venerdì 25 settembre 2015


Di fronte al dolore del mondo…

Perché il male? Perché il dolore innocente? Perché questa assurda impotenza di fronte all’ingiusto dolore?
Dimmi, quante volte hai rivolto al cielo queste domande? 
E quante il volte il cielo ti ha risposto?
Quante volte il suo silenzio ti ha convinto?   
Dimmi, compagno di strada in questo mondo, quante volte hai chiesto alla natura di darti le ragioni dei forti venti che risucchiano in pochi istanti persone, esseri viventi e cose? Quante volte le hai chiesto perché il mare e la terra sembrano tradire l’uomo che dovrebbe dominarli?
non vedere E ora dimmi, perché continui a pretendere 
da Dio e dal cosmo risposte sensate e convincenti e a te stesso e alla tua coscienza non osi fare neppure una sola domanda?
Perché non chiedi alla tua mano perché ha ucciso?
Perché non chiedi ai tuoi occhi perché non hanno voluto vedere?
Perché continui a non chiedere alle tue orecchie perché non vogliono sentire e alla tua bocca parlare?
Dimmi, fratello, perché, oggi, non domani… perché, oggi, non chiedi al tuo cuore e alla tua coscienza di imparare ad amare, a prendersi cura del mondo e dell’altro, a proteggere il povero e l’ultimo, a perdonare e costruire la civiltà della misericordia? 
Dimmi uomo, perché vuoi dominare le leggi di una natura che non è nata da te, perché vuoi insegnare a Dio come si governa il mondo e poi tu, io, noi, stiamo trasformando il mondo e ogni sua creatura in uno sterminato campo minato? In un territorio nemico da depredare?
crocifisso cvChe… la passione del Giusto innocente, condannato a morte, possa davvero insegnarmi qualcosa… possa accompagnarmi nel cuore di questa storia, ferita dalla violenza umana e tradita dalle mille forme di odio e vendetta, per amarla, per accarezzarne le lacrime, per impedire all’odio di fornire le risposte migliori. 
Di fronte a quel crocifisso non chiederò: “Dio, dove sei?”, ma mi alzerò e proverò a impedire che quella croce sia ancora possibile… per altri. E se non ci riuscirò, mi avvicinerò ai crocifissi condannati e morenti e starò lì, con loro, anche nella morte.
Così la Pasqua potrà profumare di risurrezione, anche per me, anche oggi, anche per questa nostra porzione di storia!
suor Mariangela     (da www.cantalavita.it )

sabato 19 settembre 2015



‘’L’ORA SANTA’’ DEL CATECHISMO

Alla fine di ogni anno catechistico, presi dallo scoraggiamento, spesso succede che buona parte dei catechisti dicano tra sé: ‘’Questa è l’ultima volta che faccio il catechismo, non è possibile andare avanti così. Basta, ci rinuncio!’’.
Questa rinuncia interiore, (che per fortuna poche volte si concretizza nella realtà) nasce dal fatto che l’ora del catechismo, molto spesso, si trasforma in un’ora di combattimento corpo a corpo, al punto che non si vede l’ora che finisca, si cerca di andare avanti guardando l’orologio e dicendo a se stessi: resisti, mancano solo 45 minuti… mancano solo trenta minuti… dai adesso sono solo 15 minuti… ecco è quasi fatta…  anche per questa volta è andata!
Ecco, c’è un affanno e un’ansia che sicuramente non fanno bene né ai bambini né al catechista.
Ai bambini, perché se il clima è sereno il messaggio arriva nel  modo giusto e con buon profitto, in caso contrario ogni cosa è frammentario, con scarsa consapevolezza , tutt’al più resta a livello di conoscenza, ma non scende giù nel cuore e se questo non accade… vuol dire che qualcosa non è andata bene; Gesù non è un personaggio storico da analizzare, la sua vita non consiste in un insieme di imprese da memorizzare, ma è una Persona - viva - da incontrare, da conoscere per contatto diretto, intimo, personale, confidenziale.
Questo rapporto stretto e personale con Gesù lo si costruisce giorno per giorno e passa per i vari momenti di partecipazione alla vita della Chiesa, non meno per il catechismo che aiuta a salire quei gradini (mediante la preparazione ai Sacramenti dell’iniziazione cristiana), che portano all’incontro con Gesù.
È un rapporto di amicizia, un rapporto filiale, un rapporto che richiede la reciproca disponibilità e conoscenza: non si può amare chi non si conosce.
Questa conoscenza, che passa per il cuore prima ancora che per la mente, richiede tempi e modi adeguati, se il clima non è quello giusto… la piantina rischia o di non nascere proprio o di seccare subito dopo essere nata  o, se dovesse nascere,  e non è ben supportata dalla fede avrà vita dura in un terreno non fertile e non sufficientemente irrigato.
In un clima di confusione e di continua distrazione… la Parola di Gesù fatica a farsi sentire e a farsi accogliere per come è giusto che sia.

