lunedì 30 marzo 2015

DIARIO DELLA 
DIVINA MISERICORDIA 
DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA


E desidero nuovamente dire
alcune parole all'anima che vuole tendere decisamente alla santità e
riportare frutto cioè vantaggio della confessione. La prima, totale
sincerità e apertura. Il più santo ed il più saggio dei confessori non può
infondere a viva forza in un'anima ciò che desidera, se l'anima non è
sincera ed aperta. Un'anima insincera, chiusa, si espone a grandi pericoli
nella vita spirituale e lo stesso Gesù non si dona ad una tale anima in
modo superiore, perché sa che essa non ricaverebbe vantaggi da queste
grazie speciali. La seconda parola, l'umiltà. Un'anima non ricava adeguati
vantaggi dal sacramento della confessione, se non è umile. La superbia
tiene l'anima nelle tenebre. Essa non sa e non vuole penetrare
esattamente nel profondo della sua miseria: si maschera e fugge da tutto
ciò che dovrebbe guarirla. La terza parola è l'obbedienza. Un'anima
disobbediente non riporterà alcuna vittoria, anche se fosse Gesù stesso a
confessarla direttamente. Il confessore più esperto non può essere di
alcun aiuto ad una tale anima. Un'anima disobbediente si espone a
grandi sventure e non progredirà affatto nella perfezione e non se la
caverà nella vita spirituale. Iddio ricolma di grazia nel modo più
abbondante le anime, ma le anime obbedienti. Oh! quanto sono graditi
gl'inni che sgorgano da un'anima che soffre! Tutto il cielo rimane
estasiato di fronte ad una tale anima, specialmente quando è provata da
Dio. Essa indirizza verso di Lui i suoi nostalgici lamenti. La sua bellezza è
grande, perché proviene da Dio. Va attraverso il deserto della vita ferita
d'amore divino. Essa tocca la terra con un piede solo. Un'anima che è
uscita da quei tormenti è profondamente umile. La limpidezza della sua
anima è grande. Essa, senza bisogno di rifletterci in certo modo, conosce
meglio che cosa in un dato momento occorra fare e che cosa tralasciare.
Avverte il più piccolo tocco della grazia ed è molto fedele a Dio. Essa
riconosce Iddio da lontano e gode di Dio ininterrottamente. Essa in
pochissimo tempo scopre Iddio nelle anime degli altri, in genere in
quanti le stanno attorno. L'anima viene purificata da Dio stesso. Dio
come puro Spirito introduce l'anima in una vita puramente spirituale.
Iddio stesso aveva preparato quest'anima in precedenza e l'aveva
purificata, cioè l'aveva resa idonea ad uno stretto rapporto di intimità con
Sé. Secondo un modo spirituale essa ha rapporti di intimità col Signore
in un riposo amoroso. Si rivolge a Lui senza l'uso dei sensi. Iddio riempie
l'anima con la Sua luce. La sua mente illuminata vede chiaramente e
distingue i gradi in questa vita spirituale. Vede quando si univa a Dio in
modo imperfetto, quando vi prendevano parte i sensi e lo spirito era
unito ai sensi, sebbene già in maniera superiore e speciale, però
imperfetta. Vi è un'unione col Signore superiore e più perfetta: è quella
intellettuale. Qui l'anima è più riparata dalle illusioni; la sua spiritualità è
più profonda e più pura. In una vita, in cui ci sono i sensi, li si è più
esposti alle illusioni. L'accortezza sia dell'anima stessa che dei confessori
dovrebbe essere maggiore. Vi sono momenti nei quali Iddio introduce
l'anima in uno stato puramente spirituale. I sensi si spengono e sono
come morti. L'anima è unita a Dio nella maniera più stretta: è immersa
nella Divinità. La sua conoscenza è totale e perfetta; non dettagliata,
come prima, ma generale e completa. Gioisce per questo.

sabato 28 marzo 2015



SIGNORE, SONO QUI AI TUOI PIEDI...





