sabato 27 febbraio 2016


DAR DA BERE AGLI ASSETATI

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O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, *
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne, *
come terra deserta, arida, senz'acqua.
(SALMO 62, 2-9)


Come terra deserta. Arida. Senz’acqua.
No, non sto parlando dell’estesissimo deserto del Sahara, né della sconosciuta Siberia né  del lontanissimo deserto del Kahalari, sto parlando di qualcosa a noi molto più vicino ed intimo, di molto più esteso anche del deserto più grande del mondo, sto parlando del DESERTO DELLA NOSTRA ANIMA.
La nostra anima ha sete.
Ha sete del Dio Vivente.
Che cosa significa questo?
Innanzitutto ci dice che la nostra sete non è solo quella fisiologica, facilmente saziabile, almeno in una parte del mondo; ma c’è un’altra sete, più profonda, più estesa, più insaziabile perché più sconosciuta, più difficile da ‘’ascoltare’’, da percepire, quindi più difficile da dissetare… più difficile perché la nostra attenzione è rivolta unicamente alle richieste del corpo, a quel corpo che chiede soddisfazione immediata, altrimenti fa sentire i suoi morsi e la sua ribellione in maniera così dolorosa, da obbligarci a dare attenzione e risposta al più presto.
Risultati immagini per dar da bere agli assetati immaginiLa sete interiore, invece, quella dell’anima è spesso sommersa, nascosta dietro strati e strati di durezza, prepotenze, egoismi, presunzioni… sotto una montagna gigantesca di peccati che la schiacciano al punto da farla estinguere, non perché sia stata soddisfatta, ma per incapacità di  riconoscerla; facciamo ‘’morire la sete’’ dentro di noi, perché siamo diventati così aridi al punto da far diventare la nostra aridità qualcosa di normale nella nostra condizione umana, ci siamo assuefatti a questa condizione al punto da dimenticare il nostro bisogno di sete interiore.
Siamo un deserto arido.
È normale che il deserto sia arido, ma non è normale che la nostra anima sia un deserto arido.
Noi siamo fatti per la fertilità, per la vita, per la riproduttività, per la nascita e la crescita, noi siamo campi fertili, distese di vegetazione e vita, noi siamo un campo di grano pronto per il raccolto, siamo abbondanza, ricchezza di raccolto, siamo fatti per il raccolto… invece… invece la nostra terra non fiorisce più, non produce più frutti, siamo terra arida, deserta, senz’acqua… e senz’acqua non c’è vita.
C’è dunque qualcosa dentro la nostra natura che non va, qualcosa che rinnega se stessa, che trasforma se stessa e ci fa essere diversi da ciò che siamo: non siamo terra deserta, ma terra fertile!
Per essere terra fertile, però, occorre irrigarsi spesso o lasciarsi irrigare da mani sapienti e generose.
Purtroppo, la secchezza della nostra ‘’terra’’ ci ha resi duri da talmente tanto tempo che abbiamo dimenticato il passaggio dolce e ristoratore dell’acqua che scorre e accarezza la terra ridandole vita e capacità di generare vita.
Siamo deserti. Siamo rimasti deserti troppo a lungo.
Siamo vastissimi deserti che si accontentano di essere tali.
Che credono di essere tali.
Che si sono rassegnati ad essere tali ed hanno dimenticato i tempi della fertilità.
Siamo deserti rassegnati.
Rassegnati ad essere deserti.
Ma se questa è la nostra scelta, questa non è la nostra vera realtà.
Andiamo contro noi stessi.
Facciamo violenza a noi stessi.
Occorrerebbe sentire quella ‘’sete’’, sentire la sua morsa, sentire i suoi crampi, lasciarsi lacerare dalla sete insaziabile, lasciarsi strappare le vesti dal bisogno di acqua, lasciarsi penetrare ancora da un raggio di luce che viene a svegliare la vita dentro di noi.
Quanta sete nel mio cuore… solo in Dio si sazierà!
È un grido lacerante… quanta sete nel mio cuore… è un grido lacerante che mi dice qual è il mio vero problema: sono assetata; e mi dice anche qual è la soluzione: ho bisogno di Dio.
Sì, quanta sete nelle profondità abissali del nostro cuore, anche le vie più sotterranee sono rimaste asciutte, neanche più una goccia; la sopravvivenza stessa è a rischio.
