I BAMBINI FANNO ‘’OH!’’… I GRANDI
FANNO ‘’HO’’.
Certo che i bambini sono proprio meravigliosi
e sconcertanti allo steso tempo!
La loro ingenuità spesso ci disarma in
maniera… allarmante!
Allarmante
perché, nella semplicità del loro dire, ci mettono davanti alla nuda realtà e
noi, adulti e vaccinati, come si suol
dire, scopriamo di non essere poi così tanto adulti nè così tanto vaccinati,
come crediamo di essere, perché un conto è ‘’credere
di esserlo’’ un conto è ‘’esserlo
davvero’’.
La differenza non è da poco!
Di fronte alla spontaneità dei bambini,
a volte, ci scopriamo impreparati, ma soprattutto ci sentiamo sconcertati
perché non siamo abituati alla fluidità del pensiero, così come avviene nei
bambini; i nostri pensieri s’inceppano nelle nostre ansie, s’imbrigliano in
mille reti ideologiche, incontrano mille ostacoli culturali, mille deviazioni
mentali, non scorrono più nella loro spontaneità, ma subiscono le influenze
ideologiche del secolarismo, del razionalismo, del relativismo assoluto, di tutti quegli ‘’…ismi’’ che invece di allargare i nostri
orizzonti, finiscono spesso con il deformarli e noi non riusciamo più a capire
da che parte andiamo, su che strada siamo, dove stiamo andando, perché e come.
Gesù diceva: ’’ Se non sarete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli’’.
Essere come bambini: ma in che senso?
Sicuramente non nel senso
infantilistico con i quali noi consideriamo i bambini!
Noi, infatti, abbiamo un’idea non
sempre corretta dei bambini e ci muoviamo fra due eccessi: o li riteniamo
incapaci di intendere e di volere, cioè troppo piccoli per capire le cose dei
grandi oppure li riteniamo troppo grandi per comportarsi come dei piccoli.
Cioè: o siamo convinti che in loro non
c’è la capacità di cogliere il senso del mistero, la Presenza di un Dio
Creatore e paterno, perché, secondo noi, a questo Dio si arriva solo con l’uso
della Ragione e quindi nell’età della giovinezza; oppure li adultizziamo prima
del tempo e facciamo loro discorsi da adulti che non solo non comprenderanno
mai, ma daranno loro anche un’idea sbagliata della bellezza e della spontaneità
della fede.
Errori pedagogici e culturali che si
pagheranno da grandi, perché l’approccio alla fede, cioè l’imprinting religioso
sarà fondamentale per le scelte da adulti; un approccio sbagliato allontanerà
il ragazzo dalla fede, irrimediabilmente; le convinzioni creatosi da bambino,
se non verranno riviste alla luce di un percorso più maturo, resteranno le sole
a guidare la sua vita, su di esse si baseranno le scelte, i modi di pensare, il
senso di appartenenza o meno alla grande Famiglia di Dio e della Chiesa.
Molti genitori pensano che sia
complicato o prematuro parlare di Dio ad un bambino di 2 - 3 -5 anni, non sanno come affrontare il concetto
della morte, della presenza di Dio nella nostra vita quotidiana, come spiegare
il mistero eucaristico…, ciò che preoccupa è che questi ed altri interrogativi simili sono oggetto o di
eccesiva preoccupazione o di totale trascuratezza.
Come rimediare a tutta questa
confusione sul dirlo o non dirlo, parlarne o non parlane, quando parlarne,
come, perché, che cosa dire, cosa non dire…?
Certo c’è il periodo delle catechesi in
preparazione ai Sacramenti e questo potrebbe risolvere il problema, ma bisogna
anche dire che la partecipazione agli incontri non è totale: non tutti
partecipano, non tutti sono costanti, non tutti ascoltano attentamente, non
tutti si sentono veramente coinvolti, non tutti mostrano lo stesso
interesse… per cui la catechesi ai
bambini va considerata e colta come un’opportunità di cui, purtroppo, non tutti
ne comprendono il valore e l’importanza.
Ragion per cui, c’è una fascia, non
tanto ristretta, purtroppo, di bambini ai quali viene a mancare il primo
annuncio, il Kerigma, il primo incontro con Gesù, la conoscenza minima di base
per avviare un dialogo personale ed intimo che permetta di approfondirne la
conoscenza.
In sintesi, la situazione è questa, ci
sono:
- Bambini
ritenuti troppo piccoli per capire
- Bambini
ritenuti già grandi e quindi ci si rivolge a loro come se fossero degli
adulti
- Bambini
che ignorano completamente la
presenza di Dio nella loro vita.