MARIA REGINA DELLA PACE

MEDJUGORJE 

Messaggio del 25 Marzo 2015  

  

"Cari figli! Anche oggi l'Altissimo mi ha permesso di essere con voi e di guidarvi sul cammino della conversione. Molti cuori si sono chiusi alla grazia e non vogliono dare ascolto alla mia chiamata. Voi figlioli, pregate e lottate contro le tentazioni e contro tutti i piani malvagi che satana vi offre tramite il modernismo. Siate forti nella preghiera e con la croce tra le mani pregate perché il male non vi usi e non vinca in voi. Io sono con voi e prego per voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

domenica 22 marzo 2015

mercoledì 18 marzo 2015


messaggio del papa per la quaresima 2015

Risultati immagini per papa francesco

RINFRANCATE I VOSTRI CUORI (GC 5,8)

Cari fratelli e sorelle,
la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un “tempo di grazia” (2 Cor 6,2). Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade. Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare.
Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone. Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza.
L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano.
Dio non è indifferente al mondo, ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra. E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità (cfrGal5,6). Tuttavia, il mondo tende a chiudersi in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita.
Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso. Vorrei proporvi tre passi da meditare per questo rinnovamento.
1. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono” (1 Cor 12,26) – La Chiesa
La carità di Dio che rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini. Ce lo ricorda bene la liturgia del Giovedì Santo con il rito della lavanda dei piedi. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, ma poi ha capito che Gesù non vuole essere solo un esempio per come dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Questo servizio può farlo solo chi prima si è lasciato lavare i piedi da Cristo. Solo questi ha “parte” con lui (Gv13,8) e così può servire l’uomo.
La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò avviene quando ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eucaristia. In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. “Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1 Cor12,26).
La Chiesa ècommunio sanctorumperché vi partecipano i santi, ma anche perché è comunione di cose sante: l’amore di Dio rivelatoci in Cristo e tutti i suoi doni. Tra essi c’è anche la risposta di quanti si lasciano raggiungere da tale amore. In questa comunione dei santi e in questa partecipazione alle cose sante nessuno possiede solo per sé, ma quanto ha è per tutti. E poiché siamo legati in Dio, possiamo fare qualcosa anche per i lontani, per coloro che con le nostre sole forze non potremmo mai raggiungere, perché con loro e per loro preghiamo Dio affinché ci apriamo tutti alla sua opera di salvezza.
2. “Dov’è tuo fratello?”(Gen 4,9) – Le parrocchie e le comunità
Quanto detto per la Chiesa universale è necessario tradurlo nella vita delle parrocchie e comunità. Si riesce in tali realtà ecclesiali a sperimentare di far parte di un solo corpo? Un corpo che insieme riceve e condivide quanto Dio vuole donare? Un corpo, che conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che si impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa ? (cfr Lc 16,19-31).
Per ricevere e far fruttificare pienamente quanto Dio ci dà vanno superati i confini della Chiesa visibile in due direzioni.
In primo luogo, unendoci alla Chiesa del cielo nella preghiera. Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, formiamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini. Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, scriveva convinta che la gioia nel cielo per la vittoria dell’amore crocifisso non è piena finché anche un solo uomo sulla terra soffre e geme: “Conto molto di non restare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime” (Lettera 254 del 14 luglio 1897).
Anche noi partecipiamo dei meriti e della gioia dei santi ed essi partecipano alla nostra lotta e al nostro desiderio di pace e di riconciliazione. La loro gioia per la vittoria di Cristo risorto è per noi motivo di forza per superare tante forme d’indifferenza e di durezza di cuore.
D’altra parte, ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini.
Questa missione è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr At 1,8). Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera.
Cari fratelli e sorelle, quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!
3. “Rinfrancate i vostri cuori !”(Gc 5,8) – Il singolo fedele
Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza?
In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti! L’iniziativa24 ore per il Signore, che auspico si celebri in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo, vuole dare espressione a questa necessità della preghiera.
In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità.
E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli.
Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro.
Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: “Fac cor nostrum secundum cor tuum”: “Rendi il nostro cuore simile al tuo” (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù). Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza.
Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.
Dal Vaticano, 4 ottobre 2014
Festa di San Francesco d’Assisi
Francesco

martedì 17 marzo 2015

DIARIO DELLA 
DIVINA MISERICORDIA 
DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA

