giovedì 31 dicembre 2015



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2016

UN’OCCASIONE IN PIÙ!


Cos’è un nuovo anno se non un’occasione in più, tempo in più, un’opportunità in più?
Un anno nuovo è tempo affidato alle nostre mani, è un dono né meritato né scontato; non ha un prezzo né limite. Si offre semplicemente a noi e alla nostra libertà.
Auguri 2016_bisA me piace considerarla un’occasione in più per crescere in umanità, in tenerezza, in gratuità, in gratitudine. Sì lo so, stiamo parlando di«merce» sempre più rara ma forse, proprio per questo, più preziosa e necessaria.
Siamo tutti stanchi di un mondo di soli, di vincenti, di perfetti, di persone dalla risposta sempre giusta e dal capello sempre a posto.
Lo vogliamo tutti un futuro diverso in cui la giustizia, la correttezza, la bontà sia uno stile di vita consueto, ma quel futuro non inizierà senza di noi, senza il nostro tempo vissuto in modo alternativo, senza relazioni costruite in modo nuovo, senza la creatività dell’amore che sa sempre trovare strade nuove per risorgere e far risorgere.
Auguri 2016







E allora l’anno che sta per iniziare sia questo:
  • un uscire per andare alla scoperta di modi nuovi di vivere nel mondo;
  • un tentare di inventare modi nuovi per essere davvero umani;
  • un tempo opportuno per guardare il mondo con occhi nuovi;
  • una possibilità in più per riscoprire noi stessi, la nostra storia, le nostre radici, la bellezza interiore di cui siamo custodi;
  • un’opportunità per guardare la luce che risplende negli occhi di chi ci vive accanto;
  • un’occasione unica per gareggiare nella stima reciproca, nel trovare il positivo in ogni evento, nel risollevarsi, ogni volta, con rinnovata determinazione.
Ciò che sta dietro, alle nostre spalle, è quanto abbiamo già vissuto, forse sprecato, magari perduto.
Ma ciò che ci sta davanti è tutto da vivere, tutto da scoprire, tutto da conquistare.
Buon anno a noi, allora… a tutti noi che, senza tentennamenti, continuiamo a desiderare e a costruire un mondo e un tempo di tenerezza, di umanità, di misericordia!
                                                                                                     
capodanno_COVER

martedì 22 dicembre 2015

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NATALE DEL SIGNORE
gif campane natale

Io l'amo perchè
è Amore e Misericordia.

Io l'amo perchè ...è Amore!

Io l'amo perchè 
si è fatto così piccolo per me...

Gif Buon Natale

gif albero di natale con addobbi e regali




auguri di buone feste




Buon Natale

GIUBILEO STRAORDINARIO 
DELLA MISERICORDIA





PER ME SOLA PATRIA E' IL TUO VOLTO

DI SANTA TERESA DI LISIEUX



sabato 19 dicembre 2015


GIUBILEO STRAORDINARIO 
DELLA MISERICORDIA



GESU' MIA GIOIA

DI SANTA TERESA DI LISIEUX

lunedì 14 dicembre 2015

GIUBILEO STRAORDINARIO 
DELLA MISERICORDIA



                                             in preghiera con santa Teresa di Lisieux


VIVERE D'AMORE

D'amore vivere 
e vivere di Te
glorioso Re
delizia degli eletti
per me ti sei nascosto in un' Ostia
ed io voglio nascondermi perchè
intimità occorre agli amanti 
un cuor a cuore che duri notte è di
il tuo sguardo è la mia delizia 
io vivo d'amor.

D'amore vivere 
e delle colpe antiche
eliminar ricordi e timori
dei miei peccati non vedo alcun segno
perchè bruciati sono nel tuo amor 
Divina fiamma
dolce mia fornace
nel tuo braciere
io trovo la dimora
nelle tue fiamme libera io canto
io vivo d'amor:

D'amore vivere e custodire in sè
un gran tesoro in un mortale vaso.
Omio amor estrema debolezza 
non fa di me un angelo del ciel,
ma se io cado e ricado ancora
in mio soccorso vieni a rialzarmi
ad ogni istante dai a me la grazia
io vivo d'amor.

D'amore vivere e tergere il tuo volto
ed ottener perdono ai peccatori,
o Dio d'amor accolgan la tua Grazia
ed in eterno lodin il tuo Nom
e nel mio cuor riecheggia la bestemmia
per cancellarla sempre canterò,
adoreranno il tuo santo Nome
io vivo d'amor.

