ARRIVA BABBO NATALE …
ARRIVA LA
BEFANA…
MA QUANDO ARRIVA GESU’ BAMBINO?
‘’L’epifania tutte le feste porta
via’’
Si conclude così, in bellezza, come si suol dire, il ciclo delle
festività natalizie: cominciate con Babbo Natale e terminate con la Befana!
Ma come, direte, Babbo Natale… befana… feste… vacanze… tutto qua?
Sì, tutto qua…e perché ci scandalizziamo tanto?
Non è forse vero che il Natale è tutto qua?
Non è forse vero che il Natale dei cristiani sia tutto qua?
Lo sappiamo bene che è così, anche se facciamo di tutto per convincerci
che non sia vero… non solo è così… è anche peggio di così: i riti scaramantici
legati al Natale e nei quali tutti ci credono sono così tanti che non si
possono contare!
Basti pensare alla famose quanto incolpevoli lenticchie alle quali viene
affidato il compito ingrato di ‘’portar soldi’’!
Compito ingrato perché… le povere lenticchie… ahimè… sono solo in grado
di riprodurre solo se stesse, non saprebbero proprio come trasformarsi in
monete sonanti… a meno che… non vengano toccate dal Re Mida o Pinocchio non
decida di piantarle nel campo dei miracoli… se il Gatto e la Volpe non le
rubassero… chissà… potrebbe anche succedere qualcosa!?
No, non sto scherzando, perché nel potere scaramantico delle lenticchie
ci credono davvero tutti, cristiani e non … una vigilia di Capodanno
senza lenticchie sarebbe uno scandalo!
In questo periodo di crisi pare che sia aumentato del 9%, a livello
nazionale, il consumo del ‘’prezioso’’ legume, già abbondantemente usato in
tutte le salse e con tutti i cotechini!
E di portafortuna natalizi ce
ne sono di ogni genere: in Italia esistono miriadi di rituali propiziatori da
svolgersi nella notte di San Silvestro… ne riporto solo qualche esempio:
·
in Sicilia, la sera del 31 dicembre, ogni lavoro
manuale iniziato dovrebbe rimanere in sospeso, perché si rischia di non
terminarlo o di concluderlo malamente; se proprio dovesse accadere, durante i
rintocchi della mezzanotte bisognerà declamare uno scongiuro che non riporto in quanto chiama in causa addirittura la Santissima Trinità.
Sistemata così
la coscienza lavorativa, è bene occuparsi dei riti scaramantici che
garantiranno un anno perfetto; si sa che il fuoco è simbolo della luce del sole
portatrice di energia e salute. Per questo nella notte di San Silvestro s’accendono
fuochi: in Friuli i ragazzi saltano sui falò, purificatorio rito pagano di
origine celtica, propiziatore di virilità e fecondità.
·
A San Martino di Castrozza, una lunga fiaccolata si
snoda dal colle delle Strine sino ai prati di Tonadico, dove verrà bruciato un
enorme fantoccio di legno e stracci e con lui, simbolicamente, verranno
cancellati tutti i guai e le tristezze del vecchio anno.
·
Importante è anche quello che si mangia quella notte;
innanzi tutto, mai come quest’anno occorrerà mangiare molte lenticchie perché
portan soldi: persino il serissimo Emmanuel Kant la sera del 31 dicembre si
cibava esclusivamente dei legumi tanto amati da Esaù.
·
In Val d’Aosta e nelle Marche, mentre scocca la
Mezzanotte è di buon augurio inghiottire (possibilmente masticandoli per non
strozzarsi, ché non sarebbe il modo migliore per iniziare l’anno) 12 acini
d’uva nera, mentre in Romagna va bene l’uva di qualunque colore (magnìla cla
porta quatrèn!) o altra frutta che si sgrana, come il melograno.
·
In Abruzzo a cena non debbono mancare 7 minestre di 7
legumi diversi, anche loro portatrici di ricchezza.
·
Altro elemento fondamentale del cenone dovrà essere la
frutta secca, simbolo di prosperità: se in Francia la tradizione ne esige 13
tipi diversi, da noi ne bastano 7: noci, nocciole, arachidi, zibibbo,
mandorle, fichi, datteri.
