In quei momenti non avevo un direttore spirituale e non conoscevo nessuna direzione.
Pregavo il Signore e non mi dava un direttore.
Gesù stesso è stato il mio Maestro dall'infanzia
fino ad ora;
mi ha condotto attraverso tutte le foreste ed i pericoli.
Vedo chiaramente che soltanto Iddio poteva condurmi
attraverso così grandi pericoli senza alcun danno, senza discapito; per
questo l'anima mia è rimasta intatta ed ho vinto sempre. Da tutte le
difficoltà, che sono state inimmaginabili, uscì. Tuttavia il Signore mi
diede un direttore spirituale, ma più tardi. Dopo quelle sofferenze
l'anima è di una grande limpidezza di spirito ed in una grande vicinanza
con Dio, benché debba ancora ricordare che in quei tormenti spirituali
essa è vicina a Dio, ma è cieca. Lo sguardo della sua anima è avvolto dalle
tenebre, ma Dio è più vicino ad una tale anima sofferente, solo che tutto
il segreto sta proprio in questo, che essa non lo sa. Essa afferma non solo
che Dio l'ha abbandonata, ma che essa è oggetto del Suo odio. Che grave
malattia della vista dell'anima che, abbagliata dalla luce di Dio, afferma
che Dio è assente, mentre è così forte che la rende cieca. In seguito però
ho conosciuto che Dio le è più vicino in quei momenti che in qualsiasi
altra circostanza, poiché con l'aiuto normale della grazia non potrebbe
superare quelle prove. Qui opera l'onnipotenza divina ed una grazia
straordinaria, perché diversamente si spezzerebbe al primo urto.
O Divino Maestro, questo è soltanto opera Tua
nella mia anima. Tu, o
Signore, non hai paura di mettere un'anima sull'orlo di una spaventosa
voragine, dove essa è spaventata e terrorizzata e la richiami nuovamente
a Te. Questi sono i Tuoi incomprensibili misteri. Quando durante quei
supplizi dell'anima cercavo di accusarmi nella santa confessione delle più
piccole inezie, quel sacerdote si meravigliò che non commettessi
mancanze più gravi e mi disse queste parole: « Se lei, sorella, in questi
tormenti è così fedele a Dio, la cosa in sé mi dà la prova che Iddio la
sostiene con la Sua grazia particolare ed il fatto che lei non comprenda
questo è anche bene ». Strano però che i confessori non abbiano potuto
né capirmi, né tranquillizzarmi in quelle cose fino all'incontro con P.
Andrasz ed in seguito con Don Sopocko. Alcune parole sulla confessione
e sui confessori. Ricorderò soltanto ciò che ho sperimentato e vissuto
nella mia anima. Ci sono tre cose per cui l'anima non ricava profitto dalla
confessione in quei momenti eccezionali. La prima è che il confessore
conosce poco le vie straordinarie e mostra meraviglia se un'anima gli
svela i grandi misteri che Dio compie nell'anima. Questa sua meraviglia
già mette in allarme un'anima delicata: essa nota che il confessore è
indeciso nell'esprimere il suo parere e non si rassicura, ma ha ancora più
dubbi dopo la confessione di quanti ne avesse prima, poiché essa sente
che il confessore la tranquillizza ma lui stesso non è sicuro. Oppure, cosa
che mi è capitata, il confessore, non riuscendo a penetrare alcuni misteri
di un'anima, le rifiuta la confessione, mostra un certo timore
all'avvicinarsi di quell'anima alla grata. Come può un'anima in tale stato
attingere tranquillità nel confessionale, dato che essa è così sensibile ad
ogni parola del sacerdote? A mio parere in tali momenti di speciali visite
di Dio ad un'anima, se il sacerdote non la comprende dovrebbe indicarle
un confessore esperto ed illuminato, od attingere egli stesso lumi, in
modo che possa dare all'anima ciò di cui ha bisogno, e non addirittura
rifiutarle la confessione, poiché in questo modo l'espone ad un grande
pericolo e più di un'anima può abbandonare la strada sulla quale il
Signore voleva averla in modo particolare. Questa è una cosa di grande
importanza, poiché io stessa ne ho fatto l'esperienza, cioè che già
cominciavo a barcollare, nonostante questi straordinari doni di Dio. E
sebbene Dio stesso mi tranquillizzasse, tuttavia desideravo sempre avere
il sigillo della Chiesa. La seconda cosa è il fatto che il confessore non
permetta di svelare tutto sinceramente, che dimostri impazienza.
L'anima allora ammutolisce e non dice tutto e per ciò stesso non ricava
profitto, e tanto meno ricava profitto, quando capita che il confessore
cominci a sottoporre a prove l'anima; e, siccome non la conosce, invece di
giovarle, le arreca danno. E questo perché essa sa che il confessore non la
conosce, dato che non le ha permesso di svelargli completamente, sia per
quanto concerne le grazie, sia per quanto concerne la sua miseria. E per
questo motivo la prova non è appropriata. Ho avuto alcune prove, che mi
hanno fatto ridere. Esprimerò meglio lo stesso concetto con queste
parole: il confessore è il medico dell'anima; pertanto come può un
medico che non conosce la malattia prescrivere una medicina
appropriata? Nemmeno a pensarci; poiché o non avrà alcun risultato
positivo, oppure la darà troppo forte ed aggraverà la malattia e talvolta -
Dio ce ne scampi - può procurare la morte, appunto perché troppo forte.
Parlo per esperienza, dato che in certi casi mi ha trattenuto addirittura
il
Signore stesso. La terza cosa è questa: capita che il confessore talvolta
faccia poco conto delle piccole cose. Non c'è nulla di piccolo nella vita
spirituale. Talvolta una cosa piccola in apparenza fa scoprire una cosa di
grande importanza, e per il confessore è un fascio di luce per la
conoscenza di un'anima. Molte sfumature spirituali si nascondono nelle
piccole cose. Non sorgerà mai un fabbricato magnifico, se gettiamo via i
mattoni piccoli. Iddio da qualche anima esige una grande purezza; per
questo le invia una più profonda conoscenza della propria miseria.
Illuminata dalla luce che viene dall'alto conosce meglio ciò che piace a
Dio, e ciò che non piace. Il peccato è secondo la conoscenza e la luce
dell'anima; lo stesso anche le imperfezioni, benché essa sappia che ciò
che riguarda strettamente il sacramento è il peccato... ma queste piccole
cose hanno una grande importanza per chi tende alla santità e non può
un confessore tener poco conto di questo. La pazienza e la mitezza del
confessore aprono la via ai più profondi segreti di un'anima: l'anima
quasi senza accorgersene svela la sua abissale profondità. E si sente più
forte e più resistente. Ora lotta più valorosamente; si dà maggiormente
da fare, poiché sa che deve renderne conto. Ricorderò ancora una cosa
per quanto riguarda il confessore. Egli deve talvolta sperimentare, deve
mettere alla prova, deve esercitare, deve conoscere se ha a che fare con
della paglia, o con del ferro, o con dell' oro puro. Ognuna di queste tre
anime ha bisogno di esercitarsi in modo particolare. Il confessore deve
necessariamente formarsi un'opinione chiara su ognuna, in modo che
sappia quello che può sopportare in determinati momenti, circostanze e
casi. Per quanto mi riguarda, in seguito, dopo molta esperienza, quando
mi resi conto di non essere compresa, non svelai più la mia anima e non
mi guastai la tranquillità. Questo però avvenne solo quando tutte queste
grazie furono sotto il giudizio di un saggio, istruito ed esperto
confessore.
Ora so come comportarmi in certi casi.
Nessun commento:
Posta un commento