D'amore vivere illogica follia
e il mondo dice non cantate più
profumi e vita non sprecate ancora
sappiate usarne con intelligenza;
amando te Gesù io porto frutto
i miei profumi non son che per te
senza rimpianti lascia il mondo e canto
io muoio d'amor.

Morir d'amore è la mia speranza
quando i lacci miei vedrò spezzati
sarà Iddio la mia ricompensa
null'altro ben voglio posseder,
nel suo amore desidero bruciare
e nell'orgoglio unirmi sempre a lui
tale è il mio ciel e tale è il mio destin:
il viver d'amor!

sabato 12 dicembre 2015


LAUDATO SI'


LETTERA ENCICLICA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
 SULLA CURA DELLA CASA COMUNE

VII. Lo sguardo di Gesù 

96. Gesù fa propria la fede biblica nel Dio creatore e mette in risalto un dato fondamentale: Dio è Padre (cfr Mt 11,25). Nei dialoghi con i suoi discepoli, Gesù li invitava a riconoscere la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature, e ricordava loro con una commovente tenerezza come ciascuna di esse è importante ai suoi occhi: «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6). «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre » (Mt 6,26)

97. Il Signore poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo, e invitava i discepoli a cogliere nelle cose un messaggio divino: «Alzate i vostri occhi e guardate i campi, che già biondeggiano per la mietitura » (Gv 4,35). «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero» (Mt 13,31-32).

98. Gesù viveva una piena armonia con la creazione, e gli altri ne rimanevano stupiti: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27). Non appariva come un asceta separato dal mondo o nemico delle cose piacevoli della vita. Riferendosi a sé stesso affermava:
 «È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone” »
 (Mt 11,19). Era distante dalle filosofie che disprezzavano il corpo, la materia e le realtà di questo mondo. Tuttavia, questi dualismi malsani hanno avuto un notevole influsso su alcuni pensatori cristiani nel corso della storia e hanno deformato il Vangelo. Gesù lavorava con le sue mani, prendendo contatto quotidiano con la materia creata da Dio per darle forma con la sua abilità di artigiano. È degno di nota il fatto che la maggior parte della sua vita è stata dedicata a questo impegno, in un’esistenza semplice che non suscitava alcuna ammirazione: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria?» (Mc 6,3). Così ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione. San Giovanni Paolo II insegnava che «sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi, l’uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell’umanità ».

 99. Secondo la comprensione cristiana della realtà, il destino dell’intera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16).80 Il prologo del Vangelo di Giovanni (1,1-18) mostra l’attività creatrice di Cristo come Parola divina (Logos). Ma questo prologo sorprende per la sua affermazione che questa Parola «si fece carne » (Gv 1,14). Una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce. Dall’inizio del mondo, ma in modo particolare a partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto nell’insieme della realtà naturale, senza per questo ledere la sua autonomia.
100. Il Nuovo Testamento non solo ci parla del Gesù terreno e della sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo. Lo mostra anche risorto e glorioso, presente in tutto il creato con la sua signoria universale: «È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,19-20). Questo ci proietta alla fine dei tempi, quando il Figlio consegnerà al Padre tutte le cose, così che «Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,28). In tal modo, le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa.
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martedì 8 dicembre 2015


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LAUDATO SI' 

 LETTERA ENCICLICA
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
SULLA CURA DELLA CASA COMUNE

VI. 
La destinazione comune dei beni

93. Oggi, credenti e non credenti sono d’accordo sul fatto che la terra è essenzialmente una eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti. Per i credenti questo diventa una questione di fedeltà al Creatore, perché Dio ha creato il mondo per tutti. Di conseguenza, ogni approccio ecologico deve integrare una prospettiva sociale che tenga conto dei diritti fondamentali dei più svantaggiati. Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una “regola d’oro” del comportamento sociale, e il «primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale ».
 La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata. San Giovanni Paolo II ha ricordato con molta enfasi questa dottrina, dicendo che «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno».
Sono parole pregnanti e forti. Ha rimarcato che «non sarebbe veramente degno dell’uomo un tipo di sviluppo che non rispettasse e non promuovesse i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli».
Con grande chiarezza ha spiegato che «la Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato».
Pertanto afferma che «non è secondo il disegno di Dio gestire questo dono in modo tale che i suoi benefici siano a vantaggio soltanto di alcuni pochi».
Questo mette seriamente in discussione le abitudini ingiuste di una parte dell’umanità.