- Bambini
che hanno un’infarinatura a tappe su quella che è la vita e la Parola di
Gesù (sono quelli che frequentano a salti, come le cavallette: un incontro
sì, due incontri no)
- Bambini
per i quali Gesù è Uno che toglie tempo per giocare ovvero…
uffa il catechismo! Proprio ora che stavo per raggiungere il sesto
livello al mio gioco preferito …
Bambini che… e lasciamo sospeso questo
‘’che’’ perché di situazioni strane
e diversificate ce ne sono ancora tante altre… lasciamo sospese tutte queste
altre categorie di bambini tranne una: quella dei BAMBINI!
Sì, PROPRIO QUELLA DEI BAMBINI!
Un bambino è un bambino: tutto qua!
Noi adulti tendiamo a categorizzare i
bambini per interesse, motivazioni, capacità di riflettere, di ragionare, di
stare attenti, di imparare… di raggiungere competenze… ma il mondo meraviglioso
dei bambini è semplicemente meraviglioso e, per quanto se ne dica, resta ancora
in gran parte inesplorato.
Proprio per questo, loro ci sorprendono
sempre, ci stupiscono, ci disarmano, come dicevo all’inizio, perché sono
imprevedibili: LA LIBERTÀ DELLA LORO ETÀ LI RENDE SPECIALI, MERAVIGLIOSI,
INIMITABILI!
Entrare nel mondo dei bambini non è come entrare in un
mondo surreale, come quello delle favole, ma in un mondo dove tutto è
meravigliosamente vero, dove tutto è scoperta, dove vige ‘’l’oh!’’, cioè lo stupore
di fronte alla bellezza che li circonda
e che solo il bambino sa cogliere ancora; noi facciamo fatica a liberarci
dalle nostre stratificazioni millenarie sotto le quali abbiamo sepolto la capacità
del nostro cuore di stupirsi, la libertà del nostro cuore di volare in alto, di
volare facendosi trasportare soltanto dal soffio leggero dell’Amore di Dio.
I bambini hanno un rapporto
privilegiato con Dio, non siamo noi che dobbiamo parlare a loro di Dio, ma sono
loro che ne parlano a noi, perché loro hanno una vicinanza speciale al Cuore di
Dio, sentono ancora su di loro il calore delle Sue Mani che li ha appena finiti di plasmare,
sentono ancora il Suo respiro caldo sulla loro pelle e nel loro cuore, la
dolcezza del Suo Sguardo e la Bellezza del Suo Regno nei loro occhi, i canti
angelici nei loro orecchi.
Sono loro che portano a noi la Presenza
di Dio, perché ne sono espressione diretta e concreta: loro stessi, con il loro
vivere sono la prima prova della Presenza di Dio.
Diceva Madre Teresa di Calcutta che ‘’Fino
a quando nascerà un bambino sulla terra è segno che Dio non si è stancato di
noi’’.
Un bambino è il primo segno della
Presenza di Dio e del suo Amore per gli uomini, nonostante i nostri rifiuti e
le nostre miserie.
Tornando a ‘’come parlare di Dio ai bambini?’’, la risposta sta nel
ribaltamento della domanda
‘’ Come i bambini parlano a noi di Dio?’’.
Ce ne parlano… parlandogli!
L’uomo è capace di Dio,
indipendentemente dall’età, dalle capacità intellettive, dalla sua cultura,
dalle sue origini. Ogni bambino ha in sé l’Impronta di Dio, è naturale per lui
cogliere il mistero di Dio, perché ancora lo respira nei suoi piccoli polmoni,
ne porta ancora addosso il profumo!
C’è una porta aperta dentro di lui che
gli permette di raggiungere Dio; non riuscirà più a farlo solo quando,
crescendo, deciderà di chiudere quella porta, di tagliare fuori Dio dalla sua
vita.
Quando il mondo insinuerà nei suoi
pensieri che Dio non esiste, che Dio è lontano, che Dio limita la sua libertà,
ecco che quella porta verrà chiusa e… quel bambino che parlava con Dio… non
ascolterà più la Sua Voce.
Restare bambini vuol dire, dunque,
mantenere quella porta aperta, mantenere quel contatto vivo, acceso, quel
dialogo costante, fiducioso, affettuoso.
Queste non sono solo belle parole, ma
sono la realtà, la meravigliosa realtà dei bambini che hanno parlato con Dio,
che lo hanno abbracciato con la dolcezza delle loro parole, che lo hanno
accarezzato con la purezza del loro cuore.