Quanto ai catechisti, naturalmente anche loro vivono  male la loro  esperienza di testimoni e di evangelizzatori, due compiti che non sono certo una passeggiata, non è come bere un sorso di acqua fresca; sono compiti che impegnano sul piano personale, su quello sociale nonché su quello prettamente spirituale.
I catechisti sono testimoni prima ancora che evangelizzatori¸ ma si può anche dire che lo sono contemporaneamente, in quanto testimoniano il Vangelo con la loro vita, con il loro mettersi a disposizione di una Persona che li chiama personalmente e singolarmente, che li sceglie per un servizio tanto delicato quanto complicato.
Un servizio fondamentale perché è l’inizio del cammino cristiano, i primi passi verso l’abbraccio eterno di Dio; un cammino che non sempre è facile avviare, né facile da accompagnare, né tanto meno facile da condurre a termine.
A quanto pare… niente è facile nella Vigna del Signore!
Nessuno ha vita facile nella Vigna del Signore.
Certo, non sarà facile, ma ciò non toglie che si può essere felici!
Essere testimoni, dicevo, significa mostrare con la vita, anche in assenza di parole, la veridicità e l’importanza di ciò che si va a dire.
Significa prima di tutto parlare con i fatti, poi anche con le parole per trasmettere quell’esperienza fondamentale che ha cambiato la propria vita; solo in virtù di questa consapevolezza e di questa esperienza straordinaria, si diventa catechisti, cioè coloro che, riconosciuta l’importanza di quanto è successo nella propria vita, non possono trattenersi dal farlo conoscere  agli altri e raccontargliela come un sogno realizzato che resta tutt’ora un sogno troppo bello per essere vero… eppure lo è!
È vero… davvero!
Essere evangelizzatori significa istruire altri: sulla pedagogia di Dio, sulla sua Presenza viva e reale fra noi, sul suo Amore  misericordioso e infinito per noi… significa scoprire  e far comprendere il senso profondo della vita e della morte, del dolore anche; significa dare loro l’opportunità di crescere nella vita sociale, nei rapporti interpersonali, nella vita spirituale;
significa offrire strumenti per la salvezza, per proteggersi dal maligno, ma anche per proteggersi dalle insidie del mondo, dalle truffe, dagli inganni spirituali che ci fanno deviare dalla retta vita, che ci illudono sul senso della vita, che ci mettono, purtroppo troppo spesso e troppo facilmente, contro Dio.
 Se la nostra fede non è salda  sulla Roccia, se il nostro cammino non è solido, se restano delle incertezze, delle falle, dei vuoti non colmati, dei dubbi, dei chiarimenti non avuti, se ciò che si è ricevuto non è supportato da una testimonianza autentica di vita cristiana, se fra il dire e il fare non c’è corrispondenza, se il nostro credere è fatto solo di parole e non di esperienze che danno senso e concretezza a quelle parole… allora qualcosa non va e si rischia di mettere in pericolo anche coloro che si vanno a formare e ad evangelizzare.
In pericolo come cristiani. E in pericolo come creature.
In pericolo perché se le nostre parole non si incarnano nella realtà, cadranno nel vuoto, non costruiranno niente di buono né di solido con il rischio che chiunque può proporci presunte verità e spacciarle per vere e distorcere, in questo modo, la Verità Assoluta, portarci lontano  da quella Verità che per il cristiano ha un Nome preciso: Gesù!
Volendo sintetizzare chi è Gesù si potrebbe dire che: è una Mano tesa verso le tante mani che chiedono aiuto.
La nostra fede è fatta dunque dell’incontro di due Mani:  una Mano desiderosa di salvare e un’ altra mano desiderosa di salvarsi.
Ecco, il ruolo del catechista sta proprio in questo: favorire l’incontro di queste due mani, allineare le loro traiettorie, metterle sulle stesse coordinate, accorciare le distanze fra le due mani, fra la nostra  e quella del Signore… un compito arduo che non sempre viene raggiunto, perché è difficile afferrare  mani che non vogliono afferrare la tua, che non sono disponibili o interessati a farlo, mani che sono piene di altre cose, di altri pensieri, di altre proposte.
Ecco la causa dello scoraggiamento: si tende la mano… ma nessuno desidera afferrarla!
Ed allora  si finisce con il pensare che non serve a niente tendere la mano, perché tanto  - si pensa - se  a nessuno interessa afferrarla  è una perdita di tempo, un impegno che non vale la pena portare avanti, sacrificando magari altre cose, come la famiglia, i rapporti interpersonali, i propri interessi…
È questa la difficoltà vera, ciò che più scoraggia i catechisti (almeno la maggior parte di essi, infatti è un coro comune quello che si alza dalle pagine di riviste cattoliche e siti religiosi): la consapevolezza dell’enorme responsabilità che ci si porta dentro e l’impossibilità, quasi, di vivere serenamente e nel modo giusto quell’ora ‘’santa’’.
L’ora di catechismo non è infatti un’ora qualunque, è ‘’un’ora santa’’, un’ora in cui ci si dispone ad incontrare Dio, la Sua Parola, la Sua Verità, i suoi insegnamenti, è un incontro ravvicinato di terzo grado, è un momento di comunione con Dio, di vicinanza con Lui e di condivisione della propria vita con Lui; quasi un mettersi cuore a cuore e sentire l’uno il palpito dell’atro; che si stia in chiesa o in un’aula non importa, il Signore è dovunque, ci vede e ci ascolta dovunque noi siamo, per cui anche in mezzo ad un campo, nell’ora di catechismo, Dio è con noi!
Quell’ora è un’ora santa, perché ci prepara alla santità.
E se si tende alla santità vuol dire che c’è una Grazia operante.
E la Grazia va accolta, interiorizzata, trasformata in vita da vivere, in un rapporto tanto intimo quanto personale e complesso.
Questo rapporto così speciale fa dell’ora di catechismo un’ora speciale, un’ora santa appunto, perché ci dà i mezzi, l’opportunità di essere santi, ci avvia, ci guida, ci istruisce sulle vie della santità.
È un’opportunità imperdibile e incredibile!
Purtroppo, come dicevo all’inizio, più che un’ora santa, l’ora del catechismo può essere definita  ‘‘un’ora devastata’’, mortificata, caotica, inconcludente, direi spesso… fallimentare!
Lo scoraggiamento che spesso prende i catechisti nasce propria da questa discordanza tra la percezione e la consapevolezza di ciò che è veramente l’ora del catechismo e ciò che in realtà diventa: la distanza è tanta, troppa!
Questo  scoraggia, delude, fa fuggire,  mette in crisi.
Fortemente in crisi.
E non è questione di metodi, non è questione di sussidi o di proposte di cammino… no, non è questo il punto!
Il punto sta a monte non a valle, la causa vera è un’altra e sta da un’altra parte: è la svalorizzazione del Nome di Dio da parte di una società scristianizzata.
Lo svuotamento, da parte della società, del Nome di Dio.
La nostra è una fede fatta di un’amicizia tanto intima quanto personale, più intima a noi della nostra stessa intimità… noi,  invece, siamo stati capaci di  trasformarla in qualcosa di irreale, di inutile, in qualcosa dal valore  inflazionato; quel rapporto da Persona a persona, da Padre a figlio, da Creatore a creatura… di cui è impregnato il Cristianesimo è stato ridotto ad un rapporto unilaterale, dove l’uomo si erge al di sopra di tutto e crede di non aver più bisogno di niente e di nessuno.
Bastano pochi minuti di conversazione con chiunque, giovane o meno giovane che sia, uomo o donna che sia che, immediatamente, parte la bestemmia, l’offesa, la maledizione o quell’intercalare continuo dei nomi di Dio, dei santi o della Madonna che rende quella conversazione quasi blasfema.
I bambini ascoltano, osservano, imparano… ed imparano che il Nome di Dio  vale molto meno del nome di un calciatore che – guai  a offenderlo -  o a nominarlo in maniera irriverente, nel parlare di lui il sorriso si allarga e la mente esulta per l’impresa eccezionale di saper calciare un pallone dentro una rete.
Il Nome di Dio lo si usa, invece, quando ci si arrabbia, quando non ci piace come vanno le cose, quando siamo delusi, ma non per invocarlo e chiedergli aiuto e soccorso, semplicemente per scaricare su di Lui la nostra rabbia, per gridargli il nostro disappunto, per prendercela con Lui per il latte versato.
Per il semplice latte versato!
Molto spesso, la bestemmia non ha nemmeno una causa precisa… parte e basta… senza motivo, anche in assenza di rabbia, di motivi concreti, di situazioni di vero disagio… si bestemmia per abitudine, si bestemmia in maniera meccanica, automatica… tant’è la durezza del cuore da non sapersi più nemmeno ascoltare e da non riuscire più nemmeno a decidere quel che si dice…si apre la bocca e il Nome di Dio è il capro espiatorio di ogni cosa… fosse anche di una banalissima battuta!
È terribile!
I nostri bambini vivono queste situazioni familiari e sociali, assorbono questo linguaggio, lo fanno proprio, lo interiorizzano e se ne convincono.
Ovviamente, quello della bestemmia è solo uno dei tanti comportamenti perversi del nostro essere cristiani…  bisognerebbe parlare di quello che si crede e si pensa dell’andare a messa, del partecipare all’adorazione quotidiana, del rispettare il digiuno anche solo nei giorni comandati, del fare un ‘’fioretto’’ da offrire per una richiesta di aiuto; non parliamo delle tante prese in giro nei confronti dei ragazzi  o delle ragazze che decidono di frequentare la vita della chiesa più da vicino o di far parte di un gruppo o di un’associazione… l’ elenco è tanto lungo quanto doloroso!
Difficile diventa, a questo punto, scardinare il Nome di Dio da questo stato di cose e ridargli il giusto valore, il giusto spazio, il giusto ruolo!
Difficile perché ciò che viene fatto o almeno che si cerca di fare al catechismo viene annullato dal ritorno a casa, e se non è nella propria casa… lo è sicuramente nell’ambiente sociale in cui si è immersi.
Molti bambini conoscono il Nome di Dio solo per averlo sentito nelle bestemmie!
E non c’è bisogno di commentare altro…
Parlare poi loro di Chiesa, di Sacramenti, di preghiera… è come parlare una lingua sconosciuta ma soprattutto una lingua che non appartiene alla loro realtà quotidiana: magari il discorso di un extraterrestre lo capirebbero, mentre quello dei segni e dei simboli della Chiesa è letteralmente incomprensibile per loro.
Sto esagerando?
Vi faccio qualche esempio…
Molti bambini credono che l’Ostia che si riceve nel fare la Comunione sia una ‘’patatina’’.
Altri pensano che Gesù sia un Uomo ricco perché alla nascita ha ricevuto oro, argento e mirra…  anzi… birra e non mirra, per cui è anche un ubriacone!
Qualcuno è arrivato anche a dire … di aver paura del prete perché è un VAMPIRO!
Alla domanda di chiarimento di questa convinzione, il bambino risponde: perché beve il Sangue di Cristo! Io non voglio farlo mai, perché non voglio diventare un vampiro come lui!
E non sono certo convinzioni di bambini di tre anni, ma di bambini che hanno già fatto esperienza di catechismo.
Non c’è bisogno di aggiungere altro… voglio invece riportare un’esperienza che mi ha fatto riflettere molto…  sul nostro essere cristiani.
Qualche tempo fa, mi è capitato si seguire una trasmissione su TV2000, dove fanno spesso programmi di natura religiosa, si trattava di un documentario che metteva a confronto una lezione di catechismo cristiano con  una di insegnamento coranico.