In quei momenti non avevo un direttore spirituale e non conoscevo nessuna direzione.
Pregavo il Signore e non mi dava un direttore.
Gesù stesso è stato il mio Maestro dall'infanzia fino ad ora;
mi ha condotto attraverso tutte le foreste ed i pericoli.
Vedo chiaramente che soltanto Iddio poteva condurmi
attraverso così grandi pericoli senza alcun danno, senza discapito; per
questo l'anima mia è rimasta intatta ed ho vinto sempre. Da tutte le
difficoltà, che sono state inimmaginabili, uscì. Tuttavia il Signore mi
diede un direttore spirituale, ma più tardi. Dopo quelle sofferenze
l'anima è di una grande limpidezza di spirito ed in una grande vicinanza
con Dio, benché debba ancora ricordare che in quei tormenti spirituali
essa è vicina a Dio, ma è cieca. Lo sguardo della sua anima è avvolto dalle
tenebre, ma Dio è più vicino ad una tale anima sofferente, solo che tutto
il segreto sta proprio in questo, che essa non lo sa. Essa afferma non solo
che Dio l'ha abbandonata, ma che essa è oggetto del Suo odio. Che grave
malattia della vista dell'anima che, abbagliata dalla luce di Dio, afferma
che Dio è assente, mentre è così forte che la rende cieca. In seguito però
ho conosciuto che Dio le è più vicino in quei momenti che in qualsiasi
altra circostanza, poiché con l'aiuto normale della grazia non potrebbe
superare quelle prove. Qui opera l'onnipotenza divina ed una grazia
straordinaria, perché diversamente si spezzerebbe al primo urto.
O Divino Maestro, questo è soltanto opera Tua nella mia anima. Tu, o
Signore, non hai paura di mettere un'anima sull'orlo di una spaventosa
voragine, dove essa è spaventata e terrorizzata e la richiami nuovamente
a Te. Questi sono i Tuoi incomprensibili misteri. Quando durante quei
supplizi dell'anima cercavo di accusarmi nella santa confessione delle più
piccole inezie, quel sacerdote si meravigliò che non commettessi
mancanze più gravi e mi disse queste parole: « Se lei, sorella, in questi
tormenti è così fedele a Dio, la cosa in sé mi dà la prova che Iddio la
sostiene con la Sua grazia particolare ed il fatto che lei non comprenda
questo è anche bene ». Strano però che i confessori non abbiano potuto
né capirmi, né tranquillizzarmi in quelle cose fino all'incontro con P.
Andrasz ed in seguito con Don Sopocko. Alcune parole sulla confessione
e sui confessori. Ricorderò soltanto ciò che ho sperimentato e vissuto
nella mia anima. Ci sono tre cose per cui l'anima non ricava profitto dalla
confessione in quei momenti eccezionali. La prima è che il confessore
conosce poco le vie straordinarie e mostra meraviglia se un'anima gli
svela i grandi misteri che Dio compie nell'anima. Questa sua meraviglia
già mette in allarme un'anima delicata: essa nota che il confessore è
indeciso nell'esprimere il suo parere e non si rassicura, ma ha ancora più
dubbi dopo la confessione di quanti ne avesse prima, poiché essa sente
che il confessore la tranquillizza ma lui stesso non è sicuro. Oppure, cosa
che mi è capitata, il confessore, non riuscendo a penetrare alcuni misteri
di un'anima, le rifiuta la confessione, mostra un certo timore
all'avvicinarsi di quell'anima alla grata. Come può un'anima in tale stato
attingere tranquillità nel confessionale, dato che essa è così sensibile ad
ogni parola del sacerdote? A mio parere in tali momenti di speciali visite
di Dio ad un'anima, se il sacerdote non la comprende dovrebbe indicarle
un confessore esperto ed illuminato, od attingere egli stesso lumi, in
modo che possa dare all'anima ciò di cui ha bisogno, e non addirittura
rifiutarle la confessione, poiché in questo modo l'espone ad un grande
