MORIRE… CON
DIGNITA’!?
Non so se mi ha fatto più male la notizia della scelta di Brittany di ‘’lasciarsi
morire’’ o le parole con le quali è stata data la notizia al TG, che portavano
con sé tutto il sapore dolciastro dello scoop e tutta l’amarezza insopportabile
della sconfitta: ‘’ha scelto di MORIRE CON
DIGNITA’ ‘’.
Così il mondo ha appreso della morte di Brittany che ha organizzato la
sua morte come l’evento più importante della sua vita.
Ma mi chiedo: COSA C’ENTRA
LA DIGNITA’ CON IL SUICIDIO PREMEDITATO ED ORGANIZZATO?
C’è da chiederselo e c’è anche da darsi delle risposte plausibili…
ammesso che ci siano!
La nostra tendenza ad addolcire con parole ‘’importanti’’ anche le
notizie più devastanti ha raggiunto davvero il limite… se non l’ha già
oltrepassato da tempo!
È di moda la parola ‘’DIGNITA’
‘’ in questi ultimi giorni, tirata in ballo dal papa nelle sue udienze e nei
suoi appelli al mondo sulla ‘’dignità del lavoro, dignità della vita, dignità
della famiglia…’’ ed ecco che il mondo subito la strumentalizza mettendola
dappertutto, anche dove proprio cozza contro la crudeltà del concetto che
accompagna: un suicidio assistito non è
certo una morte dignitosa!
Certo che non lo è! Guai se lo fosse!
Autorizzerebbe i tanti milioni di persone in tutto il mondo, dichiarati ''senza speranza'' dalla scienza, a
togliersi la vita, creando in loro la convinzione di aver fatto ‘’un atto di
carità verso se stessi’’, un gesto di attenzione al proprio corpo… è terribile
questo!
È terribile perché le parole trasformano i valori, li fanno apparire
per ciò che non sono, li deviano dal loro concetto di fondo, pervertono le
idee, stravolgono le convinzioni, distruggono il concetto di ‘’VALORE’’ stesso, perché diventa una
sorta di contenitore dove ci si può mettere di tutto, anche la morte assistita che diventa così ‘’dolce, giusta, desiderabile’’ solo perché
è l’uomo che può scegliersela da solo!
La sua vita è soltanto nelle sue mani, può farne ciò che vuole… è l’eco
di quel ‘’il corpo è mio e me lo gestisco
io’’ che ha riempito le bocche dei sessantottini svuotandone per sempre il
cuore.
‘’La dolce morte’’ non può e non potrà mai essere un valore, non ha
niente a che fare con i valori, non solo con quelli tipicamente cristiani, ma
nemmeno con quelli etici che riguardano l’intera Umanità: il concetto di
eutanasia che significa appunto ‘’dolce
morte’’ è un termine coniato per depistare ed invertire il concetto di vita
con quello di morte e viceversa.
Perché si è arrivati a tanto? Come abbiamo potuto permettere che si
arrivi a tanto?
Una domanda la cui risposta spaventa… terrorizza!
C’è una Umanità, non una generazione sola, ma un’ intera Umanità,
composta da ogni fascia di età e da ogni provenienza sociale, che mostra al
mondo la sua fragilità!
Smarrito il concetto di VITA ecco che emerge negli uomini tutta la
fragilità della carne, delle emozioni, della speranza.
Il suicidio assistito altro non è se non la sconfitta del cuore!
La sconfitta dell’uomo.
La sconfitta della vita.
La sconfitta della Scienza… perché quando la Scienza non può
risolvere, non può intervenire oltre certi limiti ecco che s’inventa una
soluzione estrema: dato che non posso salvarti, posso aiutarti a morire e posso anche addolcirti ed abbreviarti la morte!
Vi sembra una soluzione questa!
A scuola capita, a volte, di trovarsi di fronte ad un ragazzo che è
fiero del suo sapere, sempre pronto a dare le risposte giuste, anche quelle più
difficili, sembra sicuro di sé, un genio che tutti vorrebbero come figlio; poi
accade che un giorno di fronte alla sua incapacità di svolgere una consegna
assegnata, egli scoppi in lacrime e si rifiuti di eseguire il compito, perché si trovato di fronte a qualcosa che si rende
conto non è in grado di svolgere; la sua fierezza si trasforma in rabbia e rifiuto
di mettersi alla prova. Le sue lacrime ne rivelano la fragilità, il suo rifiuto
la sconfitta morale, uno schiaffo morale al suo orgoglio lievitato in maniera
abnorme.
Sono situazioni reali che si verificano tutti i giorni fra i banchi
della scuola.