·
Indispensabile ovunque il cin cin con lo spumante o
del vino frizzante che, stappato a mezzanotte esatta, faccia il botto: questo
rumore, come quello di petardi e similari dicono che serva a scacciare il
malocchio
·
Per sapere cosa il nuovo anno porterà in famiglia, in
alcune zone della Calabria v’era la bizzarra usanza di far cadere una grossa
pietra sul pavimento della cucina: se non procurava alcun danno, era buon
auspicio. Se scheggiava le mattonelle, prediceva accadimenti sfortunati (ad
esempio il costo del muratore!).
·
Usanza tipicamente laziale sino a qualche anno fa, era
quella di lanciare fuori dalla finestra tre grossi vasi di coccio pieni
dell’acqua che era servita in precedenza a lavare pavimenti, insieme a oggetti
e panni sporchi e rotti di tutto l’alloggio: gettandola via si gettavano fuori
casa tutte le magagne e le tristezze dell’anno passato.
·
Ma in tutto il centro sud italiano vigeva (o vige
ancora?) la pericolosa tradizione di disfarsi, defenestrandoli, degli oggetti
vecchi e inutili: gesto simbolico che dovrebbe significare lo sbattere fuori
tutti i brutti ricordi.
·
Nel Bergamasco, il 1° gennaio, non si debbono prestare
oggetti di nessun tipo, in Calabria non chiedere soldi in prestito, nelle Marche
non acquistare né pagare niente, in Liguria non litigare, in Emilia-Romagna
bisogna iniziare un lavoro proficuo, in Campania … è meglio non scendere in
particolari … tutto questo perché, si sa, ciò che si fa il primo dell’anno
si fa tutto l’anno
·
Secondo le tradizioni
e le usanze friulane, nella notte di Natale, se una ragazza a mezzanotte si
guarderà nello specchio coi capelli sciolti, vi vedrà l’effigie di colui che è
destinato per sposo. Sempre la vigilia di Natale si mette sul fuoco il ceppo,
detto Zòc o Nadàlin. Questo ceppo è simbolo stesso del Natale, tant’è che lo si
portava a casa in forma solenne, un rito accompagnato dall’allegria dei
fanciulli che reggono lumi accesi. Alcune famiglie usano gettare nel fuoco
gocce di vino e qualche pezzo dei dolci che si mangiano, altri versano il vino
sul ceppo. Terminate le feste, le schegge e i carboni “del zòc” erano
conservati con cura e utilizzati per accendere il fuoco quando minacciava mal
tempo, o in segno scaramantico-augurale quando si dischiudevano i bachi.
Assieme alla schegge del ceppo natalizio si bruciavano anche le foglie
dell’ulivo benedetto e alcuni rami di ginepro ritenendo questa pratica un
potente talismano contro le malìe delle streghe e, generalmente, contro il
malocchio.
Continuare non credo che serva… ce n’è abbastanza per tutti!
Sono anche in tanti quelli che si occupano di recuperare queste
tradizioni perché non vadano perse e facciano ‘’cultura’’!
In realtà, mi chiedo che genere di cultura possa mai essere questa: una
cultura che crede che un suono di campanacci, (come quello che rimbomberà nel
nostro caro paese tra pochi giorni), che un pugno di lenticchie o un pezzo di
legno… possano migliorare la vita di tanta gente o addirittura far piovere
soldi, impedire disgrazie e intemperie o portare pace, felicità… amore!
Cultura è forse credere che oggetti inanimati siano rivestiti di così potenti
poteri capaci di cambiare la vita di un mondo intero!?
E a crederci davvero sono i cristiani, quelli che frequentano le chiese e
quelli che non frequentano le chiese convinti di essere più credenti di quelli
che le frequentano.
Qualcuno dirà: ma sono semplici tradizioni, cose da nonni, cose che si
fanno per divertimento, cose in cui nessuno ci crede veramente, cose senza
conseguenze, senza nessuna aspettativa…
L’inganno è proprio questo: non ci credo…ma!
Nessuno ammette di crederci, ma tutti hanno paura di non crederci!
Ammettere di credere nelle superstizioni si rischia di fare la figura del
credulone del Medioevo, ma pur affermando di non crederci… le lenticchie le
mangiamo lo stesso… non si sa mai!
Ecco il cristiano!
Ecco l’uomo colto e civilizzato!
