mercoledì 21 dicembre 2016

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IL GRIDO DEI POVERI

In questi giorni di attesa del NATALE, le agenzie dei telegiornali e dei programmi televisivi su argomenti di attualità si alternano fra previsioni di spese e statistiche, confronti fra l’oggi e il passato,  consigli per gli acquisti di fine anno o per i regali di Natale; evidenziano le preoccupazioni per la crisi e per le difficoltà economiche che non permetteranno grandi spese per queste festività. In quasi tutte le agenzie prevale il calcolo delle spese per il grande cenone: si parla di numeri con molti zeri.
Eppure sembra che sia sempre troppo poco, pare che gli Italiani debbano rinunciare a molte prelibatezze o leccornìe, perché non possono permettersele, sembra quasi che sia una festa ’ridotta’’
perché non possono permettersi certi lussi a cui  erano abituati o meglio dire a certi ‘’sperperi’’ a cui erano abituati e questo dà la sensazione di una certa ‘’miseria’’, quasi fosse miseria quando non ci si può permettere il di più!
IL DI PIU’.
Parliamo del superfluo, di tutto quel cibo che finisce nelle pattumiere, che non è un avanzo, ma che non viene affatto usato per le tante cose che si sono comprate.
Ecco, se in Occidente è considerata ‘’miseria’’ il non poter avere ‘’il superfluo’’,  nel Sud del mondo  è considerata ricchezza chi può permettersi un pugno di riso e un sorso d’acqua.
Quanta distanza tra l’uno e l’altro modus vivendi!
Quanta differenza fra la troppa abbondanza e la troppa miseria!
E in questo caso la fatidica frase ‘’eppure siamo nel Duemila’’ direi che calza perfettamente!
Se proprio vogliamo parlare di statistiche, mettiamone pure un po’ a confronto: le spese degli Italiani per il cenone di Natale, per esempio, e il numero dei bambini che OGGI, IN QUESTO MOMENTO, muoiono di fame e di sete, muoiono per malattie facilmente curabili, come raffreddore, varicella e morbillo…
Mettiamo pure queste ricerche di mercato a confronto: ci accorgeremo che il confronto non può reggere, non c’è confronto possibile fra la morte per fame e il lamentarsi per l’assenza del superfluo.
Il confronto non è possibile fra il vivere per mangiare e il mangiare per vivere.
E papa Francesco, come sempre, con lo sguardo e il cuore rivolto verso i suoi amati poveri, non può non ascoltare il loro grido e farlo proprio, accogliere il loro grido dentro di sé e amplificarlo per il mondo, usare la propria voce per dare voce a coloro a cui mancano i beni di prima necessità.
Il suo intervento al Simposio degli economisti lo scorso novembre ci aiuta a riflettere e ci esorta a rendere giustizia ai poveri, a dare un senso etico all’economia e alla finanza, così che mettano al centro l’uomo e non il denaro: il denaro per l’uomo e non l’uomo per il denaro!
È una questione di giustizia sociale ma anche di cuore … e di amore!
 Ascoltiamo, dunque, la sua voce...

Papa: ripensare economia ascoltando il grido dei poveri

Leggere  le  domande  per  rispondervi,  ascoltare  il  pianto  per  consolare, 
riconoscere  le  ingiustizie  per condividere l’economia, discernere le insicurezze  per offrire pace e guardare le paure per rassicurare: questo il delicato compito della vita consacrata 
(di Roberta Barbi –Radio Vaticana, sabato 26 novembre 2016)