 94. Il ricco e il povero hanno uguale dignità, perché «il Signore ha creato l’uno e l’altro» (Pr 22,2),
« egli ha creato il piccolo e il grande » (Sap 6,7), e «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni»
(Mt 5,45). Questo ha conseguenze pratiche, come quelle enunciate dai Vescovi del Paraguay: «Ogni contadino ha diritto naturale a possedere un appezzamento ragionevole di terra, dove possa stabilire la sua casa, lavorare per il sostentamento della sua famiglia e avere sicurezza per la propria esistenza. Tale diritto dev’essere garantito perché il suo esercizio non sia illusorio ma reale. Il che significa che, oltre al titolo di proprietà, il contadino deve contare su mezzi di formazione tecnica, prestiti, assicurazioni e accesso al mercato».

95. L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se non lo facciamo, ci carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza degli altri. Per questo i Vescovi della Nuova Zelanda si sono chiesti che cosa significa il comandamento “non uccidere” quando « un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere ».

lunedì 7 dicembre 2015

Lettera di Natale del Vescovo di Salerno, 

Mons. Luigi Moretti


gif presepioÈ apparsa la Misericordia di Dio.
Miei cari Amici, l’apostolo Paolo, scrivendo al suo discepolo Tito, gli ricorda il senso della venuta di Gesù in mezzo a noi:
Si è manifestata la grazia/misericordia di Dio, che porta la salvezza a tutti gli uomini e continua a insegnarci a rinnegare l’empietà e le passioni del mondo, per vivere con moderazione, giustizia e vera religiosità nel presente, nell’attesa della beata speranza, cioè della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. (Tito 2, 11-13)
Paolo ricorda proprio il mistero del Dio fatto Carne, la sua umanità è il luogo della presenza di Dio: questa è la verità del Natale, che è donata a tutti gli uomini che ascoltano e realizzano la volontà di Dio, come cantano gli Angeli sulla spianata di Betlemme. La Pace, questo bene così prezioso, è per tutti e il suo nome è Gesù, l’Inviato del Padre.
Dio tante volte ha parlato agli uomini e in Gesù offre la sua Parola definitiva. Egli si rivela padre e madre per ognuno di noi, come ci ricorda il profeta Osea, vissuto 750 anni prima di Cristo: ...
... Quando Israele era bambino, lo amai e dall’Egitto chiamai mio figlio. Quanto più li chiamavo, più mi si allontanavano… Io gl’insegnavo a camminare, lo portavo in braccio, ma quelli non si resero conto che ero Io ad aver cura di loro. Con vincoli di amore li attraevo, con corde di affetto. Fui per loro come chi porta un bimbo alle guance; mi chinavo e gli davo da mangiare.
Questa pagina, cari amici, rivela l’appassionato amore del Padre: Dio ci tiene legati a sé con corde di affetto e ci abbraccia e si prende cura della nostra vita proprio come un genitore. Egli è attento, affinché il figlio non cada, mentre impara a muovere i primi passi e lo rincorre come una mamma per nutrirlo, mentre scorrazza per la casa. Che belle immagini ci offrono le Sante Scritture, ma cosa vogliono dirci?
Dietro il termine “misericordia” c’è una parola femminile di grande importanza: “grembo”. Sì, Dio ci ama con viscere di misericordia, con tenerezza e indulgenza: ecco la Grazia che è apparsa, Gesù Bambino in braccio a ognuno di noi.
Natale è incontro con Dio: è Lui che viene verso di noi, per educarci, farci crescere e aiutarci a portare a compimento la nostra vita. Un maestro umano spiega ogni cosa, ma non può fare di più. Dio, invece, ha mandato il suo Figlio in mezzo a noi e il suo Spirito dentro di noi, per trasformare il nostro stile di vita e la nostra mentalità: Natale è conversione, cioè cambiamento del nostro modo di vivere, rigettando ogni violenza e ogni crimine, senza servirci degli altri - come dice Papa Francesco -, ma servendo con umiltà e carità.
L’amore e la giustizia umana, dice Osea, sono come una nube passeggera, come una goccia di rugiada, che al primo sole evapora e non c’è più. Tante volte pensiamo in modo interessato anche il nostro rapporto con Dio, per ottenere solo favori, senza vivere con lealtà e verità.
Cosa desidera Dio da noi? Non ha bisogno dei nostri sacrifici e delle nostre offerte, se manchiamo di fede e di conoscenza, se viviamo senza “metterci il cuore” nelle cose che facciamo.
In questo meraviglioso Bambino Gesù, la Grazia che è apparsa, il Padre ci educa a “poter fare ciò che si deve” e il processo con cui diventiamo noi stessi, pienamente conformi alla Sua volontà, è “misericordia”, cioè l’opera che ci cambia e ci umanizza.
La Misericordia è grazia, cioè dono dell’Amore di Dio per ognuno. È l’occasione opportuna per vincere ogni violenza e sopraffazione, accogliendo la Verità che ci libera. Chi uccide il fratello uccide se stesso. Il male non potrà mai produrre il Bene. Nel Bene ognuno potrà godere e gustare la presenza dell’altro.
Natale è fraternità, perché Gesù c’insegna a vincere l’odio contro il fratello: solo la Sua grazia può cambiare il cuore dell’uomo. Il nostro buon esempio è utile ma non ha il potere di cambiare gli altri: nessuno cambia nessuno! È solo l’azione misteriosa e gratuita della “grazia che è apparsa” a vincerci e a insegnarci che “se il chicco di grano non muore, rimane solo; se muore, allora produce molto frutto” (Giovanni 12,24). Ecco perché il Vangelo continua a ricordarci che chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma se uno la perde, allora vivrà.