Una sete che si sazierà soltanto in Dio.
Una sete, però, che noi non sentiamo più… per questo  è destinata a restare SETE, un’arsura infinita e straziante il cui dolore non percepiamo più.
Risultati immagini per dar da bere agli assetati immaginiÈ la nostra condizione di uomini e donne abituati a dare risposte immediate ed abbondanti solo ai bisogni del corpo e a lasciare inascoltato il grido del nostro cuore, il suo bisogno di acqua pura.
Quel bisogno di acqua pura che altro non è se non  quell’angoscia che a volte ti prende e tu non sai darle un nome o un volto, non riesci a capirne la provenienza, la causa; è un’angoscia che ti strazia e ti sbatte come il vento fa con i panni stesi al sole o con la tenera erba appena germogliata e ti stravolge, ti annienta, ti annulla e tu non sai perché.
O meglio… non vuoi sapere il perché, non vuoi chiedertelo, dovresti fare i conti con una terribile realtà che non ti va o non hai il coraggio di affrontare: la realtà della tua vita interiore che non è quella che credi che sia, ma tutt’altra cosa da ciò che credi che sia… è deserto arido, senz’acqua, non campo rigoglioso percorso da fiumi di acqua viva.
Come siamo diversi nella nostra duplice realtà: fuori belli, sazi e vivi, dentro sporchi, assetati e morti!
Siamo come la doppia identità del dottor Jekyll e mister Hyde, sì siamo uno strano caso di terribile ambiguità, di sdoppiamento di personalità: dal dentro al fuori e dal fuori al dentro. Diversi. Persone diverse.
Eccessivamente curati fuori, sporchi e trasandati dentro; eccessivamente saziati fuori, terribilmente affamati ed assetati dentro.
No, non servono né l’ecografia né la Tac e nemmeno una risonanza magnetica per tracciare il quadro della nostra situazione interiore, non riuscirebbero ad oltrepassare l’invisibile, a cogliere l’Assoluto di cui siamo immagine.
La nostra interiorità ha una sua personalità, un suo bisogno di mangiare e bere, di saziarsi e ristorarsi… ma noi siamo troppo presi dal saziare e ristorare il nostro corpo, perché ‘’il ventre è – ormai- il nostro dio’’, siamo fatti o peggio ci siamo ridotti solo a ‘’carne’’, e diamo ascolto solo ai morsi, ai bisogni, alle richieste della carne, tutto il resto… è a noi sconosciuto, è da noi rifiutato direi, un rifiuto volontario, perché lo spazio interiore è scomodo e pesante, ingombrante, ci è d’ostacolo, rallenta il nostro passo,  ci induce a fermarci, rallenta la soddisfazione dei bisogni materiali, toglie spazio alle nostre urgenze esclusivamente fisiche.
Poveri noi!
Non siamo che erba secca, fieno, paglia bruciata dal sole ed invece siamo convinti di essere baobab rigogliosi carichi di frutti!
Poveri noi, perché annulliamo la parte migliore di noi e diamo spazio illimitato a quella parte destinata a perire, a ridursi in polvere, inanimata e inutile polvere.
Ci dice la Madonna nel messaggio del 25 febbraio scorso: ‘’Avete dimenticato lo scopo della vostra vita, il senso della vostra esistenza, vi siete persi in voi stessi, amate poco e pregate di meno’’.
Non poteva esserci fotografia più perfetta di questa: non preghiamo, non sappiamo amare e viviamo sazi di noi stessi, siamo noi al centro del nostro mondo. Siamo noi il centro di ogni cosa. Il fine ultimo di ogni cosa.
E non potrebbe esserci inganno più tragico di questo.
Abbiamo usurpato il centro all’Unico Vero Centro che ne ha vero e pieno diritto: a Cristo, vero e unico Centro di ogni cosa, in Lui tutto è ricapitolato, tutto confluisce in Lui, è quel Mare a cui giungono tutte le acque del mondo e solo in Lui trovano riposo .
Prendersi cura del proprio corpo non è un male in se stesso, anzi è un dovere verso se stessi, ciò che è male è l’esagerazione, dalla semplice e necessaria cura si è passati al ‘’ culto del corpo’’ , al punto da farlo diventare ‘’nuovo idolo, nuovo dio’’, centro primo ed unico della nostra attenzione.
Il ventre diventa il nostro dio, unico centro di interesse e di attenzione, al punto da  dominarci, ammaliarci,  schiavizzarci, asservirci totalmente.