Le scene si alternavano per poter meglio cogliere somiglianze e differenze; una cosa in particolare mi ha colpito: nell’ora di catechismo cristiano i bambini saltavano di qua e di là, la catechista si rivolgeva ora a questo ora a quel bambino, sperando di trovarne qualcuno attento ed interessato a quanto diceva; erano quasi tutti indaffarati nell’esplorazione dell’aula o nel discutere dei fatti propri; qualche parola di tanto in tanto riuscivano a coglierla, rispondevano anche tra un saltare e l’altro, tra un correre e acchiapparsi e una banale litigata. Intanto la catechista cercava di semplificare il più possibile l’argomento proposto, con un linguaggio semplice e in modo narrativo, come il raccontare una storiella, una favola quasi per renderla accessibile e comprensibile a tutti.
Verrebbe da dire: certo, sono bambini, che cosa gli si può chiedere? Occorre prendere quello che è possibile, senza aspettarsi niente, lasciandoli liberi di maturare piano piano!
Sono le nostre giustificazioni occidentali!!! Ma… lasciamo stare…
Nella controparte, le cose, invece, andavano molto diversamente: i bambini avevano la stessa età di quelli della scuola cristiana, più o meno 6 -7 anni; nell’entrare salutavano il loro catechista e poi,  con molta delicatezza e riverenza,  si sedevano per terra incrociando le gambe e, nel più completo silenzio, con gli sguardi rivolti all’educatore ascoltavano con attenzione quanto  diceva loro.
E che cosa diceva?
 Diceva che nella loro religione non si poteva pronunciare il nome di Dio senza rispetto e senza anteporre a quel nome una serie di aggettivi che ne definivano il valore e la grandezza; al nome di Allah, dovevano anteporre: l’altissimo, il divinissimo, il santissimo… Allah.
Guai a pronunciare quel nome senza quelle serie di attributi, perché diventava un’offesa al loro dio e una mancanza di rispetto per la sua  sovrannaturalità, per il suo essere al di sopra di tutto e di tutti.
I bambini restavano quasi incantati da tanta sublimità, i loro occhi erano stupiti e i loro sguardi sbalorditi per l’immensità di quel dio che veniva loro presentato.
Ora, è vero che parliamo di due culture molto diverse, di due ‘’divinità’’ molto diverse: Allah è un dio altissimo ma lontanissimo, al di sopra del mondo, intangibile, quasi innominabile, irraggiungibile, lontano dalla vita terrena e dalle sue preoccupazioni, un dio che siede in alto nei cieli, che guarda il mondo dall’alto al basso, con distanza, con distacco.
Un dio che ha detto a suo tempo tutto ciò che aveva da dire, che resta in silenzio oggi ed  assiste alle vicende umane restando immobile ed imperturbabile dall’alto dei cieli.
Il nostro Dio, invece, ha annullato ogni distanza con la sua incarnazione, ha reso intimo ogni rapporto con il suo morire sulla Croce per salvare noi, ha reso grande ogni credente con il suo risorgere dalla morte ed ascendere ai Cieli per preparare il posto ad ognuno di noi.
Il nostro, dicevo  all’inizio, è un Dio che si fa vicino, che si è fatto Uomo per restare con noi per sempre, con noi oggi qui, su questa terra, presente ed operante in mezzo a noi. Non ci scruta dall’alto dei Cieli, ma si fa nostro compagno di viaggio e cammina accanto a noi, davanti a noi, combatte per noi, ci illumina il cammino, ci spiana la via, abbatte le montagne che ci impediscono il cammino, costruisce ponti, appiana colline, apre strade in mezzo al deserto e in mezzo al mare.
Il Nostro è  il Dio-con-noi, l’Emanuele, il Dio fattosi Uomo e venuto ad abitare in mezzo a noi.
Questa differenza è sostanziale, ma è anche sostanziale l’approccio e il comportamento dei due gruppi di bambini: Allah sarà anche un dio lontano, ma è un dio che non si può nominare invano, in maniera irriverente e con leggerezza, né è possibile utilizzare il suo nome per le imprecazioni. Non sia mai!
È un dio che viene onorato e reso potente dalla puntualità, precisione e profondità della preghiera, dal modo sacrosanto con cui viene pronunciato il suo nome, dall’attenzione totale con cui si ascoltano le sue parole. È stato impressionante vedere con quanta delicatezza, quanto silenzio, quanta attenzione, quanto interesse c’ erano in quegli sguardi di bimbi, a cui nessuno diceva di stare fermi e zitti, ma che semplicemente e liberamente si sono messi intorno al loro maestro ed hanno ascoltato, ascoltato attentamente.
Un sogno per noi catechisti cristiani, che abbiamo la fortuna di avere un Dio vicino e la sfortuna di avere i fedeli lontani.
Più Dio si avvicina, più noi credenti ce ne allontaniamo.
Più il nostro Dio cerca di venirci incontro e di entrare in un rapporto di confidenzialità con noi, più noi lo banalizziamo, lo riduciamo in polvere, lo svuotiamo di ogni cosa; è la qualità del nostro rapporto che fa acqua da tutte le parti  e fa la differenza fra noi e i musulmani.
Per noi cristiani, la santità di Dio vale meno dell’acqua fresca … non così, non così per i musulmani, non così per loro, per loro che pregano cinque volte al giorno, che si svegliano alle due di ogni notte per un’intera ora di preghiera e poi tornano a dormire… se ci riescono; noi facciamo  una notte bianca una volta all’anno… e ci pesa da morire e già ci sembra un’esagerazione esasperante da parte del parroco di turno!
Due esperienze, dunque, con lo stesso obiettivo:  nell’aula del catechismo cristiano si ride, si canta e si salta, si chiede mille volte di andare al bagno, si consulta  l’orologio ogni secondo per sapere quanto manca all’uscita, non si vede l’ora di uscire per andare al corso di… calcio, musica, ballo, piscina…; nell’altra, invece,  si resta immersi in un clima quasi di contemplazione che sembra essere pieno di quella consapevolezza profonda della grandezza delle  cose di Dio.
Si  arriva quasi a provare invidia per un simile modo di fare catechismo!
L’invidia per quel modo bello, tranquillo, santo… di fare catechismo
Un’utopia irrealizzabile nelle nostre aule di catechismo!
Perché un Dio che si è fatto piccolo e si è fatto Uomo per entrare nella nostra piccolezza umana, un Dio che ha preferito condividere tutto con noi, fuorchè il peccato… un Dio che si fa vicino …  ai nostri occhi diventa un Dio dalla logica perdente, un Dio povero, un Dio troppo umile … e questa sua umiltà fa schizzare in alto la superbia dell’uomo.
La nostra superbia è tale da fare della vicinanza misericordiosa di Dio… un’occasione di peccato!
L’irriverenza nel pronunciare il Nome di Dio supera ogni limite consentito, straripa nella volgarità, nella mondanità, nell’offesa, nel peggiore dei tradimenti.
È sconvolgente questa realtà!
Si arriva a sognare un catechismo come  quello di una scuola coranica , a desiderare quell’attenzione e quel silenzio quasi adorante di tanti bambini che sembrano riescano a cogliere, pur nella loro tenera età, quell’onnipotenza di un dio che sovrasta il mondo e le sue creature.
Ma, ovviamente, abbiamo già detto, questo non è il nostro Dio, il nostro Dio si fa chiamare Padre; il nostro Dio si fa chiamare Fratello, Amico, Sposo; il nostro Dio si siede accanto a noi, si siede di fronte a noi, ci tende la Mano e ci accompagna, ci guida, ‘’anche di notte’’ ci istruisce; il nostro Dio è un Maestro che ama, corregge, forma, plasma, interviene direttamente nella nostra vita, la raddrizza, le indica la strada giusta, perdona… abbraccia!
Sì, il nostro Dio non è un Dio che si fa guardare dal basso all’alto, che ci fa stare con il naso all’insù… il nostro Dio ci asciuga le lacrime e gioisce con noi, piange e soffre con noi, ci ama e ci chiama per nome, come fa un Padre con i suoi figli, come fa un Pastore con le sue pecorelle!
È bello il nostro Dio!
È bello questo, è molto bello!
Una bellezza, purtroppo, deturpata dalla volgarità del nostro linguaggio, dalla povertà dei nostri pensieri  e dalla miseria dei nostri sentimenti.
È doloroso questo! È molto doloroso!
Se da una parte, infatti, Lui si fa piccolo per incontrare noi, noi ci facciamo ‘’grandi’’ e ci innalziamo al di sopra di Lui e questo ci porta anche ad offenderlo, a sovrastarlo con la nostra superbia; questo fa sì che i bambini nella loro libertà di amare, facciano più fatica ad ascoltare la sua Parola, a comprenderne gli insegnamenti, a desiderare il Suo Amore,  a coglierne l’immensa portata del suo amarci.
Ma la bellezza della nostra fede sta anche nella libertà e nella possibilità del nostro rifiuto, della nostra indisciplina, della nostra reticenza, della nostra distrazione, del nostro chiasso.
Certo, un catechista soffre sempre quando, dopo aver impiegato tanto tempo per preparare la sua lezioncina, magari ha cercato giochi, testi che facilitino la comprensione del messaggio, preparato cartelloni o quant’altro per rendere più interessante e coinvolgente la lezione, si trova davanti un gruppo di bambini che ha voglia di fare tutto tranne quello di ascoltare o svolgere ciò che è stato preparato per quell’incontro!
La delusione per i risultati non raggiunti…  fa sentire forte tutto il suo peso e ti mette in crisi più del chiasso stesso dei bambini.
Ma il Signore non ha mai detto che seguirlo è facile, che avere a che fare con Lui è facile; ha detto che il suo giogo è dolce e leggero, ma ha anche detto che chi decide di seguirlo deve portare con sé la sua croce e seguirlo su quel Calvario che è la Meta dell’ Amore.
Ora, non voglio dire che fare il catechista sia  ‘’una croce così pesante e impossibile’’, vero è, però,  che a volte diventa così pesante da farsi impossibile ed allora… vien voglia di sedersi e abbandonare ogni cosa.
Ma c’è una sollecitudine che ti impedisce di sederti, c’è un movimento dentro che ti impedisce di abbandonare, c’è un anelito nel cuore che non ti lascia in pace, c’è un bisogno di camminare nonostante la salita, la fatica, lo scoraggiamento, la delusione, la stanchezza, tutto questo c’è… e non puoi non tenerne conto!
Ed allora… cosa succede a questo punto?
Succede che… al suonar della campanella – diciamo così –  all’inizio di ogni anno catechistico, ci si prende il proprio zaino sulle spalle e si riparte per la nuova avventura… che riserverà soprese, belle o brutte, novità da gestire, chiasso e confusione, corse ed urla, malumori e … tutta una serie di situazioni che si vorrebbero evitare… eppure quell’avventura cristiana ha un fascino al quale non puoi resistere… non riesci a dire il tuo no… non riesci a non dire… eccomi, ci sono!
Certo, è proprio  strana la nostra fede… quando credi di non poterne più, quando le tue forze vengono meno… allora una Forza nuova ti investe e tu, tra lo stupore e l’incredulità, riparti… passo passo, mano nella mano… una mano a Gesù e una a quei ‘’monelli’’ che scopri di non poter  non amare nella loro libertà di andare incontro al Signore, correndo, saltando, urlando… imparando ad amare!
Ed allora quell’ora si fa ‘’santa’’ davvero… la santità è fatta di libertà… si impara ad amare solo se si è liberi di amare, secondo i propri tempi, le proprie capacità, le proprie difficoltà… amare ed essere amati è un nostro bisogno… ma non è detto che sia facile, che sia semplice, che sia scontato… l’Amore è il traguardo… il cammino per quel traguardo è fatto di buche, di cadute, di salite, di scivoloni anche dolorosi, di fatica, di strade polverose  e sconosciute, di strade strette e di nottate buie… poi, camminando camminando, scopri che quelli che tu credevi fossero ostacoli al tuo cammino altro non sono che ‘’la misura alta della fede cristiana’’.
Il Signore ci invita a far festa con Lui, ma prima di giungere a quella festa bisogna conquistarsi l’abito adeguato, sostituire gli stracci della nostra miseria, con panni regali e adatti alla situazione… ecco… mentre cammini, arrancando per la stanchezza… scopri che ogni cosa cambia aspetto e dal buio dello scoraggiamento comincia a filtrare quel raggio di Luce che ti dice… dai… vai avanti… non sarà un’ora santa quella che ti aspetta, ma in quell’ora che credi ‘’devastata’’ … IO CI SONO!

