martedì 26 maggio 2015

ALL'INSEGNA DELLA SOBRIETA'

Non so quanti comuni abbiano la fortuna di avere lo stesso nome del proprio protettore, il nostro  paese questa ‘’fortuna’’ ce l’ha e credo che non siano pochi quelli che possono dire altrettanto; ma c’è un’altra fortuna ancora più grande anche se forse più rara: quella di una comunità che riesce ad imitare il santo protettore, almeno in alcune scelte di vita, questa sì che è una fortuna anzi, per essere più precisi, direi una ‘’grande grazia’’.
Il nostro protettore è San Mauro Abate, un monaco benedettino cresciuto sotto la diretta guida e sapienza di San Benedetto e che ha fatto della sua vita ‘’ una risposta d’amore a Gesù presente negli infermi, negli afflitti, nei bisognosi… vivendo la carità… e riconoscendo il Signore in ogni fratello bisognoso’’ così come  recita la novena a lui dedicata.
Ecco, la vera fortuna consiste proprio in questo: nell’imitare san Mauro e nel gareggiare con lui in carità.
Certo, gareggiare con lui è un po’ più difficile, perché lui è un gigante della carità, ma certamente è possibile imitarlo in piccoli gesti di carità, così come la realtà immediata ce lo consente.
Dico questo perché l’appena conclusa festa patronale ci ha fatto fare esperienza concreta di tutto ciò e cioè ci ha permesso di imitare san Mauro nel suo amore per Dio e per il prossimo.
Generalmente le feste patronali si consumano fra ‘’tarallucci e vino o meglio dire… tra canti, balli e frizzi… barzellette e varietà di ogni genere…’’; l’attenzione è quella di cercare il cantante più famoso ma a meno prezzo, il comico più in voga ma accessibile per contenuti, lo spettacolo più divertente… e il più possibilmente ‘’decente’’, cioè limitato, per quanto possibile, nell’uso di parolacce e volgarità di ogni genere.
Questo perché si tratta pur sempre di una iniziativa religiosa, che non ha come unico obiettivo il divertimento fine a se stesso, ma un divertimento adatto a tutti, che abbia, possibilmente, qualche messaggio educativo o per lo meno che non ci siano messaggi diseducativi e che non incentivi la volgarità.
Di questi tempi è un po’ difficile trovare chi resta in determinati parametri: magari vanno bene le canzoni, ma poi c’è sempre il barzellettiere di turno che scatena gli applausi degli spettatori con quattro parolacce e un sacco di battute a doppio senso.
Sì, direi che è una bella impresa organizzare una festa in cui ci sia l’utile e il dilettevole, ma ancora più dura come impresa è il fare in modo che vada bene per tutti   e cioè che non ci siano contestazioni, dirette o indirette, sulle scelte fatte… perché, come è ormai d’uopo, direi quasi d’obbligo, ogni festa patronale porta con sé il suo bel bagaglio di commenti del tipo: ‘’  sarebbe stato meglio fare così… sarebbe stato meglio non farla proprio… sarebbe stato meglio…’’.
Assodata l’incontentabilità del popolo ed assodata la difficoltà nel trovare professionisti bravi, a buon prezzo e contenuti nel linguaggio… e messe in conto tutte le difficoltà… occorre decidere, cercando di accontentare possibilmente tutti o almeno di limitare i dissensi.
Trattandosi di una festa religiosa dovrebbe essere quasi tacito il consenso verso iniziative che abbiamo una qualche attinenza con la motivazione della festa: celebrare, cioè, il Signore insieme al santo di turno, così che la festa sia occasione per conoscere meglio il santo in questione e nel limite del possibile, imparare ad imitarlo… perché in fondo… una festa patronale altro non è se non il  fare dell’ esperienza cristiana del santo  una via da seguire per incontrare Dio.
Si dà il caso, però, che questa motivazione sia troppo, ma proprio troppo di sottofondo nelle feste patronali, talmente implicita che pure quando viene palesemente esplicitata incontra tanti di quei dissensi da scoraggiare anche il più perseverante e testardo organizzatore.
Perché se è festa ci deve essere il divertimento e non è divertimento se non ci sono parolacce, battute oscene e argomenti diciamo poco adatti ai minori di 18 anni!
Bel dilemma, dunque, e bel problema per chi deve affrontare la spinosa questione della festa patronale.
Meno male che con l’aiuto del buon Dio e l’intercessione del santo patrono, in un modo o nell’altro la questione si risolve… per buona pace dei lamentatori di turno.
Vediamo nel dettaglio come è stata affrontata nel nostro paese… se le motivazioni sono state quelle esposte, le conseguenze sono tutte da valutare… anzi potremmo dire che il coro comune è stato in perfetta sintonia con quanto si voleva dimostrare che non c’è festa senza parolacce: mancando quelle la festa è un flop!
Il flop si ha quando la parola chiave non è il ‘’divertimento a prescindere’’, ma la ‘’sobrietà che s’impone’’, e non potrebbe essere altrimenti trattandosi di una festa a carattere religioso, che nasce per dare gloria a Dio attraverso i santi; non è pensabile scindere totalmente l’aspetto religioso da quello civile, anche la scelta del professionista di turno non può non essere in sintonia con la natura della festa.