Di esempi ce ne sono tanti, proprio
tanti, la storia della Chiesa ne è piena
sin dall’inizio, bambini che hanno vissuto il mistero di Dio nelle loro piccole
vite, in ogni tempo e in ogni luogo, testimonianze splendide che danno conferma
al fatto che i bambini non solo sono capaci di Dio, ma ne comprendono il
mistero, la Sua Grandezza, la Sua Onnipotenza e non ne restano smarriti, ma ne
godono pienamente, come gli angeli in cielo.
I bambini sono più vicini a Dio di
quanto potessimo immaginare, siamo noi che ci complichiamo le cose con i nostri
razionalismi, con le nostre chiusure.
Non i dubbi, ma le paure ci allontanano
da Dio.
Il dubbio ci spinge alla ricerca; le
paure ci portano ad abbandonare la ricerca.
‘’Se non saprete farvi come bambini, nella novità del cuore e
della vita, non entrerete nel Regno dei Cieli’’ così recita il salmista.
L’essere bambini non significa essere
ingenui e creduloni, ma significa riuscire ancora a cogliere la novità del
cuore, lasciarsi ancora stupire dalla bellezza della vita, lasciarsi ancora
cullare dalle Braccia di un Padre che ci ha creati per amore e continua ad
amarci nonostante noi non siamo più capaci di amarlo con cuore puro, come
quando si era bambini.
Ciò che caratterizza il bambino è
dunque il suo essere aperto alla novità, la sua capacità di meravigliarsi, la
sua spontaneità nell’amare, il suo bisogno di essere amato… tutti elementi,
questi, che noi adulti forse dovremmo recuperare se vogliamo sentire forte la
Mano potente di Dio che stringe la nostra e ci guida fra le insidie del mondo.
I pensieri dei bambini non sono
corrotti, il loro cuore è puro, la loro fede non è astratta, ma incarnata nei
fatti stessi della loro vita.
Sono tante le testimonianze in tal
senso, dicevo, tutte splendidamente stupende, grandi insegnamenti da piccoli
testimoni dell’amore di Dio… sono loro che insegnano a noi a rapportarci con il
Signore, loro ci testimoniano la Presenza di Dio, loro ci confermano che Dio ancora
ci parla, che nonostante la nostra sordità Lui non si è stancato di parlare al
nostro cuore…
Se Israele mi ascoltasse… shemà Israel… è l’esclamazione ricorrente che dall’Antico
Testamento giunge fino a noi, senza mai perdere la forza profetica del suo
monito: schemà Israel – ascolta Israele – Israele è l’ uomo di ogni
tempo, io, tu, noi … tutti.
E’ l’ascolto che ci apre al sentire;
per sentire, però, occorrerebbe tacere; per tacere bisognerebbe trovare un
motivo valido… il motivo potrebbe essere quello del bisogno di ritrovare l’intimità con Dio, riscoprire la gioia di
parlare cuore a cuore con Dio, sentire il bisogno di interloquire con Qualcuno
che può guidarmi saggiamente sulle vie del mondo, di Qualcuno di cui posso
fidarmi totalmente.
Prima di ascoltare Dio, bisognerebbe
dunque sentire il bisogno di ascolto che urla dentro di sé.
L’ascolto di Dio viene dopo l’ascolto
di se stessi: devo prima scoprire di aver bisogno di ascoltare e poi potrò
mettermi all’ascolto.
Per scoprire tale bisogno, occorrerebbe
far tacere i bisogni del mondo, i bisogni del corpo che precedono quelli
dell’anima, occorre scoprire di avere un luogo interiore dove si può parlare
senza parlare, cioè senza pronunciare suoni, pur facendo uso di parole.
Nei bambini questo rapporto è nella sua
massima espressione, perché la Natura è completamente libera di
manifestarsi e realizzarsi nel suo modo
più bello, più alto e più completo.
Alla domanda di un bambino che
chiedeva, qualche giorno fa ‘’ Perché Dio
non ci parla più?’’, io risponderei con un’altra domanda ‘’Perché l’uomo non ascolta più?’’.
Non è Dio che non parla, ma è l’uomo
che non ascolta.
Un bambino di 7 anni se l’è chiesto… e
noi, uomini e donne adulte e mature, ce lo siamo mai chiesto? Ce lo siamo mai
posto il problema? Ci siamo mai preoccupati di capire se Dio parla o non parla,
come, quando, cosa ci dice, cosa ci chiede?