Noi siamo stati creati perfettibili: Dio rende perfetto quello che siamo e, salvandoci da ogni azione peccaminosa, ci fa diventare veramente noi stessi.
Nel Natale Dio ci dona anche una “nuova possibilità”: Egli non si dimentica di noi e non ritira la sua lealtà né la sua alleanza di Pace (Isaia 54,4-10). La sua misericordia è giustizia efficace e creativa, perché “il suo amore è per sempre e dovunque” (Salmo 136). Dopo aver istituito l’Eucaristia nel Cenacolo, Gesù intona questo meraviglioso salmo ed esce per andare a donarci la sua Vita sulla Croce.
Natale è Pasqua, cioè passaggio dalla morte alla Vita, perché è l’inizio del dono della salvezza, che è apparsa in mezzo a noi. Il Natale guarda alla Pasqua e il presepio contiene allusioni alla morte e risurrezione di Gesù: il legno della croce veniva ricordato dalla culla di legno in cui giace Gesù; le pecore offerte dai pastori ricordano l’agnello immolato; la Madre che si curva sul Figlio ci richiama alla pietà di Maria che tiene tra le braccia il Figlio morto. La liturgia ambrosiana si esprime così: «L’Altissimo viene tra i piccoli, si china sui poveri e salva». Dunque, il senso del Natale ci riporta al centro della nostra redenzione e ci procura una gioia che non avrà mai fine. Un simile atteggiamento positivo può convivere anche con grandi dolori e penosi distacchi. So bene che questi sentimenti di dolore sono i segni di grandi ferite, che si riaprono soprattutto in questi giorni. Quando si vede a tavola un posto vuoto, riemerge il mistero del Crocefisso con le sue piaghe. Penso che il fascino del presepio derivi dall’atmosfera profondamente umana che in esso si respira: Dio che nasce nel feriale, “al freddo e al gelo”, come cantava Sant’Alfonso, quel freddo e quel gelo dei nostri cuori!
Tutto questo spiega perché la festa del Natale è importante per noi cristiani: quel Bambino, uomo come noi, nato da una donna, è in realtà Dio che si è fatto carne fragile, creatura umana come noi. Ecco perché la Chiesa ha ben presto visto nel Natale l’evento in cui “Dio si fa uomo affinché l’uomo sia fatto Dio”, secondo la formula usata dai più antichi Padri della Chiesa.
A Natale Cristo esce dal grembo di Maria di Nazaret e a Pasqua esce dal grembo della terra: Dio è eterno e in Gesù Bambino si è fatto mortale; Dio è potente e si è fatto debole; Dio è invisibile e si è fatto visibile.
Fin dalla sua nascita, l’uomo Gesù inizia a raccontare il Padre, quel Dio che nessuno aveva visto né può vedere prima della morte. Ecco allora che, come nella notte di Pasqua i cristiani celebrano la risurrezione di Gesù da morte, così nella notte di Natale celebrano la sua nascita nella carne umana. Non solo, ma ancora oggi il Natale è per i cristiani una festa che annuncia le realtà ultime e definitive: è segno, garanzia, caparra che Gesù - venuto nell’umiltà a Betlemme - tornerà nella gloria alla fine dei tempi.
Cari amici, siamo chiamati ancora una volta e ancor più dell’anno scorso, in questo giubileo straordinario della misericordia, a recuperare il patrimonio umano e di fede del Natale, per dare nuova linfa al nostro essere anche cittadini. Il nostro stile di vita, tollerante e solidale, vuole relazionarsi a quanti sono “uomini di buona volontà”, per intessere insieme una rete di rapporti costruttivi, così che ogni persona si senta sostenuta e aiutata a diventare ciò che è chiamata a essere.
Maria e Giuseppe, genitori meravigliosi, hanno curato e fatto crescere Gesù; anche quando non hanno compreso interamente il suo mistero si sono aperti alla grazia, che è apparsa. Hanno camminato fidandosi sempre di Dio, memori che se si cerca la sicurezza in Lui, nella sua Parola e nei suoi profeti, allora avremo sicurezza e saremo sicuri della via da seguire.
La nostra Chiesa  vuole essere una casa scoperchiata per accogliere i deboli e i bisognosi, un ospedale da campo, pronto a raccogliere i feriti e a restituire dignità e attenzione.
Il vostro pastore, chiamato a indicarvi la via che è Gesù, v’invita a essere il volto bello, materno e paterno della Chiesa, a portare in ogni ambiente i valori del Natale, a restituire fiducia a quanti hanno il cuore spento e forse morto per le sofferenze provocate da altre persone. Siamo chiamati, tutti insieme, a raccontare con la vita la Speranza del Natale, memori che la vita c’insegna la dottrina e non viceversa.
Il Natale siamo noi insieme, Corpo di Cristo, chiamati a essere Comunità in comunione, che sotto il primato della Parola celebra l’Eucaristia del servizio e della condivisione per la salvezza del mondo.
Desidero farvi i miei più cari auguri, ricordando ognuno e tutti nella preghiera quotidiana, aiutando le “pecore madri”, sostenendo quelle che faticano a camminare e infondendo fiducia ai cuori sconsolati. Ogni giorno nell'Eucaristia chiedo all'Altissimo Pace e Giustizia laddove gli orgogli e gli egoismi depredano i più piccoli e indifesi.  Impariamo a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo e a nessuno mancherà qualcosa e ognuno potrà sentire il calore della mangiatoia.
Maria, Giuseppe e Gesù Bambino vi accompagnino sempre e dovunque. Pregate per me e per tutti i ministri di Dio: siano davvero pastori con l’odore delle pecore.
Buon Natale dal più profondo del cuore. La debolezza di Dio sia la nostra unica forza.
Vi abbraccio e vi benedico
vostro in Cristo
Luigi Moretti