pericolo e più di un'anima può abbandonare la strada sulla quale il
Signore voleva averla in modo particolare. Questa è una cosa di grande
importanza, poiché io stessa ne ho fatto l'esperienza, cioè che già
cominciavo a barcollare, nonostante questi straordinari doni di Dio. E
sebbene Dio stesso mi tranquillizzasse, tuttavia desideravo sempre avere
il sigillo della Chiesa. La seconda cosa è il fatto che il confessore non
permetta di svelare tutto sinceramente, che dimostri impazienza.
L'anima allora ammutolisce e non dice tutto e per ciò stesso non ricava
profitto, e tanto meno ricava profitto, quando capita che il confessore
cominci a sottoporre a prove l'anima; e, siccome non la conosce, invece di
giovarle, le arreca danno. E questo perché essa sa che il confessore non la
conosce, dato che non le ha permesso di svelargli completamente, sia per
quanto concerne le grazie, sia per quanto concerne la sua miseria. E per
questo motivo la prova non è appropriata. Ho avuto alcune prove, che mi
hanno fatto ridere. Esprimerò meglio lo stesso concetto con queste
parole: il confessore è il medico dell'anima; pertanto come può un
medico che non conosce la malattia prescrivere una medicina
appropriata? Nemmeno a pensarci; poiché o non avrà alcun risultato
positivo, oppure la darà troppo forte ed aggraverà la malattia e talvolta -
Dio ce ne scampi - può procurare la morte, appunto perché troppo forte.
Parlo per esperienza, dato che in certi casi mi ha trattenuto addirittura il
Signore stesso. La terza cosa è questa: capita che il confessore talvolta
faccia poco conto delle piccole cose. Non c'è nulla di piccolo nella vita
spirituale. Talvolta una cosa piccola in apparenza fa scoprire una cosa di
grande importanza, e per il confessore è un fascio di luce per la
conoscenza di un'anima. Molte sfumature spirituali si nascondono nelle
piccole cose. Non sorgerà mai un fabbricato magnifico, se gettiamo via i
mattoni piccoli. Iddio da qualche anima esige una grande purezza; per
questo le invia una più profonda conoscenza della propria miseria.
Illuminata dalla luce che viene dall'alto conosce meglio ciò che piace a
Dio, e ciò che non piace. Il peccato è secondo la conoscenza e la luce
dell'anima; lo stesso anche le imperfezioni, benché essa sappia che ciò
che riguarda strettamente il sacramento è il peccato... ma queste piccole
cose hanno una grande importanza per chi tende alla santità e non può
un confessore tener poco conto di questo. La pazienza e la mitezza del
confessore aprono la via ai più profondi segreti di un'anima: l'anima
quasi senza accorgersene svela la sua abissale profondità. E si sente più
forte e più resistente. Ora lotta più valorosamente; si dà maggiormente
da fare, poiché sa che deve renderne conto. Ricorderò ancora una cosa
per quanto riguarda il confessore. Egli deve talvolta sperimentare, deve
mettere alla prova, deve esercitare, deve conoscere se ha a che fare con
della paglia, o con del ferro, o con dell' oro puro. Ognuna di queste tre
anime ha bisogno di esercitarsi in modo particolare. Il confessore deve
necessariamente formarsi un'opinione chiara su ognuna, in modo che
sappia quello che può sopportare in determinati momenti, circostanze e
casi. Per quanto mi riguarda, in seguito, dopo molta esperienza, quando
mi resi conto di non essere compresa, non svelai più la mia anima e non
mi guastai la tranquillità. Questo però avvenne solo quando tutte queste
grazie furono sotto il giudizio di un saggio, istruito ed esperto confessore.
Ora so come comportarmi in certi casi. 