Io credo che di risposte affermative ce
ne siano poche, molto poche… perché?
La risposta è semplice: perché all’uomo
sta bene il silenzio di Dio!
Il bambino sente la nostalgìa di Dio,
l’uomo adulto non più.
L’uomo preferisce di gran lunga il
silenzio di Dio, perché il silenzio di Dio è garanzia della massima libertà
dell’uomo! O almeno… di questo l’uomo è convinto!
Ecco che non solo non si pone la
domanda del parlare di Dio, ma fa di tutto per impedirgli di parlare, così che
non interferisca nelle sue scelte, nelle sue decisioni.
All’uomo adulto sta bene, molto bene il
silenzio di Dio.
Nei bambini, invece, il silenzio di Dio
è quasi una violenza, perché è un’assenza, una mancanza, un vuoto, un bisogno che
non sa come soddisfare.
Il bambino avverte il disagio del
silenzio di Dio.
Il fatto che l’uomo non solo non
l’avverta, ma è contento di questo stato di cose, è sintomatico della malattia che ha colpito la sua anima e
che nessuno intende curare, per comodità, per pigrizia, per la convinzione che
senza Dio si vive meglio.
Di quale malattia parlo?
Dell’ANORESSIA SPIRITUALE!
Del voluto digiuno spirituale per impedire allo spirito di crescere.
Voluto
per comodità, ovviamente, per non dover fare i conti con nessuno, né con se
stessi né con altri, né con Dio.
I bambini ci dicono il contrario, ce lo
dicono con la loro vita, con la spontaneità del loro essere, con la profondità
del loro pensare, con l’immensità dell’umiltà del loro cuore.
I bambini chiedono di nutrirsi di Dio, hanno
fame di Dio.
Noi ci preoccupiamo più di come parlare
che di parlargli e basta, con quella stessa semplicità con la quale affrontiamo
con loro ogni altro argomento di questo mondo.
Le
tante testimonianze di santità infantile ci confermano che un bambino di pochi
anni è in grado di comprendere anche il mistero della Trinità, di sentire e
cogliere la presenza di Gesù nell’Eucarestia, di sentire forte dentro di sé il
bisogno di Gesù, di comprendere anche l’enorme problema dell’ecumenismo… un
bambino è in grado di cogliere il dolore di Gesù lungo il Calvario, il dolore
di Maria… l’Amore di Dio.
A conferma di ciò, vi riporterò alcune
testimonianze concrete, figure esemplari di bambini/e e ragazzini/e vissuti in epoche e in luoghi
diversi, alcuni sono nomi noti, altri meno noti, ma tutte sono vite vissute, formatesi
sul campo… sono i santi-bambini che ci parlano dell’amore gratuito che Dio
offre all’uomo e dell’ amore gratuito che l’uomo offre a Dio, in un reciproco
donarsi, in un reciproco ascoltarsi, in un reciproco accogliersi, in un
reciproco amarsi…
Ci
parlano del mistero di Dio che opera misteriosamente.
E
ci parlano anche del mistero dell’uomo che ama Dio così tanto da riuscire a comprendere
l’incomprensibile, a raggiungere l’irraggiungibile,
ad amare l’impercettibile, a sentire l’inaudibile…
I bambini sanno fare oh!
I
bambini sanno ascoltare l’ OH ETERNO!
E
mentre gli adulti si preoccupano di come parlare di Dio ai bambini (e intanto si
dimenticano di parlare a Dio da adulti), i bambini parlando a Dio… parlano di Dio agli adulti!
Fra
le tante esperienze di fede dei bambini mi ha colpito una in particolare, poco
o per niente conosciuta che è invece una testimonianza davvero eccezionale, come
a dire: quando Dio parla… i bambini ascoltano, gli adulti negano e cercano
spiegazioni che non possono spiegare il niente che negano; gli adulti sono
pieni di contraddizioni, i bambini sono pieni di Dio e Dio è quell’OH di
meraviglia che solo i bambini sanno capire con uno sguardo, una parola, un
movimento improvviso del cuore.
I bambini
sono felici quando fanno ‘’OH!’’,
quando cioè scoprono la meraviglia dell’esistere.
Gli
adulti sono felici quando possono dire ‘’HO’’,
cioè possiedo tutto quello che esiste.
La differenza
fra i due atteggiamenti è, a dir poco, abissale!!!

E la differenza consiste nel fatto che ... i bambini hanno un cuore infiammato d'amore divino...
gli adulti hanno un cuore spento dall'amore umano!
