"Quando
Gesù apparve ai discepoli la sera di Pasqua " mostrò loro le mani e i
piedi",
di don
Tonino Bello
Carissimi,
Io non so se nell'ultima cena, dopo
che Gesù ebbe ripreso le vesti, qualcuno dei dodici si sia alzato da tavola e
con la brocca, il catino e l'asciugatoio si sia diretto a lavare i piedi del
maestro. Probabilmente no. C'è da supporre comunque che dopo la sua morte
ripensando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che rimproverarsi
l'incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore. Possibile mai, si saranno detti,
che non ci è venuto in mente di strappargli dalle mani quei simboli del
servizio, e di ripetere sui suoi piedi ciò che egli ha fatto con ciascuno di
noi? Dovette essere così forte il disappunto della Chiesa nascente per quella
occasione perduta, che, quando Gesù apparve alle donne il mattino della
risurrezione, esse non seppero fare di meglio che lanciarsi su quei piedi e
abbracciarli. "Avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono". Ce
lo riferisce Matteo, nell'ultimo capitolo del suo Vangelo. Gli cinsero i piedi.
Non gli baciarono le mani o gli strinsero il collo. No. Gli cinsero i piedi! Erano già
bagnati di rugiada. Glieli asciugarono, allora con l'erba del prato e glieli
scaldarono col tepore dei loro mantelli. Quasi per risarcire il maestro, sia
pure a scoppio ritardato, di una attenzione che la notte del tradimento gli era
stata negata. Gli cinsero i piedi. Fortunatamente avevano portato con sé profumi
per ungere il corpo di Gesù. Forse ne ruppero le ampolle di alabastro e in un
rapimento di felicità riversarono sulle caviglie del Signore gli olii aromatici
che furono subito assorbiti da quei fori: profondi e misteriosi, come due pozzi
di luce. Gli cinsero i piedi. Finalmente!
Verrebbe voglia di dire. Ma chi sa in quel ritardo ci doveva essere anche tanto
pudore. Forse la chiesa nascente rappresentata dalle due Marie prima di
cadergli davanti nel gesto dell'adorazione aveva voluto aspettare di proposito
che Gesù riprendesse davvero le vesti. Non quelle che aveva momentaneamente
deposto prima della lavanda. Ma quelle veramente inconsutili del suo corpo
glorioso.
Carissimi fratelli, oggi voglio dirvi che la Pasqua è tutta qui.
Nell'abbracciamento di quei piedi. Essi devono divenire non solo il punto di
incontro per le nostre estasi d'amore verso il Signore, ma anche la cifra
interpretativa di ogni servizio reso alla gente, e la fonte del coraggio per
tutti i nostri impegni di solidarietà con la storia del mondo. Non c'è da illudersi. Senza questa
dimensione adorante, espressa dal gruppo marmoreo di donne protese dinanzi al
risorto, saremo capaci di organizzare solo girandole appariscenti di sussulti
pastorali. Se non afferriamo i piedi di Gesù, lavare i piedi ai marocchini, o
agli sfrattati, o ai tossici, non basta. Non basta neppure lavarsi i piedi a
vicenda, tra compagni di fede. Se la preghiera non ci farà contemplare speranze
ultramondane attraverso quei fori lasciati dai chiodi, battersi per la
giustizia, lottare per la pace e schierarsi con gli oppressi, può rimanere solo
un'estenuante retorica. Se, caduti in ginocchio, non interpelleremo quei piedi
sugli orientamenti ultimi per il nostro cammino, giocarsi il tempo libero nel
volontariato rischia di diventare ricerca sterile di sé e motivo di vanagloria.
Se l'adorazione dinnanzi all'ostensorio luminoso di quelle stigmate non ci farà
scavalcare le frontiere delle semplici liberazioni terrene, impegnarsi per le
promozione dei poveri potrà sfiorare perfino il pericolo dell'esercizio di
potere. Non basta avere le mani bucate. Ci vogliono anche i piedi forati. E'
per questo che quando Gesù apparve ai discepoli la sera di Pasqua "mostrò
loro le mani e i piedi". E poi, quasi per sottolineare con la
simbologia di quei due moduli complementari che senza l'uno o l'altro, ogni
annuncio di risurrezione rimarrà sempre mortificato, aggiunse: "Guardate
le mie mani e i miei piedi: sono proprio io". Mani e piedi, con tanto di marchio!
Ecco le coordinate essenziali per ricostruire la carta d'identità del risorto.
Mani bucate. Richiamo a quella inesauribile carità verso i fratelli, che si fa
donazione a fondo perduto. Piedi forati. Appello esigente a quell'amore
verso il Signore, che ci fa scorgere il senso ultimo delle cose attraverso le
ferite della sua carne trasfigurata.
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