sabato 14 marzo 2015



DIARIO DELLA 
DIVINA MISERICORDIA 
DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA

In quei momenti non avevo un direttore spirituale e non conoscevo nessuna direzione.
Pregavo il Signore e non mi dava un direttore.
Gesù stesso è stato il mio Maestro dall'infanzia fino ad ora;
mi ha condotto attraverso tutte le foreste ed i pericoli.
Vedo chiaramente che soltanto Iddio poteva condurmi
attraverso così grandi pericoli senza alcun danno, senza discapito; per
questo l'anima mia è rimasta intatta ed ho vinto sempre. Da tutte le
difficoltà, che sono state inimmaginabili, uscì. Tuttavia il Signore mi
diede un direttore spirituale, ma più tardi. Dopo quelle sofferenze
l'anima è di una grande limpidezza di spirito ed in una grande vicinanza
con Dio, benché debba ancora ricordare che in quei tormenti spirituali
essa è vicina a Dio, ma è cieca. Lo sguardo della sua anima è avvolto dalle
tenebre, ma Dio è più vicino ad una tale anima sofferente, solo che tutto
il segreto sta proprio in questo, che essa non lo sa. Essa afferma non solo
che Dio l'ha abbandonata, ma che essa è oggetto del Suo odio. Che grave
malattia della vista dell'anima che, abbagliata dalla luce di Dio, afferma
che Dio è assente, mentre è così forte che la rende cieca. In seguito però
ho conosciuto che Dio le è più vicino in quei momenti che in qualsiasi
altra circostanza, poiché con l'aiuto normale della grazia non potrebbe
superare quelle prove. Qui opera l'onnipotenza divina ed una grazia
straordinaria, perché diversamente si spezzerebbe al primo urto.
O Divino Maestro, questo è soltanto opera Tua nella mia anima. Tu, o
Signore, non hai paura di mettere un'anima sull'orlo di una spaventosa
voragine, dove essa è spaventata e terrorizzata e la richiami nuovamente
a Te. Questi sono i Tuoi incomprensibili misteri. Quando durante quei
supplizi dell'anima cercavo di accusarmi nella santa confessione delle più
piccole inezie, quel sacerdote si meravigliò che non commettessi
mancanze più gravi e mi disse queste parole: « Se lei, sorella, in questi
tormenti è così fedele a Dio, la cosa in sé mi dà la prova che Iddio la
sostiene con la Sua grazia particolare ed il fatto che lei non comprenda
questo è anche bene ». Strano però che i confessori non abbiano potuto
né capirmi, né tranquillizzarmi in quelle cose fino all'incontro con P.
Andrasz ed in seguito con Don Sopocko. Alcune parole sulla confessione
e sui confessori. Ricorderò soltanto ciò che ho sperimentato e vissuto
nella mia anima. Ci sono tre cose per cui l'anima non ricava profitto dalla
confessione in quei momenti eccezionali. La prima è che il confessore
conosce poco le vie straordinarie e mostra meraviglia se un'anima gli
svela i grandi misteri che Dio compie nell'anima. Questa sua meraviglia
già mette in allarme un'anima delicata: essa nota che il confessore è
indeciso nell'esprimere il suo parere e non si rassicura, ma ha ancora più
dubbi dopo la confessione di quanti ne avesse prima, poiché essa sente
che il confessore la tranquillizza ma lui stesso non è sicuro. Oppure, cosa
che mi è capitata, il confessore, non riuscendo a penetrare alcuni misteri
di un'anima, le rifiuta la confessione, mostra un certo timore
all'avvicinarsi di quell'anima alla grata. Come può un'anima in tale stato
attingere tranquillità nel confessionale, dato che essa è così sensibile ad
ogni parola del sacerdote? A mio parere in tali momenti di speciali visite
di Dio ad un'anima, se il sacerdote non la comprende dovrebbe indicarle
un confessore esperto ed illuminato, od attingere egli stesso lumi, in
modo che possa dare all'anima ciò di cui ha bisogno, e non addirittura