giovedì 3 dicembre 2015


MARIA REGINA DELLA PACE

MEDJUGORJE
“Cari figli, io sono sempre con voi, perché mio Figlio vi ha affidato a me. 
E voi, figli miei, voi avete bisogno di me, mi cercate, venite a me e fate gioire il mio Cuore materno. Io ho ed avrò sempre amore per voi, per voi che soffrite e che offrite i vostri dolori e le vostre sofferenze a mio Figlio e a me.
 Il mio amore cerca l’amore di tutti i miei figli ed i miei figli cercano il mio amore. 
Per mezzo dell’amore, Gesù cerca la comunione tra il Cielo e la terra, tra il Padre Celeste e voi, miei figli, la sua Chiesa. Perciò bisogna pregare molto, pregare ed amare la Chiesa a cui appartenete. Ora la Chiesa soffre ed ha bisogno di apostoli che, amando la comunione, testimoniando e dando, mostrino le vie di Dio. 
Ha bisogno di apostoli che, vivendo l’Eucaristia col cuore, compiano opere grandi. 
Ha bisogno di voi, miei apostoli dell’amore. Figli miei, la Chiesa è stata perseguitata e tradita fin dai suoi inizi, ma è cresciuta di giorno in giorno. 
È indistruttibile, perché mio Figlio le ha dato un cuore: l’Eucaristia. 
La luce della sua risurrezione ha brillato e brillerà su di lei. Perciò non abbiate paura! Pregate per i vostri pastori, affinché abbiano la forza e l’amore
 per essere dei ponti di salvezza. Vi ringrazio!”