E si ricomincia… a lode e gloria del suo Santo Nome!

giovedì 17 settembre 2015

LAUDATO SI'
      UN RACCONTO PER L'ESTATE
            LETTERA ENCICLICA
    DEL SANTO PADRE FRANCESCO
SULLA CURA DELLA CASA COMUNE





IV. Deterioramento della qualità della vita umana 
e degradazione sociale 

43. Se teniamo conto del fatto che anche l’essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e ad essere felice, e inoltre ha una speciale dignità, non possiamo tralasciare di considerare gli effetti del degrado ambientale, dell’attuale modello di sviluppo e della cultura dello scarto sulla vita delle persone.
44. Oggi riscontriamo, per esempio, la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia.
Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti di recente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti. Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati del contatto fisico con la natura.
45. In alcuni luoghi, rurali e urbani, la privatizzazione degli spazi ha reso difficile l’accesso dei cittadini a zone di particolare bellezza; altrove si sono creati quartieri residenziali “ecologici” solo a disposizione di pochi, dove si fa in modo di evitare che altri entrino a disturbare una tranquillità artificiale. Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree “sicure”, ma non altrettanto in zone meno visibili, dove vivono gli scartati della società.
46. Tra le componenti sociali del cambiamento globale si includono gli effetti occupazionali di alcune innovazioni tecnologiche, l’esclusione sociale, la disuguaglianza nella disponibilità e nel consumo dell’energia e di altri servizi, la frammentazione sociale, l’aumento della violenza e il sorgere di nuove forme di aggressività sociale, il narcotraffico e il consumo crescente di droghe fra i più giovani, la perdita di identità. Sono segni, tra gli altri, che mostrano come la crescita degli ultimi due secoli non ha significato in tutti i suoi aspetti un vero progresso integrale e un miglioramento della qualità della vita. Alcuni di questi segni sono allo stesso tempo sintomi di un vero degrado sociale, di una silenziosa rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale.
Risultati immagini per degrado ambientale47. A questo si aggiungono le dinamiche dei media e del mondo digitale, che, quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell’informazione. Questo ci richiede uno sforzo affinché tali mezzi si traducano in un nuovo sviluppo culturale dell’umanità e non in un deterioramento della sua ricchezza più profonda. La vera sapienza, frutto della riflessione, del dialogo e dell’incontro generoso fra le persone, non si acquisisce con una mera accumulazione di dati che finisce per saturare e confondere, in una specie di inquinamento mentale. Nello stesso tempo, le relazioni reali con gli altri, con tutte le sfide che implicano, tendono ad essere sostituite da un tipo di comunicazione mediata da internet. Ciò permette di selezionare o eliminare le relazioni secondo il nostro arbitrio, e così si genera spesso un nuovo tipo di emozioni artificiali, che hanno a che vedere più con dispositivi e schermi che con le persone e la natura. I mezzi attuali permettono che comunichiamo tra noi e che condividiamo conoscenze e affetti. Tuttavia, a volte anche ci impediscono di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale. Per questo non dovrebbe stupire il fatto che, insieme all’opprimente offerta di questi prodotti, vada crescendo una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento.

venerdì 11 settembre 2015



PANE SPEZZATO

''Venite e gustate quant'è buono il Signore''
DAL LIBRO DELLA SAPIENZA
PARTE SECONDA

II. SALOMONE E LA RICERCA DELLA SAPIENZA
I re devono ricercare la sapienza
La sapienza si lascia trovare
Parte IV

Salomone si accinge a descrivere la sapienza

[22]Esporrò che cos'è la sapienza e come essa nacque;
non vi terrò nascosti i suoi segreti.
Seguirò le sue tracce fin dall'origine,
metterò in luce la sua conoscenza,
non mi allontanerò dalla verità.
[23]Non mi accompagnerò con l'invidia che consuma,
poiché essa non ha nulla in comune con la sapienza.
[24]L'abbondanza dei saggi è la salvezza del mondo;
un re saggio è la salvezza di un popolo.
[25]Lasciatevi dunque ammaestrare dalle mie parole
e ne trarrete profitto.


PER RIFLETTERE INSIEME…
25]Lasciatevi dunque ammaestrare dalle mie parole e ne trarrete profitto.
In questo versetto c’è un consiglio, un invito, un’esortazione, ma soprattutto un dono; l’esortazione a lasciarci ammaestrare dalla Sapienza non è per mettere in evidenza la forza, la potenza, la sapienza stessa delle parole che verranno dette, ma ha come fine un altro obiettivo: un profitto buono per noi.

Quest’esortazione ha il sapore di un dono gratuito a tutto vantaggio per noi.
Capite!
Il Signore ci offre la sua Sapienza non per esaltare se stesso, ma per dare a noi il meglio di se stesso.
È la conferma del fatto che il Signore non si lascia vincere in generosità, oltre che del fatto che gli dà un’immensa  gioia offrire a noi quanto di più grande e di più caro Egli ha: la Sua Parola e la Sua Sapienza.
Straordinario! Eccezionale!!!
Stupefacente!!!
È la prova del suo grande amore per noi, la prova che non ci ha abbandonati quaggiù lasciandoci in balìa dell’ignoto e della nostra ignoranza, ma vuole istruirci, guidarci Lui stesso verso la Sapienza più grande, più piena, più santa, più buona per noi!
Il Signore si offre di farci da Guida nella nostra esistenza, vuole darci sicurezza con le sue parole, quelle certezze che non potremmo mai trovare con la nostra piccola mente, vuole rivelarci la Verità, i segreti del nostro esistere, vuole darci tutto quello che può esserci utile per vivere rettamente e quindi salvarci.
Sin dall’inizio, Dio ha pensato alla nostra salvezza.
Vuole salvarci a tutti i costi e ci dà tutte le opportunità perché noi potessimo salvarci.
Ci ha dato la Sua Parola, la Sua Sapienza e Suo Figlio: cos’altro poteva darci per farci capire quanto ci ama e quanto soffre per la nostra lontananza a causa della disobbedienza di Adamo!
Se pensiamo che con la Sua Parola ha creato ogni cosa; che la Sua Sapienza siede sul Trono presso di Lui e che tutte le cose le ha create n vista del Figlio e per mezzo del Figlio  e tutto in Lui sussiste… allora possiamo capire la grandezza, la potenza e la ricchezza di quanto ci ha dato… ci ha dato tutto, tutto: Parola, Sapienza e Suo Figlio Unigenito!
Un Amore così ci lascia senza parole, senza fiato; essere amati così tanto, nonostante la nostra disobbedienza e i nostri continui rifiuti… è davvero qualcosa di inimmaginabile, un amore straordinariamente immenso!
Dalle sue parole, dunque,  noi possiamo trarne buon profitto, utilità, cioè, qualcosa che è tutto a nostro vantaggio.
È come se ad un assetato da giorni qualcuno offrisse un sorso d’acqua fresca per ristorarsi.
Noi siamo gli assetati.
E noi siamo coloro che vengono dissetati gratuitamente e con gioia dalle Mani stesse di Dio.
Certo, è troppo grande questo dono e noi non lo comprendiamo!
No, non riusciamo a comprenderlo, perché supera la nostra piccolezza, perché ci porta oltre il nostro egoismo, perché è una logica troppo lontana dalla nostra che ci porta a misurare , a tenere per noi ciò che è buono, difficilmente e raramente riusciamo a darlo agli altri, ancor meno a chi non ci ama.
Quando noi abbiamo cose belle e preziose tendiamo a custodirle gelosamente, accuratamente, segretamente, non le mettiamo a disposizione di nessuno, abbiamo paura che ce le rubino, che possano rovinarcele… invece Dio ci dà quanto di più grande Egli ha e ce lo offre spontaneamente e gratuitamente e soprattutto lo offre a noi che non meritiamo niente e che ci permettiamo addirittura di disprezzare i suoi doni.
Per questo i nostri pensieri non sono come i suoi.
Per questo Lui è L’Altissimo, non solo perché è il nostro Creatore, ma perché la Sua Bontà è irragiungibile, troppo alta per noi.


[24]L'abbondanza dei saggi è la salvezza del mondo;
un re saggio è la salvezza di un popolo

Con questo versetto, il salmista vuole illuminarci su un altro aspetto non trascurabile: l’invidia consuma; l’invidia non ha nulla in comune con la sapienza.
Sì, l’invida rode e corrode ogni cosa buona, brucia ogni cosa bella, distrugge ogni sapienza.
L’invidia non è un vizio qualsiasi, ma è il padre dei vizi; l’invidia ha mosso Satana nel suo piano diabolico: quello di mettersi al posto di Dio, per invidia ha tentato e rovinata l’opera più bella uscita dalle Mani di Dio: l’uomo.
Per invidia continua a distruggere il Creato, a mettere la creatura contro il suo Creatore; l’invidia è nemica della sapienza perché non viene da Dio, ma nasce dal menzognero per natura, dall’ingannatore per eccellenza, da colui che mente, volendo mentire e sapendo di mentire.
Questo riferimento all’invidia è un avvertimento per noi, un invito a liberarci di essa se vogliamo davvero comprendere la sapienza di Dio, viverla e trarne giusto profitto.
La sapienza è la virtù dei re, se un re è saggio il mondo è salvo, perché si impegnerà per la pace, per i diritti umani, per l’uguaglianza, per la dignità di ogni uomo, per il bene comune, per la libertà, per la serenità di ciascuno, per la giustizia, il rispetto, l’onestà.
Se i re sono saggi, il mondo è salvo, perché  il mondo avrà imparato ad amare.
Quando si parla di saggezza, ovviamente, ci si riferisce alla Saggezza vera cioè a quella di Dio, non a quella degli uomini, che spesso è una pseudosapienza, inquinata e avvelenata dall’invidia o dalla superbia, dalla convinzione di essere alla pari, se non superiore, a Dio stesso.
Noi, infatti, abbiamo l’arroganza di dire a Dio: ‘’ La tua sapienza? No, grazie. Non ne abbiamo bisogno, non sappiamo che farcene, la nostra ci basta, è superiore alla tua. Abbiamo la nostra scienza, la nostra ragione, la nostra sapienza, che ce ne facciamo della Tua? Tienitela pure per te, non ci interessa, anzi ci disturba, perché viene a rovinarci i piani, ci toglie ciò che ci piace, ci mette in crisi; non ne comprendiamo il profitto, non sappiamo coglierne il buono che ce ne viene, non vogliamo il buono che vuoi darci, vogliamo restare nella melma della nostra incoscienza.’’
Tutto quello che sappiamo fare è opporre la nostra presunzione, illuderci che la razionalità della nostra sapienza sia sufficiente e che non abbiamo bisogno di nient’altro.
Ok.  Se questa è la nostra posizione, andiamo a vedere se è davvero così, esaminiamo le prove della nostra superbia e del nostro rifiuto della Sapienza di Dio.
Cerchiamo di capire quanto vale davvero la sapienza umana, separata da quella di Dio.
Vediamo fin dove l’uomo può arrivare, se non è sostenuto dalla sapienza divina.
Vediamo se ci sono re saggi che possono garantire la salvezza degli uomini.
Vediamo quali sono le nostre scelte, le nostre decisioni, le nostra azioni, le nostre proposte; vediamo se riusciamo ad essere immuni dall’invidia, liberi dalle nostre soggettività, capaci di essere al di sopra delle parti e al di sopra delle nostre presunzioni.
Vediamo tutto questo esaminando la realtà…
Questa volta porterò due esempi, molto diversi per argomenti, ma simili nelle conseguenze.
Due esempi di come ‘’usiamo’’ la nostra sapienza o, meglio dire, dove arriva la sapienza umana, cosa ne facciamo della nostra sapienza, per cosa usiamo la nostra sapienza, quali danni provochiamo a noi e agli altri usando in modo sbagliato la nostra presunta sapienza, a quali inganni andiamo incontro se non ci fidiamo e non ci affidiamo alla Sapienza di Dio.
E vediamo anche come, a volte, può essere manipolata e strumentalizzata la Sapienza di Dio, mettendola contro se stessa.
S’, anche questo accade, anche di questo siamo capaci, riusciamo a mettere Dio contro se stesso e a convincere noi stessi e gli altri di essere nel giusto e di spenderci per il Regno di Dio.
I danni che la nostra presunzione e la nostra arroganza fanno sono davvero incalcolabili.
Le nostre anime sono in pericolo, molto più di quanto pensassimo.
Il primo caso che andiamo ad esaminare riguarda un aspetto prettamente religioso, il secondo invece riguarda un aspetto più specificamente sociale; due campi in cui l’uso della sapienza umana rivela tutto il suo limite e anche la sua capacità ingannatoria, una sapienza, cioè, usata per ingannare piuttosto che per salvare.
La differenza sta proprio in questo: la sapienza umana inganna e distrugge, la sapienza divina protegge e salva.
A furor di logica, se siamo persone intelligenti, dovremmo preferire la seconda, invece… invece… vediamo che cosa riusciamo ad inventarci… credendo e facendo credere che sia tutto vero, tutto giusto, tutto buono… quando in realtà non c’è niente di buono né di giusto.
La cosa più grave è che coloro che ne parlano e divulgano certe opinioni sono veramente convinti della bontà dei loro pensieri: i primi ad essere ingannati dal loro stesso pensiero sono proprio loro, convinti del loro sapere cercano di convincere gli altri; ingannati da se stessi, ingannano gli altri. La sapienza umana non è garanzia di verità, perché non sempre essa è immune e protetta da ciò che ci portiamo dentro.
Un nostro piccolo problema personale, coniugato con un grande bagaglio culturale, può essere l’inizio di un nuovo modo di pensare che sfugge ai canoni tradizionali e porta lontano, purtroppo anche al di fuori di ogni logica umana e naturale.
Ma vediamo nel concreto, quali possono essere i pericoli e i danni dell’uso sbagliato della sapienza umana…