Non è il mangiare in se stesso, ma quell’esagerazione immonda, quel compiacimento estremo, è quel saziarsi di mondanità che ci distrugge, che distrugge tanto la nostra stessa esteriorità, alterata nella sua bellezza originaria, quanto la nostra interiorità completamente annullata e cancellata dal nostro orizzonte di vita.
Il danno peggiore della mondanità è quello di averci privati della nostra tridimensionalità, del nostro spessore ed averci ridotti a ‘’figure piane’’, piatte, cioè a due dimensioni: altezza e larghezza, escludendo la profondità, quella profondità che ci dà la prospettiva tridimensionale, quel valore aggiunto che ci fa diversi  dalle cose e dagli animali.
Il problema vero è che noi non vogliamo essere diversi da loro, noi vogliamo essere proprio come loro, perché solo così potremo vivere in assoluta libertà tutta la nostra carica istintuale e soddisfare ogni più piccolo bisogno carnale, legittimo o meno che sia e sentirci sazi solo di questo.
Una sazietà transitoria, ovviamente!
Il nostro bisogno di saziare, di assecondare gli istinti più bassi che dentro si muovono toglie qualsiasi attenzione ai bisogni dello spirito, negando a se stessi la presenza di qualcosa di più grande e di più nobile che vive dentro di noi e che chiede la stessa attenzione data alla nostra corporeità.
Di te ha sete l’anima mia ed è una sete quotidiana, che si sveglia sin dal mattino: all’aurora ti cerco, a te anelo, come la cerva ai corsi d’acqua, come la sabbia arsa sotto il sole, di Te ha bisogno l’anima mia… che soccombe perché non so più trovarti, non so più riconoscerti, non so più come saziare la sete che mi devasta.
Risultati immagini per dar da bere agli assetati immaginiL’allarme è globale: la desertificazione avanza, la siccità aumenta, il deserto mangia i terreni un tempo fertili,  il deserto conquista  l’Occidente più di quanto si possa pensare;  l’aridità interiore ha ormai invaso tutto l’Occidente che ha perso la memoria dei tempi in cui era ‘’valle fertile, capace di essere e donare vita nuova’’.
Noi ci siamo inariditi e la cosa peggiore è che rifiutiamo che qualcuno riprenda ad irrigarci, sarebbe un dover ricominciare da capo, un abbattere per ricostruire… no, troppa fatica, chi ce la fa fare, stiamo bene così, con le nostre libertà conquistate, sì… come la libertà di lasciarci morire…
 È la decisione di qualche giorno fa di una donna malata di sclerosi multipla, intervistata dal TG2: ho già scelto il giorno in cui morire, è mio diritto farlo, non voglio soffrire!
Una scelta personale che diventa quasi diritto legale, è la conferma del nostro metterci al posto di Dio: solo io ho diritto di vita e di morte su me stessa.
Ecco, Dio non serve più, non ha nessun potere su di me, sono io padrona di me stessa, il corpo è mio e decido io se farlo vivere o morire.
Sconcertante!
Ciò che emerge non è tanto la sfida rivolta a Dio, quanto la nostra paura di soffrire, la nostra fragilità e la nostra consapevolezza di non poter fermare in nessun modo un processo degenerativo che porta alla corruzione del corpo, quella corruzione fisica che tanto spaventa, come se non fosse questa la realtà di ciascuno di noi, come se questo corpo fosse destinato all’eternità; questo accade quando la morte interiore anticipa la ‘’ sorella nostra morte corporale’’ per dirla con san Francesco; quando ‘’la sorella acqua’’ non ha più falde acquifere a cui attingere dentro di noi, quando tutto è ormai definitivamente inaridito dentro di noi.
In questa totale aridità, l’inesorabilità della malattia si fa tempesta di sabbia che oscura il Cielo e riduce tutto a tenebre, tutto a disperazione e la disperazione senza la luce della Speranza Vera induce a scegliere la morte come unica speranza, l’inganno è così realizzato: basta una tempesta di sabbia e tutto crolla, perché i castelli costruiti intorno a noi sono stati fondati sulla sabbia e non sulla Roccia.
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Sempre qualche giorno fa, sentivo l’esperienza, invece, di un giovane ragazzo, Nino Baglieri, di Modica (SI) che a  17 anni, il 6 maggio 1968, precipita giù da un’impalcatura alta 17 metri. Ricoverato d’urgenza, Nino s’accorge con amarezza di essere rimasto completamente paralizzato. C’è chi tra gli specialisti e i dottori arriva a proporre l’eutanasia, ma la madre coraggiosamente  si oppone, confidando in Dio e dichiarandosi disponibile ad accudirlo personalmente per tutta la vita.
I primi anni sono stati davvero tremendi, rifiutava quella situazione, avrebbe preferito morire piuttosto che vivere in quelle condizioni, poi, grazie alle preghiere della mamma, fervida e tenace credente, un po’ alla volta qualcosa è cominciato a cambiare dentro di lui, ha imparato a scrivere tenendo la penna in bocca ed ha scritto testi di una spiritualità eccezionale, la sua conversione interiore gli aveva ridato la vita, lo aveva portato a vita nuova, pur restando assolutamente immobile nel suo letto.
Per 40 anni ha vissuto come un ‘’tronco morto’’ fisicamente, ma come tenero germoglio capace di fruttificare interiormente; per lui è stata avviato il processo di beatificazione, perché ha fatto della sua sofferenza fisica un’opportunità per una rinnovata e riscoperta vita interiore, molto  viva e attiva, eccezionalmente e meravigliosamente vivace; un cammino di spiritualità frutto di un dono di Grazia non concessa per pietà per la sua condizione fisica, ma come risposta alle preghiere costanti della madre: bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato.
La sua è stata una guarigione spirituale di eccezionale bellezza e fervore; le sue ferite sono state risanate con l’Acqua dello Spirito che ha ridato vita ad un corpo morto.