V i
riporterò, in questi giorni, alcune esperienze davvero speciali di bambini che
hanno avuto un rapporto straordinario con Dio, pur nella semplicità del
rapporto stesso; oggi, invece, vi racconto una storia molto particolare, che
sembra quasi una favola, quasi una storia nata dalla penna di uno scrittore,
invece è storia vera, straordinariamente vera e forse proprio per questo ci
risulta ‘’incomprensibile’’… ma è incomprensibile solo a chi non ha mai sperimentato
o non ha mai creduto nel Potente Amore di Dio…
I Nove fratelli Martiri di Kola:
Guram, Adarnase, Baqar, Vache, Bardzim, Dachi, Juansher, Ramaz, Pharsman
Commemorati il 22 febbraio
Molti secoli fa, il villaggio di Kola era situato alla sorgente del fiume Mtkvari. Cristiani e pagani ci abitavano insieme come vicini. Un giorno i bambini, cristiani e pagani, stavano giocando insieme, ma quando i bambini cristiani sentirono suonare le campane della chiesa, avendo riconosciuto la chiamata alla preghiera lasciarono cadere i loro giochi. Nove bambini pagani – Guram, Adarnerse, Baqar, Vache, Bardzim, Dachi, Juansher, Ramaz e Parsman – seguirono i bambini cristiani in chiesa.
Ma i cristiani regolarmente li fermarono alle porte della chiesa e li rimproverarono dicendo: “Voi siete figli di pagani. Non potete entrare nella santa casa di Dio”, e se ne andarono via dispiaciuti e tristi.
Un giorno i nove bambini pagani cercarono di entrare in chiesa con la forza, ma furono scacciati e sgridati. “Se desiderate entrare in chiesa, dovete credere nel Signore nostro Gesù Cristo ed essere battezzati nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito”, gli venne detto, “è necessario ricevere la Santa Comunione e unirsi alla comunità dei credenti cristiani”.
Con grande gioia i giovani promisero ai cristiani che avrebbero ricevuto il santo battesimo. Quando i cristiani di Kola riferirono al loro sacerdote la buona notizia del desiderio dei ragazzi pagani, egli ricordò le parole dell’Evangelo: «Colui che ama il padre o la madre più di me non è degno di me: e colui che ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me. E colui che non prende la sua croce, e non mi segue, non è degno di me (Matteo 10: 37-38).
Egli non aveva paura della rabbia che sarebbe seguita da parte della comunità pagana, ma prese i ragazzi in una notte fredda d’inverno e li battezzò nel fiume gelato. Mentre il Santo Sacramento veniva celebrato accadde un miracolo: l’acqua divenne calda e una moltitudine di angeli apparve ai giovani. Grandemente incoraggiati nella loro fede, i bambini decisero di rimanere nella comunità cristiana, piuttosto che ritornare dai loro genitori.
Quando i loro genitori vennero a sapere che erano stati battezzati nella fede cristiana, trascinarono i loro bambini lontano dalla chiesa, picchiandoli e battendoli per costringerli tutti sulla strada di casa. Lì i bambini eroicamente subirono oltraggi e, sebbene fossero affamati e assetati da sette giorni, ripeterono ancora e più volte: “Noi siamo cristiani e non mangeremo o berremo qualcosa che è stato preparato per gli idoli!”.
Né lusinghe gentili, né abiti ricchi, né promesse di buone cose a venire poterono tentare i giovani timorati di Dio. Piuttosto, dissero: “Siamo cristiani e non vogliamo avere nulla da voi, solo che ci lasciate e ci permettiate di unirci alla comunità cristiana!”.
I genitori infuriati andarono dal principe e gli riferirono tutto ciò che era accaduto. Ma il principe non fu loro di alcun aiuto, ma semplicemente disse loro: “Sono i vostri figli, fate con loro come volete”. I pagani ostinati gli chiesero l’autorizzazione a lapidare i bambini. Così scavarono una grande fossa nei pressi del luogo in cui i giovani erano stati battezzati, ed i bambini vi furono gettati dentro.
“Siamo cristiani, e moriremo per Colui nel quale siamo stati battezzati!”, proclamarono i santi martiri, i nove bambini di Kola, prima di offrire le loro anime a Dio.
I loro atei genitori presero le pietre, e gliele scagliarono, finché la buca fu interamente riempita. Poi andarono e picchiarono a morte il sacerdote, derubandolo, e dividendo il bottino tra loro.
La lotta dei Nove martiri bambini Giusti di Kola avvenne nel VI secolo, nella regione storica di Tao nel sud della Georgia.