Ecco la persona supertecnolocizzata… del Terzo Millennio!
Ecco la persona che crede di essere migliore dei suoi antenati!
In queste feste natalizie, ne ho sentite davvero di tutti i colori, ma
ciò che più mi ha colpito sono state le letterine a Babbo Natale, di grandi e
piccini: caro Babbo Natale, dona la
salute a mamma e papà… aiutaci a trovare lavoro, portaci la pace…
A voler continuare dovrei riportare milioni di letterine come queste…
Ma ci rendiamo conto in che cosa noi crediamo!
È vero che in ognuno di noi continua a vivere il fanciullino, di pascoliana
memoria, ma chiedere a Babbo Natale di trovarci un lavoro mi sembra davvero che
abbiamo oltrepassato il limite.
Ma quale Babbo Natale potrà mai darci un lavoro?
Ci rendiamo conto a chi domandiamo questa grazia?
A chi chiediamo aiuto?
Ad un personaggio immaginario! Inesistente!
Ad un uomo qualsiasi, vestito di rosso, con tanta di barba bianca, al
quale i bambini stessi fanno fatica a credere… ad un personaggio di semplice
fantasia affidiamo i nostri sogni, bisogni e desideri più delicati!
Ma in che mondo viviamo?
Ma che fine ha fatto la nostra ragione?
Ma che cristiani siamo?
I Babbo Natale spuntano da ogni angolo del mondo, appollaiati sui tetti,
arrampicati alle finestre, dentro i camini e sui manifesti di tutto il mondo;
per la befana poi … feste a non finire, tradizioni millenarie intramontabili, forme
tradizionali di befane regionali di ogni genere… si diceva oggi al
telegiornale: è arrivata la Befana, la festa dei bambini!
Mi chiedevo: ma Gesù Bambino arriva mai a Natale?
E per chi arriva: per i grandi, per i piccini?
Tutti arrivano: amici, parenti, familiari, sorprese, regali, Babbo
Natale, befane, pranzi, vacanze, l’anno nuovo, anche il primo nato dell’anno
nuovo… sono in tanti ad arrivare… ma forse, guardandoci intorno, si scopre che
l’Unico che dovrebbe arrivare, l’Unico che davvero dovremmo attendere con gioia,
con ansia, con stupore, con commozione, con desiderio intenso… l’Unico… non
c’è!
Non arriva!
O peggio: arriva, ma nessuno ci bada, a nessuno interessa… che cosa
potrebbe fare mai un Bambino… Babbo Natale è ben più potente di Lui!
Certo… che ne ha di potere Babbo Natale… l’economia mondiale conta su di
lui per incassare milioni su milioni e non solo per i regali!
Non c’è posto in questo nostro mondo strapieno di superstizioni, di
usanze pagane, di tradizioni senza senso, di convinzioni disorientanti, di
bisogni affidati alle fantasie del mondo, di desideri affidati a lampade cinesi
lanciate nelle notti di agosto… non c’è posto per il vero protagonista del
Natale: non c’è posto per Gesù Bambino!
In questo mondo strapieno di ogni cosa… c’è il vuoto più abissale della
storia!
In questo mondo illuminato da milioni di luminarie… regna la tenebra più
oscura!
Se l’umanità chiede la pace a Babbo Natale o per avere prosperità
economica si affida a delle lenticchie … vuol dire che ha davvero toccato il
fondo… e da quel fondo… fa fatica a credere nella Luce!
Per spiegare meglio la situazione in cui si trova oggi l’Umanità, mi
viene in mente uno dei più famosi miti che la filosofia insegna, quello della
caverna, riportato da Platone nel Libro Settimo de La Repubblica.
Egli ci dice: ‘’Si immaginino dei
prigionieri che siano stati incatenati, fin dall'infanzia, nelle profondità di
una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in
maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a
loro.
Si pensi, inoltre, che alle spalle
dei prigionieri sia stato acceso un enorme fuoco e che, tra il fuoco ed i
prigionieri, corra una strada rialzata. Lungo questa strada sia stato eretto un
muretto lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali,
piante e persone. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro e questo
attrarrebbe l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che
trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un'eco che
spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che
vedono passare sul muro.