È la stessa reazione della Scienza davanti al confine della Morte: la
Scienza, gonfia dei suoi successi, non accetta i suoi limiti e rivela tutta la
sua fragilità nel momento in cui condisce di dignità e di dolcezza la
sua sonora sconfitta! La scienza non versa lacrime, ma esulta per il risultato
raggiunto: è riuscita a far passare per vittoria la sua più disastrosa
sconfitta: non ti lascio sola di fronte
all’inevitabilità della morte, ma ti accompagno come un caro amico, non temere,
non soffrirai, è questione di istanti, non ti accorgerai di nulla, fidati, stai
tranquilla, vedrai… sarà dolce morire così!
È come trovarsi davanti ad una persona disperata che ti porge un pugnale
e ti dice: ’’Uccidimi perché non voglio
più vivere!’.
Chi prenderebbe quel pugnale e farebbe quanto gli viene chiesto? Chi? C’è
qualcuno che avrebbe il coraggio di farlo o non si cercherebbe forse di
abbracciare quella persona, di disarmarla,
consolarla e farla sentire amata, non la si aiuterebbe forse a
riflettere, non la si inviterebbe a
calmarsi e a trovare insieme altre soluzioni meno drastiche, meno estreme?
Dire sì al suicidio assistito è impugnare quel pugnale e
spingerlo profondamente nel petto di chi glielo porge!
Spingere un pugnale nel petto di una persona o infilarle un ago avvelenato in un braccio è la stessa cosa, cambia il mezzo utilizzato, il gesto apparentemente meno cruento dell'ago rispetto al pugnale... ma il risultato è lo stesso, l'obiettivo è lo stesso: uccidere una persona!
Con o senza il suo consenso, resta un omicidio; se c'è anche la volontà dell'ammalato, allora c'è anche l'aggravante del suicidio!
Spingere un pugnale nel petto di una persona o infilarle un ago avvelenato in un braccio è la stessa cosa, cambia il mezzo utilizzato, il gesto apparentemente meno cruento dell'ago rispetto al pugnale... ma il risultato è lo stesso, l'obiettivo è lo stesso: uccidere una persona!
Con o senza il suo consenso, resta un omicidio; se c'è anche la volontà dell'ammalato, allora c'è anche l'aggravante del suicidio!
Il sibilo del Serpente è ben rintracciabile in questa azione, ma nessuno ci fa caso, perché … sono azioni fatte per confortare,
per aiutare, che danno quella risposta che si vuol sentirsi dire: non soffrirai
affatto, non soffrirai più, non lascerò che tu soffra ancora, ci sono qua io e
farò per te quel che tu non riesci a fare da sola!!!
Che cos’ha di diverso, dunque, il ‘’suicidio assistito’’ dalla ‘’pena
di morte’’ in vigore in tanti Stati e contro la quale si manifesta da tutti gli
angoli della Terra?
Dove sta la differenza fra le due scelte?
Che nella prima è una scelta personale e nella seconda è conseguenza
di una condanna?
Differenza apparente: è un suicidio nel primo caso e un omicidio nell’altro,
ma resta in ogni caso ‘’una scelta di morte’’ da parte dell’uomo, diretta verso
se stessi o verso gli altri, per motivi diversi, ma sempre conseguenza di
quella mentalità che porta a credere che ‘’la morte’’ sia una soluzione, una
possibilità di salvezza!
Salvezza dai dolori di questo mondo, salvezza perché si toglie di
mezzo un pericoloso killer e quindi si mette al sicuro la popolazione… salvezza
per la scienza che non deve ammettere i suoi limiti, ma esultare per le sue ‘’amare
vittorie’’ che altro non sono se non disperate sconfitte.
Ecco, diciamolo chiaro: il tentativo di tanto clamore è spingere ad
una legalizzazione dell’eutanasia, strumentalizzare questi casi di grave
sofferenza apparentemente per avviare
una riflessione in Parlamento, come si suol dire, in realtà si mira a convincere
le coscienze che ciò sia un diritto di tutti e quindi ottenere un’approvazione
dal basso, così il gioco è fatto: quando la popolazione spinge, preme verso
determinate scelte, il Governo non può non ascoltare la volontà comune, non può
non tenerne conto, le decisioni che
dovrà prendere dovranno essere il più possibilmente aderenti alla volontà del
popolo.
Presentare la morte di Brittany come una ‘’libertà’’ un diritto dovuto, come una cosa buona, una scelta che
sa quasi di romanzesco, che emoziona, che commuove … ‘’certo, avrebbe sofferto tanto e poi sarebbe morta lo stesso, meglio
così, si è evitata tante sofferenze inutili!’’, è questa l’idea che viene
commercializzata, è questa la convinzione che viene lasciata passare per
giusta, è questo il concetto di vita e di morte che viene avvalorato!