Sappiamo bene, però, che la storia ha preso altre strade e ha fatto altre scelte per decenni e decenni, per cui ora tentare o sperare di farcela nell’invertire la rotta è quanto mai complicato e faticoso.
Resta, tuttavia, il fatto, che c’è una realtà che parla da sé, che non può essere ignorata: è una festa a sfondo religioso, il divertimento ci sta bene… ma con sobrietà e coerenza, altrimenti si confermerebbe semplicemente il vecchio detto del ‘’predicare bene e razzolare male’’, non si può sperperare denaro in tempo di crisi e di sacrifici e non si possono proporre spettacoli dove la volgarità ha la meglio sulla buona educazione e sui buoni principi.
Ora, tornando alla festa appena trascorsa, c’è da dire che l’esito dei festeggiamenti è strettamente legato alla logica che ognuno segue: c’è il tradizionalista conservatore  per il quale è un’offesa al passato proporre cambiamenti; c’è il riformista cauto che cambia parere a secondo del consesso in cui si trova ad esprimere il proprio parere; c’è l’indifferente ad ogni iniziativa che si intraprende; c’è l’incoerente per natura e, per fortuna, c’è anche chi comprende l’importanza del cambiamento ed ha il coraggio di esprimersi sapendo di andare controcorrente.
AFFRESCO DI SAN MAURO NELL'IPOGEO
 DELLA CHIESA MADRE
A conclusione di tutto questo si può dire che : san Mauro Abate è un mirabile esempio di carità fraterna e di contemplazione mistica, lo sguardo rivolto a Dio e la mano tesa ai fratelli, il suo insegnamento è chiaro ed è a noi che consegna la sua testimonianza, è a noi che affida la prosecuzione del suo esempio, siamo noi che dobbiamo traghettare il suo amore per Dio e i fratelli verso i decenni a venire, istruendo le nuove generazioni, ma se noi non siamo convinti  di ciò che dobbiamo trasmettere non renderemo sicuramente un buon servizio alla nostra società: l’attenzione non deve essere rivolta allo spettacolo di varietà e a quello pirotecnico, ma al messaggio che il santo continua a trasmetterci dopo secoli, invariato nella sua bellezza e profondità.
Ma se noi non sappiamo più chi e che cosa festeggiamo come possiamo pensare di trasmetterlo ai posteri? Se non abbiamo compreso la vastità della portata della fede del nostro protettore… che cosa potremo dire ai nostri figli, ai nostri nipoti per motivare una simile festa?
Una festa religiosa non ha niente a che fare con l’ apparenza della tradizione, non è un obbligo storico il perpetrare una tale ricorrenza, che non nasce certamente come bisogno di festeggiamenti popolari ma come desiderio di omaggiare figure-chiave nel cammino del cristianesimo, testimoni di fede, esempi di Carità; se partiamo da questa considerazione allora il problema si risolve da solo, altrimenti s’innesca un meccanismo di rivalsa, un contenzioso infinito che vede schierati riformisti e conservatori come in uno scontro personale per delineare il percorso da seguire.
Ma come sono andate veramente le cose?
Le serate sono state sicuramente insolite ma non casuali: il senso è stato quello di dare spazio a Dio, al locale e al sobrio divertimento.
La prima serata ha visto la presenza di un gruppo carismatico del Rinnovamento proveniente da Montemurro, un’esperienza sicuramente forte oltre che nuova per la nostra parrocchia nonchè particolarmente suggestiva, così com’è tipico di questo movimento religioso.
Una discreta partecipazione che si è lasciata pienamente coinvolgere e che ha espresso pareri molto positivi sull’iniziativa.
La seconda sera si è dato spazio al locale e non certamente per una sorta di campanilismo, ma perché siamo tentati di cercare sempre molto lontano i talenti, quando nella stessa popolazione ci sono esperienze valide  sicuramente da valorizzare che niente hanno da invidiare agli altri.
Un gruppo di bambini che si sono preparati in questi mesi scorsi hanno proposto uno spettacolo all’insegna della semplicità ma anche dell’impegno personale e di una discreta professionalità.
Applaudire ai propri bambini è forse il segno più bello per esprimere la gioia della festa.
I bambini hanno un posto speciale nel cuore di ciascuno, sono loro che portano con sé le nostre speranze e le nostre aspettative, vanno seguiti, amati e resi protagonisti della storia del proprio paese, affinchè si costruisca e si consolidi quel senso di appartenenza che lega fra loro i cittadini di ogni singola realtà urbana.
Nella terza serata uno spettacolo di varietà all’insegna della spensieratezza ha preceduto i fuochi pirotecnici che hanno concluso i festeggiamenti per l’anno in corso.
Tra una cosa e l’altra si sono inserite le cerimonie religiose, i momenti di preghiera individuale, l’adorazione eucaristica, la processione per le vie cittadine e un incontro-conferenza con un parroco della vicina parrocchia che ha parlato della religiosità del nostro paese nel 1500.