In queste settimane scorse, mi sono imbattuta, per caso, in alcuni video su you tube, pubblicati da un gruppo di persone che hanno costituito una ‘’fondazione’’ con sede a Siena, con l’intento di divulgare il messaggio del Regno dei Cieli.
I titoli di questi video mi hanno un po’ incuriosita, così ne ho visto qualcuno; erano alquanto accattivanti, sembravano interessanti e ‘’buoni’’, nel senso che quanto si diceva mi sembrava in piena sintonia con quanto annuncia la Chiesa cristiana, coerente con il Vangelo di Cristo, corretto nell’impostazione dei contenuti e coinvolgente nel modo di proporlo.
Il linguaggio era chiaro, preciso, ‘’sapiente’’, chi parlava sapeva molto bene quello che diceva, conosceva la Scrittura profondamente ed era capace di fare collegamenti coerenti tra l’AT e il NT; anzi, in molti casi, riusciva a tirar fuori anche concetti nascosti, cioè riusciva a cogliere la logica profonda del messaggio evangelico, rivelando nuovi aspetti e facendo scaturire nuove riflessioni.
La conoscenza della Scrittura si accompagnava ad una ben qualificata conoscenza psicologica, in modo particolare faceva riferimento alla psicologia transazionale, coniugando le due cose in maniera perfetta, una sintonia ben riuscita; dalla Scrittura  traeva la realtà da comprendere e gli insegnamenti da vivere e dalla psicologia traeva le spiegazioni dei nostri comportamenti spesso sbagliati e che ci portano a vivere secondo il mondo e non secondo Dio.
Riusciva a spiegare e a individuare, con un linguaggio chiaro e sicuro, la radice profonda del male che vive in noi, cogliendone tutta la portata spirituale e psicologica, in un discorso che non faceva una stonatura, affascinante per la sua profondità e suggestivo per quello che riusciva a suscitare nello spirito di chi ascoltava; spingeva, cioè, ad una revisione profonda di se stessi, alla comprensione di meccanismi sbagliati che muovono i nostri pensieri e che noi, invece, consideriamo innocui o addirittura giusti.
La  modalità con cui veniva espressa la spiritualità della Fondazione era più o meno simile a quella del Rinnovamento: molti avevano il dono delle lingue, carismi di guarigione e di liberazione dagli spiriti maligni.
Gli argomenti toccati riguardavano prioritariamente l’annuncio del Regno di Dio; quest’annuncio veniva fatto attraverso la consapevolezza di una lotta spirituale che riguarda ogni singola persona; si evidenziava, poi, l’importanza della preghiera, del raccoglimento per conoscere meglio se stessi ed evitare comportamenti che allontanano dalla logica di Dio; il superamento, tramite le conoscenze psicologiche, dei meccanismi di difesa che spesso ci fanno deviare dal giusto comportamento, di conseguenza il superamento dell’egoismo, della superbia, dell’invidia…
Tutti argomenti in sintonia con l’insegnamento della Chiesa cattolica, anche se molto ben conditi con le conoscenze psicologiche; il risultato, comunque, sembrava positivo, perché aiutavano a meglio conoscere se stessi per poter meglio comprendere il perché delle proprie azioni e delle proprie decisioni e fare così discernimento fra il bene e il male; in un certo senso si trattava di un accompagnamento spirituale che aiutava a capire cos’è bene e cos’è male, dove e come intervenire per cambiare e migliorare se stessi.
Mi son detta: ‘’Ben vengano queste organizzazioni di laici che aiutano e sostengono il lavoro della Chiesa nell’evangelizzazione dei popoli e nella corretta conoscenza del messaggio evangelico; ci sono tante distorsioni e tante sette che lavorano contro, meno male che a volte c’è anche qualcuno che lavora a favore, operai volontari nella messe del Signore, che contribuiscono alla diffusione della logica cristiana di amore, misericordia e fraternità, attraverso l’opera dello Spirito Santo.’’
Lo Spirito Santo, infatti, era la Guida di ogni loro seminario e  momento di preghiera, un’invocazione forte e intensa, una Pentecoste ogni volta.
Nei seminari si faceva cenno anche a casi di guarigioni sia da malattie spirituali che da malattie fisiche, oltre che a liberazioni da spiriti maligni, esorcismi veri e propri con la potenza dello Spirito invocato.
Mi sembrava tutto in perfetto ordine. Tutto buono, tutto lodevole.  Proprio  come in tutte quelle associazioni laiche di supporto alla Chiesa e da essa riconosciute ed approvate.
Dopo aver ascoltato per qualche giorno i loro sermoni, però, è successo qualcosa: ho cominciato ad avvertire un’assenza, percepivo un vuoto, come se mancasse qualcosa, qualcosa che desse senso e spessore a tutto quanto dicevano e facevano.
Non riuscivo a cogliere l’essenza di quell’assenza.
Chi o cosa mancava?
C’erano le parole e c’erano anche i fatti, non c’era niente contro nessuno, né contro la Chiesa o contro il papa o il clero, come succede in molti casi, qui era tutto a posto… eppure mancava qualcosa!
Così ho voluto saperne di più e sono andata sul loro sito.
Ad un primo sguardo, mi sembrava tutto a posto… c’erano iniziative umanitarie di tutto rispetto oltre che un buon lavoro di evangelizzazione.
Eppure…
Eppure… qualcosa non andava…
Un giorno, nel tentativo di capirne qualcosa in più di questa Fondazione, mi son trovata davanti ad un articolo del loro blog.
Ad una prima lettura non ho colto niente di strano, condividevo anzi quanto veniva detto.
Però sentivo che qualcosa mi sfuggiva e così l’ho riletto più volte… ed ho cominciato a capire…
Ma solo quando ho letto i commenti che seguivano quell’articolo tutto è stato chiarito… il problema c’era… ed anche grave, era solo molto ben nascosto!
Nell ’articolo in questione si faceva un’analisi sul cristiano di oggi, in tre Paesi europei a maggioranza  cristiana.
Dalle statistiche consultate emergevano dei dati sconvolgenti: solo un terzo dei cristiani è credente praticante; la quasi totalità di loro è a favore dell’aborto, dell’eutanasia e dei rapporti prematrimoniali; la quasi totalità non ha mai letto la Bibbia e la maggior parte di loro praticano l’occulto, seguono filosofie e culti orientali, new age compresa, molti sono iscritti alla massoneria; non ritengono che ci sia niente di male nelle pratiche di esoterismo e di astrologia o nella superstizione.
Un quadro del cristiano di oggi che ci sta tutto, è la verità, purtroppo, e questo non possiamo negarlo. Fin qui, quindi, tutto in regola.
Nella seconda parte dell’articolo c’erano poi delle riflessioni sul loro modo di vivere la fede:
‘’Molti  desiderano che nella loro vita cambi qualcosa, ma non la loro vita. Cercano Dio solo perché hanno problemi che vogliono risolvere e, quando capiscono che devono metter in moto la fede, preferiscono pensare che ogni persona ha la sua croce e che la deve sopportare perché forse dopo la morte la loro situazione potrà essere migliore. Altri ancora sono sempre in cerca di un cambiamento, ma quando scoprono che dovrebbero rinunciare a loro stessi e cambiare vita, preferiscono lasciar perdere e si rifugiano nella religiosità a copertura della coscienza che li rimprovera.
Infine altri cercano Dio e vogliono vivere come Lui dice, sono pronti a sacrificare qualcosa ed hanno fatto esperienza dell’incontro con il Signore, avendo conosciuto lo Spirito Santo. Però, non è mai abbastanza per fare quello che dice Gesù.
Questi dunque sono i “credenti” europei che dovrebbero andare nel mondo e portare l’influenza del nostro Re in ogni etnia!
In varie parti del mondo, molti di coloro che predicano il regno dei cieli spingono i credenti ad entrare, se non a primeggiare, nel sociale, ad invadere la politica, l’economia, i media, ecc.. Dicono, infatti, che, a causa della religione, le chiese si sono concentrate sul cielo, allontanando la gente dalla vita quotidiana sulla terra.
Per gli europei questo messaggio sarebbe un passo indietro nel pantano in cui la religione aveva già spinto la gente. Da sempre, che io ricordi o sappia, la chiesa cattolica ha invitato i “propri fedeli” a vivere nel mondo da “brave persone”, mentre alle cose spirituali ci avrebbe pensato il clero, gli addetti ai lavori, considerati come una sorta di "Leviti". Come conseguenza, in Italia i cattolici hanno effettivamente invaso la società, sono sorti molti movimenti ecclesiali attivi nella politica, nell’economia, nel campo delle famiglia, dei giovani, dello sport, ognuno prendendosi un proprio settore e sviluppando azioni anche di una certa efficacia, tanto da finire per far parte integrante del tessuto sociale stesso. Ma l’effetto che si è avuto è che i credenti hanno dimenticato Dio per consacrarsi al lavoro, ai propri talenti, alla propria intelligenza, alla scienza ed alla conoscenza, all’arte, allo sport, alla famiglia e, non di rado, al denaro, al potere ed alla corruzione.
Oggi in Italia quando parli del regno dei cieli e del Signore Gesù Cristo i “cristiani” ti considerano un disadattato sociale, perché è stato loro insegnato che questo Signore non ha niente a che fare con la vita di tutti i giorni, ma che e’ un Dio che sta nelle chiese e spetta parlarne solo ai “Leviti”. Quando vivi con fede, confidando nello Spirito Santo che dimora dentro di te e nella sua azione potente sull’ambiente che ti circonda, sono proprio i “cristiani” a scandalizzarsi perché per loro essere cristiani è solo appartenere ad una chiesa che si occupa della loro spiritualità, mentre essi si devono occupare del lavoro, della famiglia, della quotidianità, ovviamente in modo del tutto separato dalla fede, tanto che riescono anche a vivere di compromessi, per il denaro, entrano nella massoneria ed in altre diavolerie del genere.
In Europa la gente ha bisogno di riscoprire le priorità di Dio e di farle proprie, di vivere la vita quotidiana nella fede e, perciò, nello straordinario. I credenti hanno bisogno di riscoprire il mistero nascosto da secoli, Gesù Cristo in loro, la speranza della gloria e di coniugare la realtà spirituale, lo Spirito Santo che si esprime attraverso di loro con potenza e giustizia, con l’azione sociale.
Il credente europeo ha bisogno di scoprire che Dio vuole operare attraverso di lui, ma che ciò è possibile solo se è Gesù Cristo a vivere in lui.
Il mostro con cui lottiamo è una religiosità che ha già fatto i passi che altrove si stanno muovendo solo ora. Sembra che la storia riservi all’uomo un amaro destino: o si astrae dal mondo per essere spirituale, o si consacra al sociale, prima o poi dimenticando Dio.
Dobbiamo perciò trovare il punto di equilibrio che vuol dire fare quello che Gesù dice e lasciare spazio all’azione dello Spirito Santo attraverso di noi ed in noi. Gesù non costituì partiti politici, né fece scalate ad importanti centri di potere, anche se gli fu offerto. La sua efficacia non dipese neppure dall’aver messo in azione particolari talenti. Tutto ciò che fece fu obbedire al Padre, vivere secondo la propria natura funzionando con autorità e potenza, dire a tutti che con lui il regno di Dio era arrivato sulla terra e che allo stesso modo lo Spirito Santo sarebbe venuto a dimorare in coloro che avrebbero creduto in lui, distruggere le opere del diavolo, cacciare i demoni e guarire le malattie. Gesù è stato sempre coerente perché faceva quello che diceva, era totalmente dipendente dal Cielo ed operava con la gente per la loro liberazione e salvezza. La sua è stata una rivoluzione partita dal basso, dalla coscienza dei singoli, dalla loro redenzione e non dall’alto di rilevanti e influenti posizioni sociali. Ai suoi affidò un solo segreto: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Così l’unione nell’amore avrebbe fatto dilagare la rivoluzione a macchia d’olio e la “Sua Chiesa” sarebbe stata imbattibile.
E’ dunque l’ora di avanzare e di fare la rivoluzione che Dio si aspetta. Lo Spirito Santo sta suscitando in Europa gente nuova, che porta il messaggio del regno, che vive per Cristo ed opera nella potenza.
Per svolgere questa azione, ho costituito insieme ad altri una fondazione non profit e stiamo predicando ed insegnando il messaggio del regno dei cieli … Preghiamo per la liberazione e per la guarigione e Dio conferma la sua parola con segni, prodigi e miracoli. La gente cambia vita, la loro coscienza si rinnova e viene redenta dalla situazione di degrado ed afflizione in cui giaceva prima di incontrarci. Molti iniziano a loro volta a portare il messaggio ad altri. Si riuniscono in gruppi nelle case, pregano, mangiano insieme e danno gloria a Dio per ogni cosa. ...
Dovunque andiamo abbiamo incontrato forti opposizioni e persecuzioni ed anche coloro che si sono uniti a noi stanno subendo torti di ogni genere. Quello che più desta ostilità è che la religione perde il controllo e la preghiera di liberazione fa vedere la realtà del regno. Molti che hanno deciso di lasciare le chiese di cui facevano parte hanno subito violenza psicologica in famiglia. Altri sono stati licenziati sul lavoro. Quando ci rechiamo in un posto, c’è sempre qualche religioso che viene e dirci che quello è il suo territorio e che dobbiamo chiedere il permesso per parlare pubblicamente. Ma, nonostante le difficoltà, il regno sta avanzando ed il Signore sta riconquistando posizione su posizione. Viviamo nel miracolo ogni giorno. …’’