Per ripensare l’economia, bisogna partire dalle piccole scelte quotidiane che tutti siamo chiamati a fare, usando i beni per scelte solidali, avendo cura del Creato e misurandosi con la povertà delle famiglie che ci vivono accanto. 
Questo il cuore del messaggio inviato da Papa Francesco al Simposio sull’economia svoltosi a Roma, presso la Pontificia Università Antonianum e organizzato dalla Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e  le  Società di  vita  apostolica.  
Vi  hanno partecipato  circa  mille economi,  impegnati  sul  tema: “Ripensare l’economia nella fedeltà al carisma”.
Carisma, fedeltà e un ripensamento dell’economia: il Papa ripercorre i tre punti salienti che formano il titolo del Simposio sull’economia organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita  apostolica  per  offrire  le  sue  riflessioni  sul  tema. 
 I  carismi,  innanzitutto,  afferma  il  Santo  Padre,  nella Chiesa non sono “qualcosa di statico e rigido”, ma sono chiamati a fruttificare facendo nascere il bene all’interno della Storia.
Parlare di carisma significa parlare di dono, di gratuità e di grazia, come  conferma la radice del termine, charis: una società che non la possiede finisce per disumanizzarsi, mentre l’economia non è  mai  neutra  dal  punto  di  vista  etico  e  antropologico  e  se  non  concorre  a  costruire  rapporti  di giustizia  e solidarietà, genera situazioni di esclusione e di rifiuto.
Questa, dunque, la chiamata cui devono rispondere i consacrati:  restare  vigili  e  rispondere  alle  situazioni  concrete  mantenendo  vitali  questi  doni,  ma  anche ascoltando la Parola di Dio che ci parla e restando pronti a “sporcarsi le mani” lavorando nella storia scrutando  in  essa  i  segni  di  Dio  e  accompagnando  le donne  e  gli  uomini  del  nostro  tempo.  
Leggere  le domande  per  rispondervi,  ascoltare  il  pianto  per  consolare,  riconoscere  le  ingiustizie  per  condividere l’economia, discernere le insicurezze per offrire pace e guardare le paure per rassicurare: questo il delicato compito della vita consacrata.
Fedeltà al carisma e alla missione della Chiesa.
La fedeltà, invece, prosegue Francesco, oggi è “domandarsi cosa il Signore ci chiede di fare”. Chiedersi, dunque, “se le nostre opere manifestano o no il carisma che abbiamo professato – chiarisce il  Papa – se rispondono  alla  missione  che  la  Chiesa  ci  ha  affidato”.
 Il criterio di valutazione, naturalmente, non può essere  la  redditività,  ma – appunto la  fedeltà  al  carisma  che  richiede  il coraggio  di  tenere  lo  sguardo  ben rivolto a Cristo e le orecchie attente alla voce dei poveri.
"L'ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi danneggia la Chiesa".
Si arriva, dunque, al ripensamento dell’economia attraverso una rilettura attenta non solo della storia, ma della Parola di Dio, agendo poi con “quella fiducia coraggiosa nella provvidenza del Padre”.
Il Papa invita a non farsi tentare dalla logica dell’individualismo, ma ad esprimere il discernimento che opera nel rispetto delle leggi e  si pone  controcorrente  perché si serve  del denaro, non serve  il denaro, si avvale  di specialisti perché necessita di competenze e capacità specifiche, ma riguarda anche la vita di ognuno. In questo senso il discernimento non si delega,
perché investe la responsabilità personale.
Anche gli istituti di vita consacrata – aggiunge  il  Papa – non  sono  esenti  da  rischi  come  la  massimizzazione  del  profitto  che  è  distorsione dell’economia, o come il cedere alla trappola dell’avarizia. “L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa – avverte Francesco – dobbiamo educarci a un’austerità responsabile perché non basta aver fatto la professione religiosa per essere poveri”, soprattutto se l’istituto cui si appartiene  consente di  gestire  o  godere  di tutti i  beni che si desiderano.  
Compiere  scelte  di  onestà  è faticoso – conclude  il Papa - ma  si tratta  di acquisire un habitus,  uno stile  nel segno della  giustizia e  della condivisione  spesso scomodo, ma come scrive San Giovanni Apostolo nella sua Prima Lettera, “se uno ha ricchezze di questo mondo vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore come dimora in lui l'amore di Dio?''

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