sabato 30 novembre 2013


  
BREVE STORIA DEL DOGMA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE

Nella storia dei dogmi, quello dell’Immacolata Concezione reca con sé una peculiarità che

lo rende unico: la sua definizione per opera di Pio IX, nel 1854, nasce non tanto dalle

attestazioni scritturistiche o dalla tradizione più antica, quanto, e qui sta il tratto di unicità,

dall’approfondimento del sensus fidelium e del Magistero.

La Dei Verbum 8 sembra essere il testo che meglio risponde al contesto che ha generato

la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione: è lo Spirito Santo che matura il

sensus fidei del popolo cristiano tanto da renderlo capace di una percezione spontanea

del dato rivelato e di una maturazione interiore del dato stesso grazie alla riflessione,

all’esperienza e alla predicazione.

Nella storia del dogma dell’Immacolata Concezione è certo che vi è una precedenza

assoluta del sensus fidei sulla Teologia che ha, invece, indugiato sui pro e i contra del

privilegio mariano.

Nei primi secoli del Cristianesimo nella dottrina dell’Immacolata Concezione è il

parallelismo tra Eva e Maria, secondo una duplice relazione di somiglianza e di

opposizione.

Sulla base della prima, come Eva fu plasmata senza macchia dalle mani di Dio,

similmente Maria doveva essere creata da Dio, Immacolata. Per opposizione, Colei che

doveva essere la restauratrice delle rovine di Eva, non poteva essere travolta dal peccato.

Tale parallelo è ripreso in maniera molto pertinente ed efficace anche dal concilio Vaticano

II, nella costituzione Lumen Gentium

Nel secolo V, Procolo sostenne un intervento speciale di Dio nella creazione della futura

Madre di Dio, perché fosse una creatura nuova, formata “da un’argilla monda” come Adamo prima

 del peccato. Questo testo fu stimato tanto degno della dimostrazione immacolista da confluire nel

 testo della bolla Ineffabilis Deus.

L’altro testo, tratto dal Contra Iulianum di Agostino, è una risposta a Giuliano il quale

obiettava al fatto che per Agostino, data l’universalità del peccato originale, anche Maria

era assoggettata al potere di Satana. Agostino a queste osservazioni risponde: “… non

assegniamo Maria al diavolo per la condizione del nascere, ma per questo: perché la

stessa condizione del nascere è risolta dalla grazia del rinascere”. Questa affermazione su

Maria fa chiaramente comprendere come per Agostino l’assenza in Maria del peccato

originale, sia effetto della grazia di Dio. Nel corso degli anni, l’indagine biblica e patristica

si arricchì di nuovo dati, tanto che nella sessione VI del Concilio di Trento (1546) non

mancarono coloro che si appellarono alla definizione dogmatica dell’Immacolata

Concezione. Alessandro VII con la promulgazione della Costituzione Sollicitudo omnium

Ecclesiarum determinava l’oggetto preciso della festa, precisando che si trattava della

preservazione dell’anima della Vergine dalla colpa originale, nel primo istante della sua

creazione e infusione al corpo, per speciale grazia e privilegio di Dio, in vista dei meriti di

Cristo suo Figlio, Redentore del genere umano.

Sarà proprio questa vivacità del culto mariano che porterà papa Pio IX ad affrontare la

questione dell’Immacolata Concezione in vista di una definitiva proclamazione del dogma.

L’opinione assolutamente favorevole alla definizione del dogma spinse il pontefice alla

preparazione della bolla Ineffabilis Deus con la quale fu definito il dogma della Immacolata

 Concezione:

“Dopo aver offerto a Dio, attraverso il suo Figlio, nell’umiltà e nel digiuno, le preghiere della Chiesa e le nostre, perché si degnasse di dirigere e confermare il nostro pensiero con la grazia dello Spirito Santo, invocando l’aiuto della Chiesa trionfante ed implorando con gemiti lo Spirito Santo stesso, con la sua assistenza, a onore della Santa e indivisa trinità, - ad onore e decoro della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica e per lo sviluppo della religione cristiana, - con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente a lei concesso in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata da ogni macchia di colpa originale fin dal primo istante della sua creazione, è stata da Dio rivelata, ed è perciò da credere fermamente”.

