IL GRIDO DEI POVERI
In questi giorni di attesa del NATALE, le agenzie
dei telegiornali e dei programmi televisivi su argomenti di attualità si alternano
fra previsioni di spese e statistiche, confronti fra l’oggi e il passato, consigli per gli acquisti di fine anno o per i
regali di Natale; evidenziano le preoccupazioni per la crisi e per le
difficoltà economiche che non permetteranno grandi spese per queste festività. In
quasi tutte le agenzie prevale il calcolo delle spese per il grande cenone: si
parla di numeri con molti zeri.
Eppure sembra che sia sempre troppo poco, pare che
gli Italiani debbano rinunciare a molte prelibatezze o leccornìe, perché non
possono permettersele, sembra quasi che sia una festa ’ridotta’’
perché non possono permettersi certi lussi a cui erano abituati o meglio dire a certi ‘’sperperi’’ a cui erano abituati e questo dà la sensazione di una certa ‘’miseria’’, quasi fosse miseria quando non ci si può permettere il di più!
perché non possono permettersi certi lussi a cui erano abituati o meglio dire a certi ‘’sperperi’’ a cui erano abituati e questo dà la sensazione di una certa ‘’miseria’’, quasi fosse miseria quando non ci si può permettere il di più!
IL DI PIU’.
Parliamo del superfluo, di tutto quel cibo che
finisce nelle pattumiere, che non è un avanzo, ma che non viene affatto usato
per le tante cose che si sono comprate.
Ecco, se in Occidente è considerata ‘’miseria’’
il non poter avere ‘’il superfluo’’, nel
Sud del mondo è considerata ricchezza
chi può permettersi un pugno di riso e un sorso d’acqua.
Quanta distanza tra l’uno e l’altro modus vivendi!
Quanta differenza fra la troppa abbondanza e la
troppa miseria!
E in questo caso la fatidica frase ‘’eppure siamo nel Duemila’’ direi che
calza perfettamente!
Se proprio vogliamo parlare di statistiche, mettiamone
pure un po’ a confronto: le spese degli Italiani per il cenone di Natale, per esempio, e il
numero dei bambini che OGGI, IN QUESTO MOMENTO, muoiono di fame e di sete,
muoiono per malattie facilmente curabili, come raffreddore, varicella e
morbillo…
Mettiamo pure queste ricerche di mercato a
confronto: ci accorgeremo che il confronto non può reggere, non c’è confronto
possibile fra la morte per fame e il lamentarsi per l’assenza del superfluo.
Il confronto non è possibile fra il vivere per
mangiare e il mangiare per vivere.
E papa Francesco, come sempre, con lo sguardo e il
cuore rivolto verso i suoi amati poveri, non può non ascoltare il loro grido e
farlo proprio, accogliere il loro grido dentro di sé e amplificarlo per il
mondo, usare la propria voce per dare voce a coloro a cui mancano i beni di
prima necessità.
Il suo intervento al Simposio degli economisti lo
scorso novembre ci aiuta a riflettere e ci esorta a rendere giustizia ai
poveri, a dare un senso etico all’economia e alla finanza, così che mettano al
centro l’uomo e non il denaro: il denaro
per l’uomo e non l’uomo per il denaro!
È una questione di giustizia
sociale ma anche di cuore … e di amore!
Ascoltiamo, dunque, la sua voce...
Papa: ripensare economia ascoltando il grido dei poveri
Leggere le
domande per rispondervi,
ascoltare il pianto
per consolare,
riconoscere le
ingiustizie per condividere
l’economia, discernere le insicurezze per
offrire pace e guardare le paure per rassicurare: questo il delicato
compito della vita consacrata
(di Roberta Barbi
–Radio Vaticana, sabato 26 novembre 2016)
Per
ripensare l’economia, bisogna partire dalle piccole scelte quotidiane che
tutti siamo chiamati a fare, usando i beni per scelte solidali, avendo
cura del Creato e misurandosi con la povertà delle famiglie che ci vivono
accanto.