Mentre un personaggio esterno
avrebbe un'idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscendo cosa
accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (ricordando che
sono incatenati fin dall'infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre
"parlanti" come oggetti, animali, piante e persone reali.
Si supponga che un prigioniero
venga liberato dalle catene e sia costretto a rimanere in piedi, con la faccia
rivolta verso l'uscita della caverna: in primo luogo, i suoi occhi sarebbero
abbagliati dalla luce del sole ed egli proverebbe dolore. Inoltre, le forme
portate dagli uomini lungo il muretto gli sembrerebbero meno reali delle ombre
alle quali è abituato; persino se gli fossero mostrati quegli oggetti e gli
fosse indicata la fonte di luce, il prigioniero rimarrebbe comunque dubbioso e,
soffrendo nel fissare il fuoco, preferirebbe volgersi verso le ombre.
Allo stesso modo, se il malcapitato
fosse costretto ad uscire dalla caverna e venisse esposto alla diretta luce del
sole, rimarrebbe accecato e non riuscirebbe a vedere alcunché. Il prigioniero
si troverebbe sicuramente a disagio e s'irriterebbe per essere stato trascinato
a viva forza in quel luogo.
Volendo abituarsi alla nuova
situazione, il prigioniero riuscirebbe inizialmente a distinguere soltanto le
ombre delle persone e le loro immagini riflesse nell'acqua; solo con il passare
del tempo potrebbe sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi.
Successivamente, egli potrebbe, di notte, volgere lo sguardo al cielo,
ammirando i corpi celesti con maggior facilità che di giorno. Infine, il
prigioniero liberato sarebbe capace di vedere il sole stesso, invece che il suo
riflesso nell'acqua, e capirebbe che: «
è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo
visibile e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e suoi
compagni vedevano. »
Resosi conto della situazione, egli
vorrebbe senza dubbio tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo
felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà: il problema,
però, sarebbe proprio quello di convincere gli altri prigionieri ad essere
liberati. Infatti, dovendo riabituare gli occhi all'ombra, dovrebbe passare del
tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente anche nel
fondo della caverna; durante questo periodo, molto probabilmente egli sarebbe
oggetto di riso da parte dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall'ascesa
con "gli occhi rovinati". Inoltre, questa sua temporanea inabilità
influirebbe negativamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, potrebbe
spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo, se tentasse di liberarli e
portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non varrebbe la pena di subire
il dolore dell'accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le
cose da lui descritte.’’
(Platone, La Repubblica, libro VII, 516 c - d, trad.: Franco Sartori)
Platone si riferisce alla scoperta della realtà delle cose che ci
circondano: cosa che forse dovremmo fare anche noi, aprire gli occhi accecati
da millenni di oscurantismo morale e spirituale, oscurantismo che viene da noi
e non dalla religione o dalle filosofie, ma soltanto dalle nostre credenze;
occorre svegliarci da quel sonno millenario che ci porta a credere che i sogni
sian veri e che la realtà possa essere ‘’trasformata’’ da personaggi come la
Befana e Babbo Natale!
Il nostro cuore si trova imprigionato nelle caverne più buie, il Sole
vero non l’abbiamo mai conosciuto, la Luce vera che viene a squarciare le
tenebre è solo una frase che ci lascia indifferenti, che ci lascia freddi,
vuoti e prigionieri più di prima… per nostra volontà!
Sì, semplicemente e soltanto per nostra volontà: i prigionieri della
caverna volevano uccidere colui che era andato a raccontare loro le meraviglie
che aveva visto con i suoi occhi, toccato con le sue mani, udite con le sue
orecchie… credevano che fosse impazzito e non volevano certo fare la
fatica di abituare la vista ad una nuova realtà: a che pro?
Perché tanta fatica?
E se poi non era vero niente?
Perché faticare per qualcosa di cui non si ha certezza?
Perché uscire da quella situazione che è l’unica realtà di cui si ha esperienza
e di cui si è certi?
Perché lasciare il certo per l’incerto?
E ritorniamo qui alle superstizioni: non ci credo… ma se caso mai ci
fosse del vero… meglio non rischiare!
Da filosofo e non da cristiano, Platone aveva capito che: « ... Nel mondo
conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l'idea del bene; ma quando la
si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò
che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano
della luce, nell'intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e
intelletto. » (Platone, La Repubblica, libro VII, 517 b - c, trad.: Franco
Sartori)
Se per Platone il sole che brilla
all'esterno della caverna rappresenta l'idea del bene, per noi quel Sole ha un
Nome ben preciso: Gesù!