Risultati immagini per venditori ambulanti di calziniSe tutto questo è stato palese, c’è stata un’altra iniziativa che è rimasta un po’ più nell’ombra, ma che sicuramente merita un risalto maggiore: diceva il parroco nel commentare le parole di San Paolo durante la celebrazione della S. Messa ‘’ guai a me se non annunciassi il Vangelo… con la vita prima ancora che con le parole’’.
Una frase non casuale né tanto meno di circostanza, ma che aveva un preciso riferimento ad un’iniziativa in corso: da alcuni anni, infatti, il parroco raduna i venditori ambulanti che espongono le loro bancarelle per le vie del paese ed offre loro vitto e alloggio per i giorni di permanenza in paese, mettendo a disposizione la sua casa, la sua tavola, con spese a proprio carico, con l’unico intento di dare dignità a chi non possiede che la merce che riesce a portarsi addosso. Un esempio concreto di attenzione al bisognoso, al fratello senza distinzione di razza o di credo religioso, così come insegna san Mauro. Senza dubbio un’ iniziativa carica di responsabilità e di lavoro in più, ma sicuramente gradita al cuore stesso del santo protettore oltre che a quello del Signore, il quale non c’invita a banchettare con amici e conoscenti, ma con coloro che ne hanno bisogno perché vivono nell’indigenza e nella miseria quotidiana.
Ecco, se una comunità riesce ad imitare il suo santo protettore… è davvero festa in cielo e sulla terra!
Risultati immagini per venditori ambulanti di calziniSono queste iniziative che danno valore e senso ad una festa patronale, non la scelta del cantante del momento… che svuota le tasche e con esse anche il cuore.
Si fa fatica, purtroppo, a far passare questa logica, molta fatica, perché la nostra fede è perlopiù basata su convinzioni standard piuttosto radicate nell’inconscio collettivo ed uscire fuori dal coro è qualcosa che si paga sulla propria pelle.
Ovviamente le critiche e le lamentele non sono mancate, come ad ogni festa patronale che si rispetti, ma esse, pur avendo il loro peso, e pur lasciando il loro carico di sofferenza, non incidono sulla bontà delle iniziative quando ogni cosa viene fatta partendo da una precisa convinzione: se la festa è per gli uomini, ogni cosa va bene, se invece è per Dio allora occorre rifletterci un attimo e fare ciò che a Lui è più gradito e non ciò che è gradito all’uomo, altrimenti finiremmo per strumentalizzare Dio piegandolo ai nostri bisogni umani, offenderemmo il santo che ci si appresta a festeggiare e si darebbe altro spazio all’io umano che vuole che ogni cosa ruoti intorno a sé, Dio compreso!
Certo, facciamo un po’ fatica a metterci un attimino da parte e fare a spazio a Dio anche in un momento di festa, perché nel nostro immaginario la festa porta inevitabilmente con sé determinati aspetti: mangiare, bere e divertirsi in quantità, lasciando ad altri tempi lo spazio per la preghiera e per la riflessione culturale-religiosa: è difficile scardinare retaggi storico-culturale che guidano la vita di una comunità cittadina; è difficile sì, ma è anche doveroso raccontarsi la verità, fare il punto della propria fede quando ci si trova a gestire cose ad essa strettamente collegate; la fede è vita vissuta in ogni momento, non ha spazi vuoti o momenti di pausa, la fede ce la si porta addosso in ogni momento della propria esistenza, caratterizza tutti i giorni della nostra vita, non è un abito esteriore da mettere e togliere a piacimento, ma un abito interiore con il quale si fa i conti per ogni scelta, decisione o iniziativa che si intende intraprendere, è quel senso di coerenza e di equilibrio interiore che richiede questo e che non si può certamente ignorare o tirare fuori solo all’occorrenza per fare bella figura, come si fa con gli abiti firmati.
Una festa patronale si pone come occasione di crescita umana e spirituale più che come momento ludico e di spensieratezza, anche quello a volte serve, ma senza mai trascurare il fatto che tutto si fa per dar gloria a Dio e non per celebrare se stessi e le proprie voglie.
È una nuova strada quella intrapresa, secondo una logica diversa, la logica stessa di Dio che richiama al buon senso, all’amore fraterno, al divertimento anche… ma con sobrietà.
Nel tirare le somme, fra consensi e dissensi, non so quali siano prevalsi… forse gli ultimi… ma questo non è segno di fallimento… è solo la prova che il cammino verso la santità richiede tempi lunghi, lunghissimi, forse anche plurisecolari… ma che nonostante tutto vale la pena spendersi per questo obiettivo, che vale tutte le critiche e i dissensi, le opposizioni e i malcontenti del momento… fanno  parte del gioco… sono in piena sintonia con la logica dei tempi: l’uomo al centro del Cosmo, Dio relegato in periferia al servizio dell’uomo; l’inalterabilità e l’intoccabilità della sacrosanta tradizione popolare, la prevalenza dell’antropologia sulla teologia.

Tutto questo ci aiuti a fare corretto discernimento sulla nostra fede e sul nostro dirci cristiani: sul nostro essere e voler essere … cristiani di fatto… o cristiani di fatti!

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