Un piatto ben condito, non c’è che dire, ma la distorsione psico-religiosa è molto forte e molto pericolosa: sembra una torta… tanto desiderabile quanto avvelenata!
Alcuni commenti che seguono questo articolo sintetizzano molto bene il pensiero di fondo; li riporto qui di seguito:
domanda - Non ho capito che posto ha per voi la Chiesa Cattolica Apostolica e il Santo Padre Benedetto XVI.

Risposta -  ‘’Al caro lettore che ha posto la domanda del 24/7, rispondo a titolo personale, ma credo di interpretare il pensiero di chi frequenta la Fondazione.
A noi di questioni dottrinali o istituzionali che siano cattoliche, evangeliche, ortodosse o di qualsivoglia altra religione importa poco. Il nostro impegno è orientato a fare ciò che ha comandato Gesù Cristo nella nostra vita. Amatevi gli uni gli altri, servitevi gli uni gli altri, amate i vostri nemici, pregate per chi vi perseguita, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano, date da mangiare agli affamati, visitate chi è in carcere e chi è malato, guarite gli infermi, cacciate i demòni, perdonate chi vi ha fatto del male, non giudicate e non condannate, riconciliatevi con i vostri fratelli e con i vostri nemici, fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi, siate misericordiosi e praticate la giustizia, ama il prossimo tuo come te stesso perché, come dice Giovanni, chi non ama il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede?...
Tutto ciò, mi dispiace dirlo, ha poco a che fare con le chiese, le dottrine, i riti o le varie denominazioni ma è VITA. Far parte di una Chiesa, seguirne precetti e sacramenti, è una libera e rispettabilissima scelta, ma quello che conta è che si metta in pratica nella vita, ogni giorno e in ogni situazione sotto la guida dello Spirito Santo, tutto ciò che Gesù ha comandato’’
Se togliamo i primi 3/4 righi e gli ultimi 4/5 e teniamo solo la parte centrale della risposta, vien fuori un programma di tutto rispetto, lodevolissimo, in sintonia con gli insegnamenti di Cristo, coerente con la logica dell’Amore e della Carità, un misto fra le beatitudini e le virtù cristiane; una sintesi perfetta e un quadro preciso del cristiano secondo gli occhi di Dio.
Ma quei righi iniziali e quelli finali dicono qualcosa che stride fortemente con quanto affermato nel resto del commento.
C’è una distinzione o una certa distanza, direi, fra la loro fondazione e le istituzioni religiose, ovvero fra loro e la Chiesa, in questo caso.
Questo prendere le distanze da tutto ciò che è Chiesa e dottrina religiosa è un mettersi fuori da essa, un non riconoscerne l’autorità. 
Nel commento successivo, viene ulteriormente chiarita la loro posizione circa il ruolo della Chiesa: ‘’A noi di questioni dottrinali o istituzionali che siano cattoliche, evangeliche, ortodosse o di qualsivoglia altra religione importa poco. Il nostro impegno è orientato a fare ciò che ha comandato Gesù Cristo nella nostra vita.’’
In quest’affermazione c’è quella risposta che cercavo: con Cristo, ma senza la Chiesa.
Ma non si può staccare Cristo dalla Chiesa!
È vero che il nostro impegno è fare quello che Gesù ci ha comandato, ma non si può decontestualizzare tale impegno, non si può negare il valore della Chiesa all’interno della quale ogni cristiano incontra Cristo nei Sacramenti.
Ecco l’altra grande assenza: non si fa mai riferimento ai Sacramenti; ci si riunisce nelle case, si mangia insieme e si prega insieme: ma non è mangiare il Corpo di Cristo.
Così come quella ‘’pulizia’’ dello spirito che la psicologia aiuta a fare, non è accompagnata dalla misericordia di Dio tramite il Sacramento della Confessione.
È un conoscere ciò che si muove dentro, un cercare di seguire nel modo migliore gli insegnamenti, ma senza il perdono di Gesù tutto resta a livello umano, è un esercizio psicologico, non un incontro con Gesù, non un ‘’rinascere a vita nuova. ’’
Siamo, dunque, alle solite.  Dove sta l’inganno?
L’inganno è tutto qui: Cristo sì, Chiesa no!
Una verità molto ben celata, non c’è che dire, perché nei loro sermoni non c’era nessuna contraddizione né nessun riferimento alla Chiesa, né in senso positivo né in senso negativo, semplicemente un’assenza che, a lungo andare, ha fatto sentire il suo peso.
Ciò che ha ingannato anche me è stata l’azione reale dello Spirito Santo in loro, il rapporto stretto con lo Spirito Santo, le loro preghiere sono potenti e anche le loro guarigioni sono vere.
Come spiegare questo?
Il loro operare al di fuori della Chiesa e senza la potenza dei Sacramenti è compatibile con l’azione dello Spirito Santo?
Io pensavo di no, non è possibile che lo Spirito Santo agisca in coloro che rinnegano la Chiesa, i Sacramenti, il Corpo stesso di Dio donato a noi.
Invece non è così.
Lo Spirito Santo, se invocato, agisce ed opera in ognuno di noi, pur in assenza di rapporti con la Chiesa e con i Sacramenti.
All’inizio questo mi ha stupito molto, non riuscivo a capirne la logica, poi, pensandoci bene, ho trovato la risposta: in realtà Gesù lo aveva profetizzato chiaramente duemila anni fa, con le parole della sua bocca ci ha messi in guardia da simili situazioni.
Possiamo leggerlo in Matteo 7, 21 – 23, nel capitolo sui falsi profeti e falsi discepoli: ‘’21Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: «Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?». 23Ma allora io dichiarerò loro: «Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!».
La risposta di Gesù è chiara e netta.
È possibile dunque scacciare demoni e guarire nel suo nome, ma questo non garantisce la bontà del loro operato né garantisce loro l’accesso al Regno di Dio.
Si può anche strumentalizzare lo Spirito Santo,  ma il loro predicare e il loro operare non è passaporto per il Regno dei cieli, perché Gesù li definisce ‘’operatori d’iniquità’’, cioè non suoi discepoli, ma seguaci di quello stesso demonio che scacciano per opera dello Spirito.
Satana arriva anche a questo, ad ingannare in modo così sottile, la sua ambiguità arriva fino all’assurdo: Satana non può scacciare se stesso, altrimenti andrebbe contro se stesso, sarebbe diviso in se stesso, come disse Gesù stesso quando venne accusato di scacciare i demoni in nome di Satana.
Ma l’astuzia di Satana va oltre la logica normale e consente questo, perché in questo modo ne perde uno e ne guadagna dieci: i conti Satana li sa fare molto bene.
Colui che viene guarito dagli spiriti maligni attira l’attenzione di coloro che vi assistono i quali ‘’si convertono’’ alla loro setta ed entrano a far parte della Fondazione, lasciando la Chiesa e la pratica dei Sacramenti.
Satana vince ugualmente, anche se apparentemente sembra essere stato sconfitto.
In un altro commento, il riferimento ad uscire dalla Chiesa è alquanto chiaro: ‘’Sono assolutamente convinto che non serva proprio nessuna chiesa per fare ciò che Gesù ha comandato.
"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente e amerai il prossimo tuo come te stesso".
Questo è più che sufficiente, il resto è solo vuota religione.