È Lui il Sole, la Luce che in queste settimane Giovanni ci ha riproposto
più volte, è Lui quella Luce che squarcia le tenebre che tengono prigioniero il
nostro cuore e ci impediscono la vista delle cose vere.
E Platone ci dice anche un’altra verità: dopo aver fatto ritorno dalla
contemplazione del divino alle "cose umane", l'uomo-filosofo rischia
di fare una "cattiva figura", viene deriso e rifiutato dai suoi
stessi amici; lui, tornato entusiasta di ciò che aveva visto e scoperto, avendo
conosciuto la verità, non vedeva l’ora di farla conoscere anche ai suoi amici,
per liberarli dalle tenebre in cui si trovavano da sempre… ma così facendo
rischia di essere ucciso, perché va a scuotere la consuetudine, la tradizione,
la monotonia del vivere quotidiano, le certezze radicate nella conoscenza di
ciò che credevano reale e vero; così è anche per il cristiano: colui che dopo anni di ricerca e di cammino… riesce
a trovare finalmente Colui che ha da sempre cercato: Cristo, la Verità, la
Luce, ed apre gli occhi, apre il cuore, apre le mani, apre la sua stessa vita
al Bene che lo inonda di Luce e lo riempie della Grazia, Dono d’Amore per chi
incontra l’Amore… quel cristiano convertito rischia di essere emarginato,
creduto pazzo, considerato fuori dal normale!
Sì, in un certo senso il convertito è fuori dal normale … se consideriamo
che per normale si intende colui che chiede la salute a Babbo Natale… il
convertito che chiede la salute a Gesù è davvero fuori dal normale, perché fa
una cosa in cui non ci crede nessuno, che non farebbe mai nessuno!
Il mistero della conversione è la scoperta della Verità, l’incontro con
una Persona, la svolta che cambia la vita e ti riempie di entusiasmo e di
desiderio, bisogno incontenibile di urlare al mondo la gioia di aver incontrato
la Persona capace di rendere felice anche chi soffre su un letto di dolore!
È un mistero inspiegabile quello della conversione, ma un mistero possibile,
non riservato a pochi privilegiati, come ci ricorda papa Francesco, ma
riservato a tutte le creature create ed amate dal Signore!
Ecco, però, che il mito si traduce in tragica realtà: colui che si è
convertito vorrebbe dare testimonianza della sua esperienza, vorrebbe farsi
missionario della Verità, dire a tutti che
l’incontro con Gesù appartiene al mondo della realtà e non della
fantasia, che l’unico mondo non vero è quello delle opinioni, come ci dice
Platone, delle convenzioni, delle consuetudini, delle tradizioni cristallizzate
negli arcaismi della nostra coscienza, nei nostri timori di cambiare, di
invertire rotta, nelle nostre paure di lasciare il certo per l’incerto… così
come dicono gli antichi… ‘’lascia il
mondo come l’hai trovato’’, un detto
che i nostri anziani ripetono a ritornello quando qualcuno va a proporre loro
qualcosa di diverso…
È anche vero che a volte le proposte sono davvero indecenti come quelle
dei testimoni di Geova, altre volte, invece, andrebbero prese sul serio e
questo ci riporta ad un altro punto della filosofia platoniana: l’uso della
ragione e la sua trascendenza. Colui che esce dalla caverna, spiega Platone, fa
un percorso ben preciso, distinto in 4 tappe:
IMMAGINAZIONE: L'uomo è
prigioniero dell'opinione perché crede passivamente alle immagini delle cose
sensibili, cioè le ombre delle forme proiettate sulla parete della caverna.
FEDE: L'uomo,
anche quando osserva direttamente le forme di animali e piante fatte passare
dietro il muretto, è ancora legato all'opinione a causa del divenire
dell'esistenza.
DISCORSO INTELLETTIVO: L'uomo entra nell'intelligibile quando passa dallo
scorgere oggetti e uomini nel riflesso dell'acqua all'osservazione diretta
INTELLEZIONE: L'uomo
volge lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, approdando al mondo della
pura intellezione e giungendo a scorgere l'idea del Bene in sé.