L’Arcidiocesi e la città di Gaeta, come ebbe a dire il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella

storica Visita del 25 giugno 1989, sono la culla del dogma dell’Immacolata Concezione.

Da qui, infatti, il Beato Pio IX, durante il periodo della sua permanenza a Gaeta (1848),

pregando davanti alla bella immagine dell’Immacolata nella Cappella d’Oro, andò

confermandosi nella definitiva decisione della proclamazione di quel dogma.

Da Gaeta il 2 febbraio 1849 emanò l’enciclica Ubi Primum, con la quale chiedeva a tutti i

Vescovi della Chiesa di esprimere il proprio parere in merito. Il risultato di quel "concilio di

carta", come lo aveva definito San Leonardo da Porto Maurizio, evangelizzatore delle

nostre terre, fu la solenne proclamazione del dogma.

Solo quattro anni dopo questa solenne dichiarazione del Papa, quasi a conferma e sigillo,

la Vergine Santissima, presso la grotta di Massabielle-Lourdes, in aspetto giovanile e

affabile, vestita di candido abito e candido mantello, cinta di una fascia azzurra, alla

fanciulla, Bernadette Soubirous, che con insistenza chiedeva il nome di colei che si era

degnata di apparirle, elevando gli occhi al cielo e con soave sorriso rispose: "io sono

l’Immacolata Concezione".

Il metodo seguito nella bolla dogmatica, partendo dal consenso attuale della Chiesa e

interpretando in questa luce le testimonianze passate, apriva nuove vie alla teologia,

largamente seguite da quel momento.

Al momento della definizione, nel 1854, esistevano in tutta la Chiesa latina tre formulari

di Messa e Ufficio, ma Pio IX sollecitato da molti vescovi e per sua decisione ordinò nel

1863 la redazione di un nuovo testo liturgico che rispondesse alla definizione dogmatica e

rendesse con precisione la verità definita. Il testo definitivo, preparato da Mons. Bartolini,

segretario della Congregazione dei riti, fu approvato il 27 agosto del 1863.

La festa fu denominata dell’ IMMACOLATA CONCEZIONE.

LA GIOIA DI UN SALUTO

Papa Francesco, sin dal primo istante della sua elezione, ci sta rivoluzionando la vita con la sua … sconcertante semplicità…

Il suo ‘’buonasera’’ è stato il suo biglietto da visita, la sua carta d’identità; ci ha mostrato che non c’è bisogno di molte parole quando il cuore è in comunione con i fratelli, con il popolo di Dio; basta un ‘’buonasera’’ e già ognuno capisce che è ‘’uno di noi, che è con noi, che è per noi’’.

Un ‘’buonasera’’ ha sconvolto un mondo intero, ha annullato le distanze, geografiche e culturali, ideologiche e religiose; ha riposizionato i cuori, vicini e lontani, nel Cuore della Cristianità, nel Cuore di Cristo, Centro di Vita e di Speranza.

Riflettendo su questo, pensavo a quanta forza può portare in sé un saluto; a quanta gioia può dare un saluto; a quanto faccia bene, tanto a chi lo dà quanto a chi lo riceve,  e quanto ci faccia sentire vicini un saluto semplice e sincero.

E mi chiedevo: se un ‘’buonasera’’ scuote il nostro cuore così profondamente,  se basta un saluto perché uno ‘’sconosciuto’’ diventi immediatamente parte integrante della nostra vita, allora perché non dirselo un po’ più spesso; sarà bello riscoprire la gioia di un saluto che è anche un augurio, sarà bello alzarsi al mattino ed augurarsi ‘’buongiorno’’ e chiudere la giornata con un ‘’buonanotte’’.

E se è bello dare e ricevere un saluto fra noi, pensavo quanto questo possa essere altrettanto bello e gradito anche al Signore.

 
Rivolgere un pensiero al mattino al Signore per ringraziarlo per il nuovo giorno,

per chiedere la sua compagnia per tutto il giorno,

per chiedere Forza e Speranza,

Consolazione, Guarigione e Perdono.


L’anima esulta e il Signore gioisce!


È bello dar lode al Signore al mattino per il giorno che viene

Ed è bello dar lode al Signore per il giorno trascorso.

