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano; nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. ‘’

Alzi la mano chi non ha mai sentito questi discorsi almeno una volta nella sua vita.

Oggi. Nel 2014.

E ieri. Nell’appena trascorso 2013.

Mi sembra di sentire le voci dei tanti parrocchiani, i discorsi dei tanti che si dicono credenti.

I discorsi che si fanno oggi. Non duemila anni fa.

Oggi, dopo duemila anni dal Segno di Giona, dalla realizzazione delle promesse dei Millenni precedenti, dalla realizzazione delle parole del Cristo, Parola incarnata, morto e RISORTO per noi.

RISORTO.

Chiunque ancora dice ‘’Non si conosce nessuno che liberi dagli inferi. Una volta morti, il corpo diventa cenere e lo spirito si dissolve come l’aria. La nostra vita è come il passare di un’ombra e non c’è ritorno. E' un fumo il soffio delle nostre narici…’’ chiunque afferma convintamente queste cose e cerca di convincere anche gli altri della sua verità sulla vita, della giustezza delle sue affermazioni… chiunque fa questo… SRAGIONA.

SRAGIONA perché va contro l’evidenza. Contro la ragionevolezza dell’evidenza.

Cristo è risorto. Coloro che l’hanno visto, e sono stati in tanti, lo testimoniano e l’hanno testimoniato fino al martirio della loro vita.

Con la vita, non con le parole facili, ma con la loro stessa vita.

Con quale altra cosa più preziosa della propria vita… potevano darne testimonianza concreta?

Nessuno è disposto a morire per affermare una bugia.

Si è disposti a morire, anche di morte violenta, soltanto per affermare una Verità.

Tutto questo è evidente perché la Storia, adeguatamente e contestualmente documentata, ce lo dice chiaramente.

L’evidenza non la si può negare.

Chi nega l’evidenza… SRAGIONA.

Se vogliamo, dunque ragionare e ragionare da persone adulte e mature, allora non possiamo negare l’evidenza e l’evidenza è che CRISTO E’ RISORTO E NOI RISORGEREMO IN LUI E CON LUI.

Solo lo stolto e l’empio, cioè il corrotto, negano l’evidenza.

E tu da che parte stai?

Sei tra quelli che RAGIONANO o tra quelli che SRAGIONANO?

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