Pur nella sua immobilità, Nino ha saputo essere testimone del Vangelo della gioia e della speranza. Acqua di sofferenza che si è fatta Acqua di conversione per tanti.
Assolutamente immobilizzato nel corpo, incredibilmente vivo nello spirito.
È possibile, sì, è possibile quando si accetta di bere quel ‘’Calice della salvezza’’  che ci viene offerto gratuitamente per amore; è possibile quando si fa dell’Amore la prima regola di vita e ci si affida ad essa.
Ecco, una madre assetata di giustizia, è stata ascoltata dal Giudice Supremo e le è stata fatta giustizia, ha avuto più di quello che ha chiesto: ha chiesto la vita per suo figlio e le è stata data l’eternità.
La generosità del Signore non ha paragoni.
Ha chiesto un sorso d’acqua, le è stato dato un ‘’fiume di acqua viva’’.
Risultati immagini per dar da bere agli assetati immaginiCome nella piscina di Siloe: il corpo spirituale di suo figlio è stato guarito, una guarigione così straordinaria che ha messo in secondo piano la sua immobilità corporea.
Ecco, noi ci muoviamo tra due estremi: estrema sazietà corporea ed estrema aridità spirituale; estrema infermità corporea ed estrema libertà spirituale.
La nostra fede si muove tra due estremi: da una parte viviamo della promessa dell’acqua che disseta in eterno, dall’altra assecondiamo i bisogni del corpo come se non ci fosse altro in noi, come se fosse la carne la nostra unica realtà.
Speriamo in una promessa, ma in realtà non facciamo niente perché questa promessa possa realizzarsi in noi.
Eppure ci è stato dato tutto ciò che serve perché questo possa davvero realizzarsi; siamo stati immersi nell’acqua del battesimo, acqua purificatrice che ci rinnova prima e ci ritempra dopo.
Rinnovati dall’acqua della misericordia, siamo stati purificati dal Sangue della Passione; nel Suo Sangue, le acque amare del peccato sono state trasformate in acque vive della resurrezione
È necessario rinnovare il nostro Battesimo nella ‘’morte di Cristo’’, è solo lì che la nostra arsura epocale può trovare ristoro.
Perché se noi ‘’abbiamo sete del Dio Vivente’’, noi ‘’siamo - anche - la sete del Dio Vivente’’
’Ho sete!’’
È stata una delle ultime parole dell’Uomo-Dio su questa terra: ‘’Ho sete! Sete di anime, sete del vostro amore, sete di voi, voi siete la mia sete inestinguibile.’’
Il Cristo, il Figlio del Dio Vivente ci hai lasciato in eredità la sua sete,  se ne è andato assetato,  interiormente lacerato dall’implacabile  ‘’sete di noi’’.
Risultati immagini per dar da bere agli assetati immaginiUcciso dai nostri chiodi e dalle ferite atroci inflitte al Suo Corpo, ma ancor più da quell’ Acqua che non abbiamo saputo dargli quando ci ha chiesto da bere.
Non siamo stati ‘’ ACQUA’’ per Lui, ma ‘’ACETO’’, aceto amaro che brucia ancora di più le sue ferite interiori ed esteriori.
Non gli siamo andati incontro con la brocca dell’acqua fresca attinta dal pozzo di Sichem,  ma con una spugna imbevuta di aceto, attinta al pozzo amaro  del nostro peccato, della nostra superbia.
’Ho sete!’’
È consuetudine non negare l’ultima sigaretta al condannato, noi invece gli abbiamo negato anche l’ultimo desiderio: l’acqua del nostro amore.
Lui ci hai lavati nel suo sangue, ci ha dissetati all’acqua sgorgata dalle sue piaghe, ci hai saziati con il vino di Cana, ci ha ristorati con l’acqua della roccia, la nostra sete non gli è mai stata estranea, non è rimasto mai indifferente neanche alle nostre necessità fisiche.
Noi, invece, abbiamo deriso la sua sete: una spugna di aceto gli abbiamo offerto. Fiele e aceto in cambio dell’Acqua ristoratrice!