La diatriba tra fede e religione è tutt’ora presente; è un discorso lungo e richiede un approfondimento solido e circostanziato, ma identificare la Chiesa solo con il concetto di religione, cioè un insieme di rituali sterili e inutili, non è veritiero né accettabile, è una superficialità grave, un’eresia bella e buona.
La Chiesa non ha mai separato la spiritualità dalla vita; il cristiano prega nella Chiesa e con la Chiesa, incontra Dio e vive la sua Parola tanto nella Chiesa quanto nella sua quotidianità.
Non ci sono classi di privilegiati nell’incontro con Dio: non è solo il clero ad occuparsi di spiritualità; né il popolo è lasciato fuori da quest’incontro.
Queste sono antiche credenze sviluppate in ambienti anticlericali, ma non corrispondono a verità. Il popolo di Dio non è e non può essere separato dalla Chiesa.
È un’eresia. Una grave e pericolosa eresia.
Così come lo è l’affermazione successiva in cui si dice che ‘’ ciò che conta è quello che fece al verso 22, ovvero quando presentandosi ai discepoli disse "ricevete lo Spirito Santo. Questa era la promessa di Dio fatta nell'antico testamento e questo era il motivo della venuta, morte e risurrezione di Gesù stesso, ovvero che tutti coloro che crederanno in lui riceveranno lo Spirito Santo.’’
È vero che questa era la promessa di Dio, quella di mandarci lo Spirito Santo ed è vero che coloro che crederanno in Lui lo riceveranno, ma non è affatto vero che questo sia stato il solo motivo della sua venuta, morte e resurrezione: Gesù è venuto a redimere e a salvare il mondo, e la salvezza passa attraverso i Sacramenti e passa anche attraverso la partecipazione alla vita della Chiesa, che accompagna, guida e forma coloro che hanno incontrato Gesù nella loro vita.
Non si può ridurre la missione di Cristo alla sola Pentecoste, si annullerebbe tutto il resto e si metterebbe Cristo contro se stesso, contro la sua stessa Parola, perché la Chiesa l’ha fondata Lui e l’ha voluta Lui.
Che poi la Chiesa possa avere le sue difficoltà nel mettere in pratica correttamente quanto annuncia, questo è un altro discorso, non bisogna dimenticare che la Chiesa è guidata dallo Spirito ma è fatta di uomini, per cui ‘’le cadute’’ vanno messe in conto, ciò non vuol dire che bisogna criminalizzare l’intera Chiesa e mettersi  fuori, la delusione o le brutte esperienze sono comprensibili, a volte sono dure, ma se la nostra fede è salda e matura ci aiuterà a leggere  e a vivere nel modo giusto anche queste esperienze a volte profondamente dolorose.
È facile imbattersi in esperienze come quella descritta in un altro commento:
‘’per me la chiesa è il corpo di Cristo stesso, ovvero tutti coloro che hanno accolto Gesù Cristo nella loro vita, nei loro pensieri e nelle loro azioni. Chiunque fa la volontà del Padre che è nei cieli, questi è per me fratello :)
Questa è per me la vera chiesa. Un tempo invece frequentavo la chiesa (intesa come istituzione) ma non ho trovato chi la pensasse come Gesù. Tutto qui.’’
In un altro commento, ancora si dice:
‘’Vi penso spesso anche se non ci vediamo da molto: in un momento molto difficile della mia vita siete stati la mia salvezza. Condivido pienamente questo articolo di M. e vi invito a completare le vostre conclusioni spirituali leggendo e meditando il cap. 17 dell'Apocalisse: purtroppo l'anticristo (massoneria e company) è insinuato fortemente nella Chiesa Cattolica, al punto che non so nemmeno più se convenga, a noi credenti di buona volontà, rimanerne seguaci.... Molti vescovi e lo stesso Benedetto XVI, intuendo questo, hanno aperto agli ortodossi e ai protestanti, accogliendo un concetto di "chiesa" universale, fondato su Cristo Risorto Re e Signore delle nostre vite. A volte mi viene da pensare che alcuni di noi sono già risorti, perchè quando si rinuncia a tutto, alla stessa vita, per amore di Dio e dei fratelli, siamo veramente morti in Cristo e non siamo più noi che viviamo ma è Cristo stesso che vive in noi. Inoltre vi vorrei puntualizzare che mi sono dovuta allontanare dall'Ordine Francescano Secolare dal momento che mi sono resa conto essere un'accozzaglia di massoni e mafiosi, ai limiti dell'associazione a delinquere.... Una preghiera per le persone buone che ne fanno ancora parte. Grazie di tutto.’’

Purtroppo è vero, accade anche questo, è possibile fare esperienze del genere ed è vero che è difficile e doloroso superare certe delusioni, soprattutto quando si idealizzano certe esperienze; entrando in un Ordine religioso,  uno si aspetta di ‘’stare in paradiso’’, crede di essere al sicuro, un rifugio alla superficialità del mondo; all’interno di un Ordine di tale importanza, non si mettono mai in conto eventuali delusioni a causa della miseria umana,  se le si mettessero si finirebbe con il rinunciarvi prima di entrarvi.
All’interno degli Ordini religiosi e della stessa Chiesa, uno si aspetta una vita perfetta, in vera letizia, una vita più giusta, più sapiente, più cristiana, una vita da santi e fra santi… ma non bisogna mai dimenticare due cose: la santità è una conquista, è un percorso ad ostacoli che non tutti riescono a fare senza errori, senza toccare il palo messo sull’asta e non farlo cadere; vivere da santi significa fare salti in alto di una certa perfezione e altezza, ma saltare molto in alto e nel modo giusto non è certamente facile né da tutti; ci si prova, ce la si mette tutta, ma il risultato non sempre è garantito; occorre l’impegno personale e la buona volontà, la costanza nell’operare, la perseveranza di fronte alle cadute, l’allenamento anche, una fede salda fondata sulla roccia ed occorre anche la Grazia di Dio, occorrono tante cose, perché sono tante le cose che concorrono alla santità che è il traguardo finale, un traguardo che costa fatica, tanta fatica, è un cammino nel quale bisogna mettere in conto tante, tante, tante cadute.
Per cui non basta far parte di questo o di quell’ Ordine, bisogna mettere in conto la fatica del cammino personale e comunitario.
La vita stessa di tanti santi ce lo dimostra: prendiamo san Benedetto che è stato avvelenato dai suoi stessi confratelli o la stessa Suor Faustina che ha subito derisioni e scherni dalle stesse sorelle con le quali condivideva le sue giornate o ancora Padre Pio, incompreso e vilipendiato da sacerdoti e superiori oltre che dai confratelli.
È la storia della santità cristiana.
Non ci piace, ma è la strada che Dio ha stabilito per giungere alla meta della vera santità, forse la strada più dolorosa: essere derisi e incompresi da coloro che, per scelta di vita, dovrebbero sostenerti e accompagnarti, coloro che apparentemente hanno fatto la tua stessa scelta di vita, con i quali si dovrebbero condividere pensieri, aspettative e desideri: lodare Dio e servirlo in santità e giustizia; non riuscire a comunicare con loro e a vivere la stessa fede con chi si dice cristiano come te… è un doloro troppo grande!
Ma la santità chiede di percorrere la via della Croce.
Non la si raggiunge né la si percorre tra rose e fiori, sulla strada si incontrano spine amare, rovi pungenti, cadute rovinose e a volte mortali… una sfida, nella quale non sempre si vince!