È bello addormentarsi nelle sue Braccia ogni sera.

È bello sapere che il Pastore non si addormenta,

è bello sapere che Qualcuno veglia di noi.

È bello sapere che c’è Qualcuno che ci ama tanto

da voler condividere ogni istante della nostra vita.

È bello affrontare il giorno sapendo di non essere soli.

 

Un saluto esprime affetto, gioia, fratellanza… piacere di vivere!
 

Si può salutare il Signore ad ogni spuntar del sole in tanti modi:

·         un brevissimo saluto ‘’Buongiorno Signore’’

·         una semplice preghiera ‘’ Ti adoro, mio Dio e ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio di avermi creato e conservato in questa notte…’’

·         anche con un dolcissimo  canto, ve ne suggerisco uno ‘’ Mia forza e mio canto è il Signore, Israele in eterno è il Salvatore…’’

 

Proviamoci… scopriremo che in due si affrontano meglio le fatiche di ogni giorno.
 
Il Signore è sempre disponibile ad accompagnarci… semmai dobbiamo riscoprire la nostra disponibilità nel farci accompagnare da Colui che ci ama!
 
E' bene per noi confidare nel Signore
il suo amore è per sempre!

BUONA GIORNATA A TUTTI
 in compagnia di
GESU' E DI MARIA !

giovedì 28 novembre 2013

ANNO DELLA FEDE 2013
Al termine dell’ANNO DELLA  FEDE, appena concluso, ci piace rivolgere un saluto e un pensiero al papa emerito Benedetto XVI, riportando un breve passaggio della sua  Lettera apostolica PORTA FIDEI, con la quale inaugurava l’apertura dell’anno della fede da lui voluto e indetto:
‘’Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio,  soprattutto in questo Anno…’’

Un impegno, naturalmente, che deve essere fatto proprio, come papa Benedetto XVI ci invita a fare ma che non deve durare ‘’un anno’’, naturalmente, ma tutti gli anni della propria vita, un impegno a vita, perché la fede non la si raggiunge una volte per tutte, ma  è un crescendo di esperienze e di promesse, di impegni e di scoperte che non hanno mai termine...

La fede si continua a scoprire sempre nuova,
sempre debole,
sempre bisognosa di rinforzo e di verifica.
La fede cresce insieme a noi,
e potrà raggiungere  la maturità
solo se la mettiamo alla prova ogni giorno
e l’alimentiamo con la preghiera del cuore.

La fede è una fiamma
che si spegne ad ogni leggero soffio di vento.
È solo la preghiera che può irrobustirla
  e renderla forte per poter resistere alle bufere.
La preghiera è l’olio che alimenta la lampada della fede.
Cerchiamo di tenerne sempre in abbondanza,
per non trovarci sprovvisti come le vergini stolte
al ritorno dello Sposo.

Chiediamo al Signore quest’olio
per rafforzare la fragilità della nostra fede
 e renderci forti nelle battaglie della vita.
 
E' la fede che rende ragione della nostra Speranza.




IN PREGHIERA CON… Rabindranath Tagore
Dammi
Dammi solo poco,
perché non dimentichi mai
di chiamarti il mio tutto.
Lasciami solo poco,
perché in ogni luogo
senta bisogno di te,
perché senza ritegno
possa tornare da te,
perché in ogni momento
possa offrirti il mio cuore.
Lasciami solo poco,
perché i tuoi doni
non ti nascondano mai;
dammi una sola catena
con cui possa legarmi
al tuo viso per sempre;
lascia che il tuo desiderio
inanelli la mia vita
e diventi catena per te.

mercoledì 27 novembre 2013


CAMMINIAMO SULLA STRADA
CHE HAN PERCORSO I SANTI TUOI...
 
SANTA CATERINA LABOURE’

28 NOVEMBRE

Zoe Labourè nacque il 2 maggio 1806, ottava di dieci figli di un piccolo proprietario terriero francese.

Fu l’unica della famiglia che non riuscì mai ad andare a scuola; la madre morì quando lei aveva otto anni e dopo poco dovette sostituire, in veste di casalinga e assistente del padre, la sorella Louise, che lasciò la famiglia per diventare suora della Carità.