rifiutarle la confessione, poiché in questo modo l'espone ad un grande
pericolo e più di un'anima può abbandonare la strada sulla quale il
Signore voleva averla in modo particolare. Questa è una cosa di grande
importanza, poiché io stessa ne ho fatto l'esperienza, cioè che già
cominciavo a barcollare, nonostante questi straordinari doni di Dio. E
sebbene Dio stesso mi tranquillizzasse, tuttavia desideravo sempre avere
il sigillo della Chiesa. La seconda cosa è il fatto che il confessore non
permetta di svelare tutto sinceramente, che dimostri impazienza.
L'anima allora ammutolisce e non dice tutto e per ciò stesso non ricava
profitto, e tanto meno ricava profitto, quando capita che il confessore
cominci a sottoporre a prove l'anima; e, siccome non la conosce, invece di
giovarle, le arreca danno. E questo perché essa sa che il confessore non la
conosce, dato che non le ha permesso di svelargli completamente, sia per
quanto concerne le grazie, sia per quanto concerne la sua miseria. E per
questo motivo la prova non è appropriata. Ho avuto alcune prove, che mi
hanno fatto ridere. Esprimerò meglio lo stesso concetto con queste
parole: il confessore è il medico dell'anima; pertanto come può un
medico che non conosce la malattia prescrivere una medicina
appropriata? Nemmeno a pensarci; poiché o non avrà alcun risultato
positivo, oppure la darà troppo forte ed aggraverà la malattia e talvolta -
Dio ce ne scampi - può procurare la morte, appunto perché troppo forte.
Parlo per esperienza, dato che in certi casi mi ha trattenuto addirittura il
Signore stesso. La terza cosa è questa: capita che il confessore talvolta
faccia poco conto delle piccole cose. Non c'è nulla di piccolo nella vita
spirituale. Talvolta una cosa piccola in apparenza fa scoprire una cosa di
grande importanza, e per il confessore è un fascio di luce per la
conoscenza di un'anima. Molte sfumature spirituali si nascondono nelle
piccole cose. Non sorgerà mai un fabbricato magnifico, se gettiamo via i
mattoni piccoli. Iddio da qualche anima esige una grande purezza; per
questo le invia una più profonda conoscenza della propria miseria.
Illuminata dalla luce che viene dall'alto conosce meglio ciò che piace a
Dio, e ciò che non piace. Il peccato è secondo la conoscenza e la luce
dell'anima; lo stesso anche le imperfezioni, benché essa sappia che ciò
che riguarda strettamente il sacramento è il peccato... ma queste piccole
cose hanno una grande importanza per chi tende alla santità e non può
un confessore tener poco conto di questo. La pazienza e la mitezza del
confessore aprono la via ai più profondi segreti di un'anima: l'anima
quasi senza accorgersene svela la sua abissale profondità. E si sente più
forte e più resistente. Ora lotta più valorosamente; si dà maggiormente
da fare, poiché sa che deve renderne conto. Ricorderò ancora una cosa
per quanto riguarda il confessore. Egli deve talvolta sperimentare, deve
mettere alla prova, deve esercitare, deve conoscere se ha a che fare con
della paglia, o con del ferro, o con dell' oro puro. Ognuna di queste tre
anime ha bisogno di esercitarsi in modo particolare. Il confessore deve
necessariamente formarsi un'opinione chiara su ognuna, in modo che
sappia quello che può sopportare in determinati momenti, circostanze e
casi. Per quanto mi riguarda, in seguito, dopo molta esperienza, quando
mi resi conto di non essere compresa, non svelai più la mia anima e non
mi guastai la tranquillità. Questo però avvenne solo quando tutte queste
grazie furono sotto il giudizio di un saggio, istruito ed esperto confessore.
Ora so come comportarmi in certi casi. 