Questo percorso di ordine filosofico non è in contraddizione con quello dello
spirito, ma sono identici, proviamo a ripercorrerlo in un’ottica spirituale:
IMMAGINAZIONE: L'uomo è
prigioniero dell'opinione, cioè delle superstizioni, delle credenze, delle tradizioni
anche pseudo-religiose, delle usanze, prigioniero del ‘’si è sempre fatto così’’ perché crede passivamente alla memoria
storica, senza esercitare l’uso della ragione e del discernimento.
FEDE: dice
Platone: ‘’l'uomo, anche quando osserva direttamente le forme di animali e
piante fatte passare dietro il muretto, è ancora legato all'opinione a causa
del divenire dell'esistenza.’’; e non è forse così anche per il cristiano?
Anche quando il sacerdote ti dice che è possibile incontrare Gesù, che la
Resurrezione è vera, reale, testimoniata, che la vita Eterna non è
un’invenzione per bambini, che l’Inferno e il Paradiso sono realtà e non
fantasie, che Gesù si è fatto Uomo per salvarci, anche quando ci viene rivelata
la Verità… noi continuiamo per la nostra strada… a lasciare il mondo come
l’abbiamo trovato… nelle tenebre sempre più tenebrose! Anche quando ci viene
messa di fronte la Verità noi la rifiutiamo.
Siamo cristiani-fai-da-te, siamo cristiani spenti, cristiani di
apparenze, cristiani tiepidi!
DISCORSO INTELLETTIVO: Platone
ci dice che è questo il momento dell’esperienza personale, esperienza che
corrisponde all’attimo della conversione, il momento in cui si comincia ad
esercitare l’uso dell’intelletto e si scopre che tutto quello in cui si era
creduto in realtà non erano che fantasie, illusioni, ombre, certezze comode,
fandonie, credulonerie… come la befana, come Babbo Natale, come le lenticchie…
come gli indumenti rossi da indossare la notte di san Silvestro!
La conversione è l’apertura dell’Intelletto e il passaggio dall’attenzione
alle cose umane a quelle divine, è lo sguardo alzato e aperto vero il cielo,
piuttosto che ripiegato verso la terre e le sue cose terrene.
INTELLEZIONE: questa
tappa potrebbe essere paragonata al momento mistico, al momento culmine
dell’esperienza religiosa: l’incontro con Cristo come Dio e come Uomo!
La scoperta che Gesù è vivo, vero, reale, presente e l’apertura al
prossimo quale volto dell’amore di Cristo!
Se ci sono delle parole che ricorrono in ogni Natale sono proprio quelle
della Luce e delle tenebre, entrambe accompagnano il nostro percorso di vita,
da cristiani e da uomini e donne di questo mondo.
Ma a noi piace restare prigionieri delle immagini, delle ombre, delle
tenebre, ci piace … non è forse poetico
scrivere una letterina a Babbo Natale per chiedergli la pace del mondo! Oh che
bella cosa!
Sì… ne avremo di millenni da aspettare che la pace ci giunga se
continuiamo a chiederla a Babbo Natale!
La pace, ci dice papa Francesco, ha la sua radice nella preghiera!
E la preghiera la si innalza solo a Dio, alla Luce vera, alla Verità,
come Maria ci ricorda da Medjugorje: “Cari
figli, sono qui in mezzo a voi come Madre che vuole aiutarvi a conoscere la
verità. Mentre vivevo la vostra vita sulla terra, io avevo la conoscenza della
verità e con ciò un pezzetto di Paradiso sulla terra. Perciò per voi, miei
figli, desidero la stessa cosa. Il Padre Celeste desidera cuori puri, colmi di
conoscenza della verità. Desidera che amiate tutti coloro che incontrate,
perché anch’io amo mio Figlio in tutti voi. Questo è l’inizio della conoscenza
della verità. Vi vengono offerte molte false verità. Le supererete con un cuore
purificato dal digiuno, dalla preghiera, dalla penitenza e dal Vangelo. Questa
è l’unica verità ed è quella che mio Figlio vi ha lasciato. Non dovete
esaminarla molto: vi è chiesto di amare e di dare, come ho fatto anch’io. Figli
miei, se amate, il vostro cuore sarà una dimora per mio Figlio e per me, e le
parole di mio Figlio saranno la guida della vostra vita. Figli miei, mi servirò
di voi, apostoli dell’amore, per aiutare tutti i miei figli a conoscere la
verità. Figli miei, io ho sempre pregato per la Chiesa di mio Figlio, perciò
prego anche voi di fare lo stesso.’’