A 14 anni anche Zoe sentì di avere la vocazione per la vita religiosa, ma il padre era contrario all’idea e la mandò a Parigi a lavorare come cameriera nel caffè di uno dei suoi fratelli. Ma ciò non produsse nessun effetto e il padre dovette accettare la sua richiesta concedendole il permesso di entrare nelle suore della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, con il nome di Caterina, poi passò nel convento in rue du Bac a Parigi.

Il giorno d’inizio delle celebrazioni per la traslazione delle reliquie di S. Vincenzo de’ Paoli ebbe la sua prima visione. Il 27 novembre le apparve la Madonna in piedi su una sfera, con raggi di luce che uscivano dalle sue mani, circondata dalle parole ‘’O Maria generato senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te ’’.

Quando la Madonna si girò di spalle, Caterina vide una M maiuscola con una croce sopra e due cuori  sotto, uno incoronato di spine l’altro trafitto da una spada.

Una voce le diceva di imprimere la visione su un medaglione, con la promessa della grazia a chi lo avesse portato con devozione.

Caterina si confidò con il suo confessore che riuscì ad ottenere il permesso dall’arcivescovo di Parigi di far coniare il medaglione. Nel giugno 1832 furono prodotte le prime 1500 medaglie miracolose

4 anni dopo, l’arcivescovo di Parigi aprì un’inchiesta su queste visioni, ma Caterina non volle presentarsi per non perdere l’anonimato; il tribunale alla fine diede un giudizio favorevole all’autenticità delle sue visioni.

Una delle conversioni più conosciute ad opera della medaglia miracolosa è quella dell’ebreo alsaziano Alfonso di Ratisbona, inizialmente molto riluttante, ma che avendo accettato di portare la medaglia ed ebbe una visione uguale a quella di Caterina; divenne cristiano, poi sacerdote, infine fondò la Congregazione di Notre-Dame de Sion e i Padri di Sion.

La conversione di Alfonso di Ratisbona fu utilizzata per la causa di beatificazione di Caterina.

Caterina trascorse il resto della sua vita nel convento a Engien- Revilly come custode, badando al pollame o assistendo gli anziani nell’ospizio, restando nascosta e silenziosa. I superiori la definirono ‘’piuttosto insignificante, prosaica e non irritabile, fredda quasi apatica’’.

Solo 8 mesi prima di morire confidò la grazia ricevuta alla sua superiora, suor Dufes.

Dopo la sua morte, si narra che un ragazzo di 12 anni, storpio dalla nascita, sia guarito dopo essere stato portato sulla sua tomba.

Caterina Labourè è stata canonizzata nel 1947; le sue reliquie si trovano nella cappella del convento di rue du Bac, dove aveva avuto le visioni.


IN PREGHIERA CON... SANT'AGOSTINO

Tu mi hai chiamato Signore,

e il tuo grido ha vinto

la mia sordità;

hai brillato

e la tua luce ha vinto la mia cecità;

hai diffuso il tuo profumo

e io l’ho respirato,

ed ora anelo a te;

ti ho gustato

ed ora ho fame e sete di te;

mi hai toccato,

ed ora ardo dal desiderio

della tua pace.

martedì 26 novembre 2013


 
CAMMINIAMO SULLA STRADA
CHE HAN PERCORSO I SANTI TUOI...

S. GIACOMO L’INTERCISO
27 NOVEMBRE
Giacomo è la vittima più conosciuta della seconda grande persecuzione di Persia, che iniziò nel 420.
Era uno stretto alleato del re Yazdigerd I, che aveva dichiarato guerra alla religione cristiana; Giacomo preferì  fingere di rinnegare la sua fede piuttosto che perdere l’amicizia del re.
Questo addolorò molto la moglie e la madre che alla morte di Yazdigerd, gli scrissero per rimproverarlo e ammonirlo. Fortemente scosso dalla loro lettera, cominciò a pentirsi per ciò che aveva fatto. Non si presentò più  a corte, rinunciando ai suoi onori e biasimandosi pubblicamente.
Giacomo fu convocato dal nuovo re, Barham V, che lo accusò di ingratitudine e lo minacciò di una morte lenta.
Il tentativo di scuoterlo fallì e fu condannato alla tortura che prevedeva lo stiramento dei muscoli e degli arti: ‘’intercisus’’ significa ‘’tagliato a pezzi’’.
La minoranza cristiana pregava per la sua perseveranza. Dopo aver nuovamente respinto i tentativi dei boia di persuaderlo a rinnegare la sua  fede, Giacomo accettò con serenità la durissima prova per tutta la sua durata, finchè uno dei boia lo decapitò.