lunedì 9 marzo 2015

DIARIO DELLA 
DIVINA MISERICORDIA 
DI SANTA FAUSTINA KOWALSKA

LA PROVA DELLE PROVE, L'ABBANDONO ASSOLUTO, LA
DISPERAZIONE. Quando l'anima esce vittoriosa dalle prove
precedenti e, sebbene forse incespicando, continua a combattere
valorosamente, e con profonda umiltà grida al Signore: « Salvami, che
perisco! », ed è ancora abile alla lotta, allora un buio tremendo avvolge
l'anima. L'anima vede dentro di sé soltanto peccati. Ciò che prova è
tremendo. Si vede abbandonata completamente da Dio; sente come se
fosse oggetto del Suo odio ed è ad un passo dalla disperazione. Si difende
come può; tenta di risvegliare la fiducia, ma la preghiera è per lei un
tormento ancora maggiore: le sembra di spingere Dio ad adirarsi di più.
E come se fosse posta su di un'altissima vetta che si trova sopra un
precipizio: l'anima anela fervidamente verso Dio, ma si sente respinta.
Tutti i tormenti ed i supplizi del mondo sono nulla in confronto alla
sensazione in cui è completamente immersa, cioè il rigetto da parte di
Dio. Nessuno le può arrecare sollievo. Vede che è tutta sola; non c'è
nessuno in sua difesa. Alza gli occhi al cielo, ma sa che non è per lei;
tutto, per lei, è perduto. Dalle tenebre cade in tenebre ancora più fitte.
Le sembra di aver perduto Dio per sempre, quel Dio che amava tanto.
Questo pensiero le procura un tormento indescrivibile; ma essa non si
rassegna a ciò. Prova a guardare verso il cielo - ma invano - ciò le procura
un tormento ancora più grande. Nessuno può illuminare una tale anima,
se Iddio vuole tenerla nelle tenebre. il rigetto da parte di Dio lo sente in
modo vivamente terrificante. Erompono dal suo cuore gemiti dolorosi,
così dolorosi, che nessun ecclesiastico confessore li comprende, se non
c'è passato lui stesso. Allora l'anima subisce ancora sofferenze da parte
dello spirito maligno. Satana la schernisce: « Vedi come sei ridotta?
Continuerai ad essere fedele? Eccoti la ricompensa: sei in nostro potere».
(Però Satana ha tanto potere su quell'anima, quanto Iddio gliene
permette. Dio sa quanto possiamo resistere). « E cosa hai guadagnato per
esserti mortificata? E che ricavi ad esser fedele alla regola? A che scopo
tutti questi sforzi? Sei respinta da Dio! ». Quella parola « respinta »
diviene un fuoco che penetra in ogni nervo fino al midollo delle ossa,
trapassa da parte a parte tutto il suo essere. Giunge ora il momento
supremo della prova. L'anima non cerca più aiuto; si chiude in se stessa e
perde di vista tutto ed è quasi come se si rassegnasse al tormento di
essere respinta. E un momento questo che non so definire. E l'agonia
dell'anima. Quando quel momento cominciò ad avvicinarsi a me la prima
volta, ne fui liberata in virtù della santa obbedienza. Fu la Maestra che
vedendomi si spaventò e mi mandò a confessarmi. Il confessore però non
mi comprese; non provai nemmeno un'ombra di sollievo. O Gesù, dacci
dei sacerdoti esperti! Quando gli dissi che stavo passando nell'anima le
pene infernali, mi rispose che era tranquillo per la mia anima, poiché
vedeva nella mia anima una grande grazia di Dio. Io però di questo non
capii nulla e nemmeno un piccolo raggio di luce penetrò nella mia anima.
Ormai comincio a sentire la mancanza delle forze fisiche e non riesco più
a far fronte ai miei doveri. Non posso più nascondere le sofferenze,
benché non dica nemmeno una parola su quello che soffro; il dolore
tuttavia che si riflette sul mio volto mi tradisce e la Superiora mi ha detto
che le suore vanno da lei e dicono che quando in cappella mi guardano
provano compassione per me, dato che ho un aspetto così spaventoso.
Tuttavia, nonostante gli sforzi, l'anima non è in grado di nascondere tale
sofferenza. Gesù, Tu solo sai come l'anima gema in questi tormenti,
immersa nelle tenebre; e tuttavia ha fame e sete di Dio, come le labbra
infuocate hanno sete di acqua. Muore e inaridisce; muore di una morte
che non fa morire, cioè non può morire. I suoi sforzi non sono nulla. Essa
sta in balia di una mano potente. Ora la sua anima passa sotto il potere
del Giusto. Cessano tutte le tentazioni esterne, tace tutto ciò che la
circonda, come un agonizzante non ha più la percezione di quello che gli
sta attorno: tutta la sua anima è raccolta sotto la potenza del Giusto e tre
volte santo Iddio. Respinta per l'eternità. Questo è il momento più teso e
soltanto Iddio può provare un'anima in questo modo, poiché Lui solo sa
che l'anima può sopportarlo. Quando l'anima è stata compenetrata da
parte a parte da quel fuoco infernale, precipita quasi nella disperazione.
La mia anima sperimentò questo momento quando ero in cella tutta sola.
Quando l'anima cominciò a sprofondare nella disperazione, sentii che