La Verità!
La Verità, ci dice Maria, ha un
Nome: Gesù!
La Pace ha un Nome: Gesù!
La felicità ha un Nome: Gesù!
Ma noi siamo convinti che la Verità faccia male… per questo preferiamo
dimorare nelle tenebre e vivere da prigionieri, è più comodo, più sicuro, meno
faticoso!
Così termina anche questo Natale, con statistiche, regali da riciclare,
pranzi da smaltire, comincia il dopo-festa, si torna al lavoro usato, come
Leopardi ci ricorda, ricominciano le corse, le ansie, le preoccupazioni, gli
stress per la linea e la dieta da rispettare, per le bollette e tutte le tasse
da pagare… ritorna la dolorosa quotidianità… dolorosa sì… perché abbiamo
confidato soltanto nella Befana e in Babbo Natale… come possiamo aspettarci che
qualcosa cambi?
Siamo forse cambiati noi?
È forse cambiato qualcosa in noi?
Come potrebbe cambiare il mondo intorno a noi se nessuno ha voglia di
cambiare?
Se vaghiamo nelle tenebre e siamo felici di farlo, se siamo prigionieri
delle nostre credenze e siamo convinti di essere nel giusto, se continuiamo a
credere alle fantasie e al potere soprannaturale di lenticchie, rami d’albero e
filastrocche popolari… se tutto questo permane radicato in noi… cosa mai
cambierà dentro e fuori di noi?
E come possiamo aspettarci il cambiamento dal mondo esterno se non siamo
disposti a cominciare noi dall’interno a cambiare?
Il cambiamento ci spaventa?
È umano, è nomale, è comprensibile, è legittimo… ma la ragione ci dice
che ogni buon cambiamento non potrà mai fare del male… potrà sconvolgere
inizialmente, come un terremoto che rimescola il sopra con il sotto, come un
cataclisma che ti porta dalle stelle alle stalle… tutto questo è normale… è
giusto… è scomodo sì… ma è bello, è bellissimo… è tanto incredibilmente
devastante quanto profondamente desiderabile… ed è questo il mio augurio che
giunge al termine di questo ciclo di festività natalizie: il mio augurio è che
possiate provare, vivere, in questo nuovo anno, il più devastante e
rivoluzionante terremoto spirituale; che possiate uscire da quella caverna e
incontrare la Luce e sentire forte, impellente il bisogno di correre per il
mondo ad annunciare quella Luce che avete incontrato… all’alba, lungo il
marciapiede di una immensa stazione, in una grande città, nascosta sotto un
groviglio di cartoni inzuppati dalla neve, appena sciolta al tepore del sole,
dietro una lunga ed incolta barba, imputridita in stracci e sudiciume vario… in
due occhi smarriti e spaventati… nei quali brillavano gli occhi azzurri di un
Bimbo… nato per dare e per chiedere AMORE!
E in quelle sue braccia incrociate per difendersi dal freddo, intravedere
le manine tese di un Bambino desideroso di portare e di offrire tutta la
tenerezza di un Padre che va incontro a quel figlio che lo ha sostituito con un
vitello d’oro o con un uomo vestito di rosso che viaggia su una slitta.
Si dice che dove si è distrutta la religione, si è affermata la
superstizione!
CHE SIA UN ANNO QUESTO, DUNQUE, DI RIVOLUZIONE… DI VERA RIVOLUZIONE… LA
RIVOLUZIONE DELL’AMORE, DELLA VERITA’… DELLA SANTITA’!
CHE IL DIO DELLA VITA TORNI AD OCCUPARE IL PRIMO POSTO NEL NOSTRO CUORE,
CHE SQUARCI LE TENEBRE CHE HANNO POSTO RADICI PROFONDE IN NOI, CHE DISSOLVA LE
NUBI… CHE RIPORTI LA LUCE… CHE APRA I NOSTRI OCCHI ALLA LUCE E CHE CI ABITUI AL
SUO SPLENDORE!