 
S. LEONARDO DA PORTO MAURIZIO

26 NOVEMBRE 

Paolo Girolamo Casanova nacque il 20 dicembre 1676 a Porto Maurizio, vicino a La Spezia; a tredici anni il padre, un marinaio esperto, lo affidò alle cure di un ricco zio di Roma, che lo iscrisse al collegio gesuita della città, dove studiò letteratura e filosofia e cominciò anche a capire che aveva una vocazione religiosa.
Lo zio, che desidera fosse medico, s’oppose e infine lo cacciò di casa; fortunatamente Paolo riuscì a trovare asilo presso un altro parente, Leonardo Ponzetti, con cui rimase finchè non ricevette il permesso del padre di diventare frate.
Nel 1697 ricevette la tonaca nel noviziato francescano a Ponticelli, con il nome di Leonardo.
Fu ordinato sacerdote nel 1702. Nel convento di S. Bonaventura di Roma; per tutta la vita mise in pratica  l’ideale di un attivo lavoro missionario combinato con l’austerità e la solitudine che apprese proprio in questo convento, un ramo dei francescani riformati.
Suo desiderio era sempre stato quello di recarsi in missione, ma subito dopo l’ordinazione contrasse la tubercolosi e fu informato che sarebbe rimasto in Italia.
Nel 1709 fu inviato con un gruppo di frati a S. Francesco del Monte a Firenze, dove si riprese a seguire l’ideale francescano di povertà. Leonardo fu nominato guardiano del convento.
Un parroco scrisse della sua attività in quella zona: ‘’Solo Dio sa quanto bene ha fatto qui; le sue prediche hanno toccato il cuore di tutti… tutti i confessori in città avranno un duro lavoro da svolgere’’.
Istituì un eremo sulle montagne vicine, dove i frati potevano ritirarsi per brevi periodi per vivere in solitudine e semplicità, mentre si rigeneravano spiritualmente.
Leonardo risiedette a Firenze per molti anni, poi gli fu chiesto di predicare anche altrove.
La sua prima missione fu a Roma come guardiano del S. Bonaventura, qui predicò a soldati, marinai, condannati, galeotti…
In seguito iniziò nuove attività in Umbria, nelle Marche, a Genova… attraendo una folla tale da essere costretto ad uscire dalla chiesa e predicare all’ap
Incoraggiò l’esposizione del SS. Sacramento e la devozione al Sacro Cuore e alla Madonna.
Fu consigliere spirituale di molte persone tra cui anche la moglie di Giacomo III d’Inghilterra.
Nel 1744 il papa Benedetto XIV lo mandò in Corsica dove la religione era trascurata e l’ordine  in generale decaduto.
Questa fu la missione più dura e difficile perché fu accolto con una certa ostilità.
Tuttavia Leonardo perseverò nel predicare, nonostante molti si presentarono al suo cospetto armati.
All’età di 68 anni, il duro lavoro, gli intrighi e la costante necessità di essere vigile  cominciarono a minare la sua salute; dopo due mesi era così malato che fu imbarcato su una nave per ritornare a casa.
Una volta rimessosi, continuò a predicare e a ospitare suore e laici.
Nel 1750, anno del Giubileo, ottenne il permesso dal papa di istituire le stazioni della croce nel Colosseo.
Nella primavera successiva,  fu mandato a predicare a Lucca; agli inizi di novembre, conscio di aver ultimato il suo lavoro, ripartì per Roma.
La sera del 26 novembre si coricò, ricevette gli ultimi sacramenti , alle nove di sera giunse un messaggio molto affettuoso da parte del papa. Leonardo  morì prima della mezzanotte.
Fu beatificato nel 1796 e canonizzato nel 1867.
È invocato come protettore del clero e dei missionari nei paesi cattolici.