Perdonaci Signore,
non abbiamo saputo dissertati un tempo,
quando ‘’non sapevamo chi era Colui che crocifiggevamo’’;
ma  non sappiamo farlo neanche oggi,
che sappiamo molto bene chi abbiamo crocifisso
e chi continuiamo a crocifiggere
con le nostre arroganze e presunzioni.

 Ti sei addossato anche la nostra sete, Signore
e il carico si è fatto
ancor più insopportabile!

Perdonaci, Signore,
perché siamo rimasti indifferenti anche
all’ultima richiesta del Condannato,
l’aridità del nostro cuore
non ha saputo esaudire neanche il suo ultimo desiderio.

La nostra crudeltà supera
quella di coloro che urlarono a Pilato:
‘’Crocifiggilo, crocifiggilo!’’

Sì, continuiamo a crocifiggerti
e a farti morire assetato oggi più che mai,
perché dentro di noi non scorre più ‘’Acqua’’,
siamo ormai a secco da tempo.
Ma se noi non possiamo darti quell’Acqua che ci chiedi
e se non sappiamo essere ‘’Acqua per te’’,
allora dacci Tu da bere, Signore;  
dacci Tu la tua acqua che disseta,
liberaci da quest’arsura che ci distrugge,
che ci allontana da te, Fonte d’acqua pura.

Dacci da bere Signore
e non stancarti mai di dissetarci,
di saziare l’ arsura del nostro cuore; 
‘’facci Acqua’’ , fiumi di acqua
così che anche noi possano straripare di ‘’Acqua Viva’’
e possiamo dissetare il mondo che ha fame e sete di TE.
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Dissetaci, Signore,
e facci acqua per dissetare le strade deserte del mondo,
per far fronte a quella desertificazione che ci devasta
e ci rende sterili;
aiutaci a metterci al servizio della Vita e non della Morte,
facci ‘’Acqua Viva’’  come Te,
che sei Fonte inestinguibile di Vita Eterna!
Facci ‘’Acqua Viva’’ per Te,
nostra Patria e nostra Felicità.

O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora Tu ci cerchi,
di noi ha sete l'anima tua,
di questa terra deserta, arida, senz'acqua

Siano le nostre lacrime di pentimento, Signore,
 l’acqua che ti disseta,
l’acqua che rinnova il mondo,
l’ acqua che ci porta  a Te,
Mare di Misericordia Infinita,
 e in Te trovi, finalmente,

pace, ristoro e quiete!
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