La seconda cosa è che il paradiso non è un’esperienza di questa terra, come non lo è la felicità e la gioia; fino a quando saremo quaggiù, esse saranno sempre esperienze temporanee e mai complete; la fede la si consolida sul campo, anche vivendo esperienze come quella espressa nei commenti, perché sono queste esperienze che fortificano lo spirito e aiutano a comprendere in profondità il messaggio evangelico, la fede è qualcosa che va oltre quell’immediato impatto deludente che può esserci anche all’interno della Chiesa.
La fede non ci assicura una vita tranquilla e beata, anzi ci mette sulle strade del mondo e ci fa fare esperienza delle miserie di questo mondo, è dalla nostra capacità di affrontarle e superarle che si misura la solidità della nostra fede.
Abbandonare e andare via è troppo facile; difficile è restare e sopravvivere in determinati contesti, anche se corrotti e perversi; sicuramente è difficilissimo farlo in ambienti in cui uno si aspetta di avere a che fare con persone mature, responsabili e coerenti con quanto predicano, è difficilissimo è vero, ma è in questo campo che il Signore ci mette a lavorare ed è lì che dobbiamo mettere alla prova la forza della nostra fede, vissuta e non solo predicata o pensata.

Continuando con i commenti, ne riporto un altro che ci fa riflettere su un altro pericolo: quello di omologare e fare di tutta l’erba un fascio, senza esercitare fino in fondo il proprio giudizio critico:
‘’Ciao, sono un Cristiano Cattolico e lo resterò per sempre.
Vedo costantemente i filmati di M. e devo dire che mi aiutano tantissimo,  la mia vita sta cambiando "sotto i miei piedi", inoltre mi piacciono molto le canzoni.
Quello che posso aggiungere è che i cristiani cattolici (autentici), tramandano esattamente lo stesso messaggio che sta divulgando M. Quindi il Gesù che vogliamo incontrare (protestanti, cattolici, ortodossi) è lo stesso per tutti quanti. Ciao’’

No, caro amico, il Gesù che sta divulgando M., capo della Fondazione, non è lo stesso Gesù dei cristiani cattolici, perché un Gesù senza la Chiesa e senza l’Eucarestia non è il vero Gesù; Egli ci ha lasciato il suo Corpo perché noi ne mangiassimo, ci ha lasciato la sua Chiesa, il Santo Ovile, perché ci protegga e ci tenga al sicuro dai lupi voraci, ci ha dato il Suo Spirito perché ci aiuti a restargli fedele, secondo i suoi insegnamenti.
Un Gesù senza la Chiesa non è il nostro Gesù.
Non possiamo essere così superficiali.
Ci sono differenze sostanziali che non vanno trascurate né superficializzate.
Non basta vedere segni e prodigi, occorre vigilare affinchè nessuno manipoli la nostra fede, nessuno ci separi dalla verità.

La sapienza umana, dunque, può trarre in inganno e può deludere.
La Sapienza di Dio non inganna mai né mai delude.

Prima di passare al secondo esempio a cui accennavo sopra, vorrei riportare una frase di un personaggio che abbiamo già trovato nelle precedenti riflessioni: Osho Rajeneesh.
Un personaggio considerato ’’grande’’ per l’altezza della sua sapienza; un’altezza che arriva a dire questo: ‘’ Il fine della vita non è altro che il corpo umano, e nel corpo umano esistono corde che non devono essere né troppo tese né troppo allentate. Solo nell'equilibrio di queste corde l'uomo entra nella musica della Vita. Conoscere questa musica significa conoscere l'Anima.   
Metti a repentaglio tutto ciò che hai. Diventa un giocatore d´azzardo! Rischia tutto, perché il momento successivo non è mai certo, quindi perché preoccuparsi?
Perché angustiarsi?
Vivi pericolosamente, vivi gioiosamente. Vivi senza paura, vivi privo di sensi di colpa. Vivi senza temere l'inferno, e senza bramare il paradiso. Vivi e basta.’’.
Oh, certo, si tratta di consigli di un certo spessore, non c’è che dire!
Se le nostre stupidaggini s’atteggiano a sapienza… allora siamo davvero nei guai!
Se tutto il senso della nostra vita è chiusa in queste frasi che non solo sono senza senso, ma sono anche fortemente pericolose perché portano fuori dalla verità… allora vuol dire che i pericoli da cui dobbiamo guardarci sono molti di più di quelli che possiamo immaginare.
Vivere e basta significa vivacchiare, vivere alla giornata, senza passato e senza futuro, senza emozioni autentiche, ma cercando emozioni ‘’d’azzardo’’, una vita fatta solo di incertezze, una gioia che viene dal vivere il pericolo, un’assenza di voli alti, senza momenti di crisi e quindi senza crescita… una vita così… non è la vita di un cristiano, capace di volare molto in alto, capace di stupore, libero di lasciarsi sorprendere dal mistero, capace di fare i conti con la propria coscienza, di interrogarsi e di accogliere risposte anche difficili.
Cristiano è bello perché fa sentire vivi e fa vivere la vita nella sua pienezza, paure, preoccupazioni ed angosce comprese.


Passiamo adesso al secondo esempio…
Si tratta di un argomento molto delicato  e anche molto pericoloso perché si presta a interpretazioni personali che possono distorcere il senso originario, ma cercherò di essere il più chiara possibile…
Uno degli argomenti di cui si discute negli ultimi tempi è quello della teoria del gender, cioè dell’identità di genere.
C’è chi dice che ci sono ben 27 generi che caratterizzano l’essere umano; c’è chi dice che oltre al genere maschile e femminile c’è anche il genere neutro; c’è chi dice con forza che non è possibile né giusto definire la mascolinità o la femminilità al momento della nascita; c’è chi dice che si è liberi di essere maschi un giorno e femmine il giorno dopo; c’è che dice che due donne o due uomini possono formare una famiglia e quindi accedere al matrimonio; c’è chi dice che non cambia niente se un bambino cresce con una mamma e un papà o con due papà o due o addirittura tre mamme; c’è chi dice che non c’è niente di male avere un figlio a 60 anni; c’è chi dice che il diritto ad avere un figlio consente anche che questo figlio nasca in una provetta di vetro e che poi venga impiantato in un grembo preso in affitto e che poi se non è di gradimento della coppia può anche essere ‘’ucciso’’ o venduto o abbandonato; c’è chi dice che non c’è niente di male nel fare l’identikit del figlio che si vorrebbe, magari clonando qualcuno; c’è chi dice che un feto non è un essere umano; c’è chi dice che la promiscuità fa bene alla vita; c’è chi dice che avere un’identità di genere è un tabù che va cancellato, in nome del progresso e della civiltà… c’è chi dice tante cose e c’è chi fa tante cose anche peggiori di queste elencate… come la vendita degli organi, soprattutto quelli dei bambini, come l’eutanasia che elimina gli scarti’’, i pesi inutili della società, coloro che comportano spese e impegno quotidiano; c’è chi dice che la vera libertà è l’essere senza limiti, il poter fare e poter essere quello che si vuole, quando lo si vuole e come lo si vuole…
Ecco… la sapienza umana ritiene giuste tutte queste cose … dice che aborto, eutanasia, clonazioni, promiscuità e libertà di genere sono il frutto di un progresso che non si può arrestare… la sapienza umana libera da scrupoli, sensi di colpa… dal fastidio di avere una coscienza che non sempre può accettare le volgarità e gli errori madornali che si vorrebbero far passare per verità e giustizia.
La sapienza umana manipolata da un’interiorità che non ha punti di riferimento diventa facile preda del nemico che se ne impossessa e fa passare per verità le più sconcertanti iniquità.
Ecco… dove giunge la sapienza umana.
La sapienza umana è capace di distruggere il bello, il vero, il giusto, il buono… la vita stessa.
Non può essere sapienza l’uccidere la vita nel suo momento di maggiore fragilità e di maggior bisogno di tutela e di protezione.
Non può essere sapienza il disorientare i bambini sulla loro identità, il negare loro il diritto ad avere una mamma e un papà, non può essere sapienza il negare i diritti degli altri per affermare i propri. Non tutto è un nostro diritto.
La sapienza umana trasforma ogni desiderio in un diritto, ma un diritto non può contemplare la morte di chi è più fragile, non può contemplare il calpestare i diritti degli altri.

Lasciamoci dunque guidare dalla Sapienza di Dio, perché solo così saremo sicuri di non far del male nè a noi stessi né agli altri.
I nostri errori possono rovinare la vita di molti; i nostri pensieri sbagliati possono distruggere la vita di molti; le nostre presunte sapienze possono portare lontano dalla Vera Sapienza.
Se Gesù è Sapienza divina e se la Sapienza ci viene donata nella Chiesa con il Sacramento della Cresima non potremo mai avere Sapienza, vivere con Gesù e fare la sua volontà se ci mettiamo fuori dalla Chiesa.
Ed allora, lasciamoci guidare dalla Sapienza di Dio, lasciamola entrare nella nostra vita, nella nostra famiglia, nei nostri pensieri, nel nostro cuore, consegniamole le chiavi della nostra vita e saremo al sicuro per l’eternità
Vedremo, nei versetti successivi, come Salomone implorerà la Grazia della Sapienza e come la riceverà direttamente dalle Mani di Dio…ecco facciamo come lui…
Possiamo solo concludere dicendo che ‘’principio della Sapienza è chiedere la Sapienza a Dio’’.
Chiediamo la Sua Sapienza, dunque, e lasciamoci ammaestrare dalle Sue Parole…perchè sono Parole Sante d’Amore!