E noi lo accettiamo mettendoci l’anima in pace… povera ragazza… almeno così ha smesso di soffrire!
La sofferenza umana è terribile, lo sappiamo, ad ogni livello, ad ogni
età, di fronte alla sofferenza bisogna davvero porsi con tutto il rispetto di
cui si è portatori, guai a deriderlo, a banalizzarlo o a sottovalutarlo, la
sofferenza mette l’uomo in uno stato di fragilità coatta, perché porta con sé una
serie di implicazioni psicologiche che devastano più della malattia stessa.
Avere a che fare con la sofferenza umana, sia essa fisica che morale o
spirituale, mette sempre in uno stato di ‘’ riverenza ’’ , sì… di ossequio e di
soggezione allo stesso tempo… rivela tutta la fragilità della carne, la
fragilità delle emozioni, il limite umano: non è possibile oltrepassare il
confine della Vita se la Volontà divina non interviene!
Ieri, al telegiornale, si sono susseguite due notizie: il suicidio
assistito di Brittany, ragazza ventinovenne affetta da tumore al cervello e la
vicenda di una donna adulta che ritorna alla vita dopo che il suo cuore si è
fermato per 20 minuti grazie all’intervento ad una beata in via di
canonizzazione alla quale la sua famiglia si era affidata promuovendo una
veglia con le suore del posto.
Due vicende contemporanee, due risposte diverse alla morte, a morte
sicura in entrambi i casi.
Quale la migliore? Quale la più giusta?
Se la morte di Brittany viene fatta passare quasi come una forma di
speranza verso chi non ha più speranza, la seconda è l’esempio di chi spera
contro ogni speranza: la donna aveva subito un incidente in cui aveva persa la
vita un’altra persona ed anche lei era stata data per spacciata pe le gravi
ferite riportate all’addome e al cuore. Nel suo caso la sua famiglia ha chiesto
aiuto a chi ha potere oltre la morte e la sua richiesta è stata accolta: il
cuore si è fermato per venti muniti, il primario chirurgo aveva abbandonato l’intervento
dicendo di non voler operare su un cadavere, qualcuno però non si è arreso ed
ha continuato il massaggio cardiaco a cuore aperto, mentre la famiglia era
riunita in preghiera… si avverte la presenza di una Forza nella sala operatoria…
poi il cuore riprende a battere e la donna è salva!
La sua famiglia non ha perso la speranza, anche dopo che ormai la scienza aveva abbandonato, aveva
tratto le sue tragiche conclusioni: è morta, non si può tornare indietro quando
il cuore smette di funzionare!
Nel caso di Brittany, invece, la famiglia, il marito e la madre, hanno
appoggiato e sostenuto la scelta della ragazza, tenendole la mano nel momento
del distacco, standole vicino quando sul suo letto qualcuno le regalava la morte.
Due vicende che ci interpellano profondamente, ci sconvolgono per l’intensità
delle emozioni e del dolore che portano con sé e ci aprono spazi di riflessione
che non potranno chiudersi velocemente come si è abituati a fare di fronte alle
notizie giornalistiche.
La parola ‘’suicidio’’ accompagnata
dall’aggettivo ‘’assistito’’ diventa
una sorta di panacea, un rimedio, un’occasione che la Scienza concede a chi non
ce la fa più; sa quasi di beneficenza
questa possibilità, quando invece nasconde un orrore tragico e terribile.
Negli ultimi tempi assistiamo ad un fenomeno davvero anomalo: se da
una parte la Scienza cerca di salvare anche chi non ha più speranza, dall’altra
parte toglie speranza a chi sa che non potrà più fare niente
per darle ancora giorni da vivere.
La notizia, sempre al TG è di qualche sera fa: al Gasline di Genova si
cerca di salvare una bambina di 26 settimane portata in grembo da una madre
dichiarata morta e tenuta in ‘’vita’’ con le macchine che respirano ed
alimentano un corpo considerato clinicamente morto.
Tentativo estremo, ma denso di speranze!
È un accanimento terapeutico? È la lotta per la vita? È la speranza
che non muore?
È la Scienza che non molla?
Le risposte sono diverse a seconda del valore che si dà alla vita e
della ‘’potenza’’ che si dà alla Scienza o al Creatore della vita.
Risposte diverse!
Ma davvero possono esserci risposte diverse di fronte ad una scelta di
Vita?
Davvero si può soppesare la Vita e la Morte e scegliere ora l’una ora
l’altra?
Lo sconcerto prende, l’indecisione avanza, la fragilità disorienta, la
miseria umana prende il sopravvento sulla speranza evangelica!