Questo il
cuore del messaggio inviato da Papa Francesco al Simposio sull’economia svoltosi
a Roma, presso la Pontificia Università Antonianum e organizzato dalla
Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le
Società di vita apostolica.
Vi hanno partecipato circa
mille economi, impegnati sul
tema: “Ripensare l’economia nella
fedeltà al carisma”.
Carisma, fedeltà
e un ripensamento dell’economia: il Papa ripercorre i tre punti salienti che
formano il titolo del Simposio sull’economia organizzato dalla
Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica
per offrire le
sue riflessioni sul
tema.
I
carismi, innanzitutto, afferma
il Santo Padre,
nella Chiesa non sono “qualcosa di statico e rigido”, ma sono
chiamati a fruttificare facendo nascere il bene all’interno della Storia.
Parlare di carisma significa parlare di dono, di gratuità e
di grazia, come conferma la radice del termine, charis: una società che non la possiede finisce per disumanizzarsi,
mentre l’economia non è mai neutra
dal punto di
vista etico e antropologico
e se non
concorre a costruire
rapporti di giustizia e solidarietà, genera situazioni di
esclusione e di rifiuto.
Questa, dunque, la chiamata cui devono rispondere i consacrati: restare
vigili e rispondere
alle situazioni concrete mantenendo vitali
questi doni, ma
anche ascoltando la Parola di Dio che ci parla e restando pronti a
“sporcarsi le mani” lavorando nella storia scrutando in
essa i segni di
Dio e accompagnando
le donne e gli
uomini del nostro
tempo.
Leggere le domande per
rispondervi, ascoltare il
pianto per consolare, riconoscere le
ingiustizie per condividere l’economia, discernere le
insicurezze per offrire pace e guardare le paure per rassicurare: questo
il delicato compito della vita consacrata.
Fedeltà
al carisma e alla missione della Chiesa.
La
fedeltà, invece, prosegue Francesco, oggi è “domandarsi cosa il Signore ci
chiede di fare”. Chiedersi, dunque, “se le nostre opere manifestano o no il
carisma che abbiamo professato – chiarisce il
Papa – se rispondono alla missione
che la Chiesa
ci ha affidato”.
Il criterio di valutazione, naturalmente, non
può essere la redditività,
ma – appunto la fedeltà al
carisma che richiede
il coraggio di tenere
lo sguardo ben rivolto a Cristo e le orecchie
attente alla voce dei poveri.
"L'ipocrisia
dei consacrati che vivono da ricchi danneggia la Chiesa".
Si
arriva, dunque, al ripensamento dell’economia attraverso una rilettura
attenta non solo della storia, ma della Parola di Dio, agendo poi con “quella
fiducia coraggiosa nella provvidenza del Padre”.
Il Papa
invita a non farsi tentare dalla logica dell’individualismo, ma ad esprimere
il discernimento che opera nel rispetto delle leggi e si pone
controcorrente perché si
serve del denaro, non serve il denaro, si avvale di specialisti perché necessita di competenze
e capacità specifiche, ma riguarda anche la vita di ognuno. In questo
senso il discernimento non si delega,
perché
investe la responsabilità personale.
Anche gli
istituti di vita consacrata – aggiunge il
Papa – non sono esenti
da rischi come
la massimizzazione del
profitto che è distorsione dell’economia, o come il
cedere alla trappola dell’avarizia. “L’ipocrisia dei consacrati che vivono da
ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa – avverte
Francesco – dobbiamo educarci a un’austerità responsabile perché non basta aver
fatto la professione religiosa per essere poveri”, soprattutto se l’istituto cui
si appartiene consente di gestire
o godere di tutti i
beni che si desiderano.
Compiere scelte
di onestà è faticoso – conclude il Papa - ma
si tratta di acquisire un
habitus, uno stile nel segno della giustizia e
della condivisione spesso
scomodo, ma come scrive San Giovanni Apostolo nella sua Prima Lettera, “se uno ha ricchezze di questo mondo vedendo
il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore come dimora in lui
l'amore di Dio?''
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