stava giungendo la mia agonia. Allora afferrai un piccolo crocifisso e lo
strinsi spasmodicamente in mano. Sentii che il mio corpo si distaccava
dall'anima e, sebbene desiderassi andare dai Superiori, non avevo più le
forze fisiche. Pronunciai le ultime parole: « Confido nella Tua
Misericordia», e mi sembrò quasi di aver spinto Iddio ad un'ira ancora
più grande e sprofondai proprio nella disperazione e solo di tanto in
tanto erompeva dall'anima mia un lamento doloroso, un lamento
inconsolabile. L'agonia dell'anima. E mi sembrava che ormai sarei
rimasta in quello stato, dato che con le mie forze non avrei potuto
uscirne. Ogni ricordo di Dio è un mare indescrivibile di sofferenze,
eppure c'è qualcosa nella mia anima che anela fervidamente a Dio; ma a
lei sembra che abbia solo lo scopo di farla soffrire di più. Il ricordo del
precedente amore, che Dio le aveva elargito, è per lei un tormento di
nuovo genere. I Suoi occhi l'han trapassata da parte a parte e tutto è stato
bruciato nell'anima dallo sguardo di Lui. Fu un lungo momento finché
entrò nella cella una delle suore e mi trovò quasi morta. Si spaventò e
andò dalla Maestra, che in virtù della santa obbedienza mi ordinò di
alzarmi da terra ed all'istante sentii le forze fisiche e mi sollevai da terra
tutta tremante. La Maestra conobbe subito in pieno lo stato della mia
anima. Mi parlò dell'insondabile Misericordia di Dio e disse: « Non si
preoccupi affatto, sorella; glielo ordino in virtù dell'obbedienza ». E mi
disse ancora: « Ora vedo che Iddio la chiama ad una grande santità. Il
Signore vuole averla vicino a Sé, dato che permette queste cose e così
presto. Sia fedele a Dio, sorella, poiché questo è un segno che la vuole in
alto nel cielo ». Io però non capii nulla di quelle parole. Quando entrai in
cappella sentii come se tutto si fosse staccato dalla mia anima, come se
fossi appena uscita dalle mani di Dio. Sentii l'inafferrabilità della mia
anima. Sentii che ero una piccola bimba. All'improvviso vidi
interiormente il Signore, il quale mi disse: « Non temere, figlia Mia,
Io sono con te ». In quello stesso momento svanirono tutte le tenebre e
le angosce, i sensi furono inondati da una gioia indescrivibile, le facoltà
dell'anima ripiene di luce. Voglio ricordare ancora che, sebbene la mia
anima fosse già sotto i raggi del Suo amore, le tracce del supplizio passato
rimasero ancora per due giorni nel mio corpo. Il volto pallido come
quello di una morta, gli occhi iniettati di sangue. Solo Gesù sa quello che
ho sofferto. In confronto alla realtà, è sbiadito quello che ho scritto. Non
so come esprimermi. Mi sembra di essere tornata dall'aldilà. Provo
disgusto per tutto ciò che è creato. Mi stringo al Cuore del Signore come
un lattante al petto della madre. Guardo alle cose con occhi diversi. Sono
consapevole di quello che ha fatto il Signore con una parola nella mia
anima; di questo vivo. Al solo ricordo del martirio passato, mi vengono i
brividi. Non avrei creduto che si potesse soffrire così, se io stessa non
l'avessi passato. E una sofferenza completamente spirituale. Tuttavia in
tutte queste sofferenze e battaglie non ho mai tralasciato la S. Comunione.
Quando mi sembrava che non avrei dovuto comunicarmi,
prima della S. Comunione andavo dalla Maestra e le dicevo: « Non posso
andare alla S. Comunione; mi sembra che non dovrei andarci ». Essa
però non mi permetteva di tralasciare la S. Comunione e io andavo e mi
sono resa conto che solo l'obbedienza mi ha salvato. La Maestra stessa, in
seguito, mi disse che quelle mie esperienze erano finite presto, « soltanto
perché lei è stata obbediente. È dovuto solo alla potenza dell'obbedienza
che lei ne è uscita così valorosamente ». E vero che il Signore stesso mi
ha tirato fuori da quel supplizio, ma la fedeltà all'obbedienza Gli era
piaciuta. Benché queste siano cose spaventose, tuttavia nessun'anima
dovrebbe spaventarsene eccessivamente, poiché Dio non dà prove al di
sopra di quello che possiamo. E d'altronde forse mai permetterà su di noi
simili tormenti. Ma lo scrivo perché se al Signore dovesse piacere
condurre qualche anima attraverso simili tormenti, non si spaventi, ma
sia in tutto, per quanto dipende da lei, fedele a Dio. Iddio non fa torto
all'anima, poiché è l'amore stesso, e per questo amore incomprensibile ci
ha chiamato all'esistenza. Però quando mi son trovata in quella tremenda
afflizione, questo non lo comprendevo. O Dio mio, ho conosciuto che non
sono di questa terra; me l'ha impresso nell'anima in modo energico il
Signore. I miei rapporti di familiarità sono più col cielo che con la terra,

benché non trascuri in nulla i miei doveri.