È vero che S. Francesco si rivolgeva alla morte chiamandola ‘’nostra
sorella Morte corporale’’ , ma quanta distanza c’è tra la sua definizione e la
scelta di Brittany: S. Francesco l’accoglieva come parte della vita e
compartecipe alla Vita stessa, non la intendeva come un ostacolo ma nemmeno come una soluzione, una via di fuga, ma
semplicemente come realtà della nostra vita terrena di fronte alla quale tutti
siamo messi e che bisogna accoglierla quando essa decide di farci visita;
Brittany, invece, ha strumentalizzato la morte, cercando in essa la vita che
non avrebbe più potuto avere, secondo la Scienza, ma chi può escludere l’intervento
divino, chi può opporsi o prevenire la Volontà divina!? Chi può conoscere il
domani? Il dopo?
Tanti si sono risvegliati dal coma profondo dopo anni, tanti si sono
salvati dopo la dichiarazione della scienza di non poter fare più nulla.
Come spiegare il caso di un tredicenne il cui Cuore si ferma per 15 minuti e poi riparte tra
lo stupore e l’incredulità dei medici che, malgrado loro, si trovano a gridare
al miracolo?
È accaduto a ROMA l’ 11 ottobre del 2008: ‘’un ragazzino di 13 ha visto il suo cuore smettere di battere per quasi
15 minuti, per poi riprendere a pulsare. Il giovane atleta, James Dorothy,
promessa britannica del tennis, si stava allenando quando ha avuto un malore.
Chiamati i soccorsi il ragazzino è stato portato subito in ospedale dove lo
avevano dato per spacciato, invece anche dopo ben 900 secondi senza palpiti, il
cuore di James ha ripreso a funzionare.
E ora gli stessi medici del
Great Ormond Street Hospital di Londra che lo hanno rimesso in piedi gridano al
‘’miracolo.’’
«Per me è stato sconvolgente
- dice a sua volta la madre del giovane, Sarah - l'ho lasciato lì sul campo a giocare a tennis, e mentre lo pensavo
impegnato nel solito allenamento lui era in una stanza di rianimazione
circondato da 12 medici. Non mi hanno dato molte speranze, e mi hanno spiegato
che se il cuore si ferma per oltre 10 minuti è già altamente compromesso».
E invece James ce l'ha fatta, è vivo, il suo cuore sta bene, non potrà più giocare
a calcio, ma potrà vivere!
Chi potrà, dunque, mai delimitare i confini tra la Vita e la Morte?
La Scienza, da una parte, resta esterefatta di fronte a certi eventi, dall’altra
continua a credere di avere il potere di vita e di morte: di dare la vita quando
vuole e di dare la morte su richiesta personale!
Definirla contraddizione paradossale è dir poco, direi: orgoglio fuori
luogo, orgoglio ferito, incapacità di accettare i propri limiti… è la stessa
incapacità che sta emergendo in questa umanità contemporanea: la fragilità
delle emozioni, del pensiero, della speranza, quando la vita non è più un
valore da tutelare, un dono da accogliere e rispettare, quando si lascia morire
la Vita di fronte alla possibilità di lasciar vivere la Morte e si sceglie
quest’ultima… allora è segno che la miseria umana ha davvero toccato il fondo
se non l’ha già oltrepassato da tempo!
Nessuna volontà umana può o deve sostituirsi a quella divina. Mai. Nessuno
mai.
Ed invece la realtà ci mette di fronte altre verità, altre scelte.
C’è da augurarsi e da lavorare affinchè l’uomo rinsavisca da questa
sua ‘’moderna e quanto antica malattia’’ che lo corrode da dentro che è quella
di … farsi dio al posto di Dio!
Morire con dignità non significa affatto ‘’libertà di uccidersi’’, ma saper soffrire, accettando la morte,
con il sorriso sulle labbra, come Maria Marchetta, come Nennolina, come Santa Teresina,
come tutta quella schiera di uomini e donne che davvero hanno saputo accogliere
la morte corporale come ‘’la visita di
una cara sorella’’.
Difficile sicuramente, impossibile sì… ovviamente per gli uomini che
camminano senza Dio… non a chi sceglie Dio come compagno del proprio dolore e
nelle sue mani affida la sua vita!
La dignità della morte non consiste nello scegliersi l’ora o il modo della
propria dipartita o il farmaco più indolore e rapido, ma nell’accogliere quel
dolore che non si è in grado di accettare e di sopportarlo e farne strumento di
salvezza, esempio di vita, luogo di speranza, prova dell’amore per la vita e
desiderio di Vita Eterna!
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