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PANE SPEZZATO
''Venite e gustate quant'è buono il Signore''
DAL LIBRO DELLA SAPIENZA
PARTE QUARTA (1 - 2)
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[1]Meglio essere senza figli e avere la
virtù,
poiché nel ricordo di questa c'è immortalità,
per il fatto che è riconosciuta da Dio e dagli uomini.
[2]Presente è imitata; assente è desiderata;
nell'eternità trionfa, cinta di corona,
per aver vinto nella gara di combattimenti senza macchia.
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PER RIFLETTERE INSIEME… |
La parola-chiave
del primo versetto del quarto capitolo è ‘’VIRTU’’, alla quale fa eco la parola ‘’COMBATTIMENTO’’ che
troviamo al termine del secondo.
Due parole contenute
in due versetti composti da appena sei righi.
Sei
brevissimi righi che contengono verità infinite, numericamente parlando, ed
eterne, spiritualmente parlando. VERITÀ
INFINITE ED ETERNE.
Diciamo pure
che sintetizzano la strada della salvezza, ne indicano la strada precisa, ne
definiscono il percorso da realizzare e il traguardo a cui giungere.
Si tratta di
tre (apparentemente semplici) parole che aprono spazi immensi, orizzonti mai o
raramente ammirati, conosciuti e vissuti.
Apriamo,
dunque, questi versetti e lasciamoci prendere dallo stupore per quello che essi,
come uno scrigno prezioso, ci mostrano e ci offrono.
Alle parole
‘’virtù
e combattimento’’ che sono i mezzi che ci vengono messi a disposizione
per la strada da percorrere, aggiungiamo
le parole ‘’Verità’’ che dà certezza di quel che si dice e la parola
‘’Eternità’’ che indica lo spazio in cui ci si muove; prendiamo ancora altre parole
che sono ‘‘imitazione e desiderio’’, che rappresentano gli strumenti a cui far ricorso; e poi ancora
‘’immortalità’’
che è la condizione in cui si opera ed infine ‘’ corona e vittoria’’ che
rappresentano il traguardo finale.
In questa
specie di parafrasi di questi due
versetti, abbiamo ricostruito una strada
che tutti siamo invitati a percorrere, una strada fatta di parole che vanno
tradotte in azioni da mettere in pratica per tutta la durata della propria vita:
virtù, combattimento, imitazione,
desiderio, immortalità, corona e
vittoria
Una strada,
dunque, fatta di sette parole.
Alcune di
queste parole fanno parte del lessico comune quotidiano, ai quali
corrispondono, però, significati tutt’altro che spirituali; altre, invece, sono
poco conosciute, altre, infine, sono definitivamente cadute nel dimenticatoio e
non certamente per buona pace di tutti, ma per la nostra condanna… proprio
così, perché aver messo da parte alcuni concetti fondamentali delle verità di
fede porta, come conseguenza, alla condanna eterna.
Occorre
chiarire il perché di questa condanna: non certo per averle semplicemente escluse
dal proprio vocabolario, ma, non avendole conosciute e quindi non averle potuto metterle in
pratica, ci si è, per forza di cose, spostati sulla strada opposta che è quella
del peccato.
Escludere
alcune verità di fede nonchè di ragionevolezza, porta l’umanità alla condanna
eterna, perché alcuni concetti sono il sostegno alla nostra fede e danno senso
oltre che direzione alla nostra esistenza terrena; senza di essi tutto verrebbe
a cadere, vacillerebbe pericolosamente, come una casa che, invece di poggiare
su quattro pilastri, poggia soltanto su uno, la sua staticità è in forte
pericolo, il crollo è già annunciato.
Una vita
senza la consapevolezza del combattimento spirituale al quale siamo chiamati è
una vita che non sa darsi risposte e non sa dare senso alle sue azioni: perché
devo essere buono? Perché non devo far del male? Perché devo amare e perdonare
anche il nemico? Perché devo osservare i comandamenti? Perché devo preoccuparmi
di discernere il bene dal male? Perché non devo accumulare ricchezze? Perché
devo preoccuparmi della vita eterna? Perché devo confessarmi? Perché devo
controllarmi? Perché devo mantenermi nell’umiltà?
Perché devo
fare tutto questo se tanti altri non lo fanno e vivono bene, anzi molto meglio
di me? La loro vita è piena di soddisfazioni, si divertono, soddisfano tutti i
loro desideri, non si preoccupano di niente e di nessuno e vivono spensierati…
perché dunque dovrei ‘’sacrificare’’ la mia vita e trattenerla dalle passioni,
dai desideri, a privarmi di ciò a cui l’istinto
mi porta?
Tanti perché
che non trovano risposte e se le trovano non sono le risposte adeguate, perché
sono le risposte del mondo che porta l’uomo al soddisfacimento di sé, senza
distinzione, senza freni, senza discernimento, ‘’desiderare ed avere’’
diventano consequenziali e per avere quel che si desidera si è disposti a
tutto,
Qualcuno
potrebbe dire ‘’che cosa c’è che non va in tutto questo? Siamo essere umani,
quindi carnali, perché non soddisfare la carne? È naturale che questo accada,
non è contro natura: siamo di carne e diamo attenzione e soddisfazione alla
carne’’.
Sembra tutto
ovvio, sembra tutto giusto, sembra tutto perfetto, sembra tutto a posto… sembra…
ma come sempre… non lo è, perché il sembrare e l’esserlo per davvero indicano
due situazioni molto differenti fra loro.
Il sembrare sottintende l’inganno, l’illusione,
cioè ‘’sembra vero, sembra giusto… ma non lo è’’.
L’esserlo,
invece, afferma una verità incontrastata e incontrastabile.
Che cosa
voglio dire con tutto questo?
Una cosa
semplicissima: intanto che l’essere umano non è solo carne, ma carne e spirito
e fra la carne e lo spirito, diciamo così, non corre buon sangue!
Ci sono i
desideri della carne e ci sono i bisogni dello spirito.
Soddisfare
gli uni o gli altri fa la differenza.
La carne è
il luogo delle passioni e le passioni sono sotto l’egida del demonio, perché è
lì che trova maggiore accoglienza e terreno fertile per far valere la sua
volontà, la sua opera si basa proprio sulla direzione delle passioni ed i
frutti di quest’ azione, anche senza scomodare San Paolo, sappiamo bene quali
sono, ma visto che lui li indica con molta precisione nella lettera ai Galati (Capitolo
5,15-25), ascoltiamolo: ‘’Vi dico dunque:
camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della
carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha
desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi
non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non
siete più sotto la legge. Del resto le
opere della carne sono ben note: fornicazione,
impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia,
gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del
genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le
compie non erediterà il regno di Dio. Il
frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è legge. Ora
quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue
passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche
secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci
gli uni gli altri’’
Paolo ci rivela
molto chiaramente, dicevo, l’antitesi ‘’carne-spirito’’, non si tratta di una
categoria filosofica, quanto piuttosto di una categoria teologica anzi
"cristologica": Gesù, facendoci
dono del suo Spirito, ci ha liberati dalla schiavitù della carne; ma la
carne non è mai definitivamente sconfitta, perché Dio, che ci ha creati senza
di noi, non può salvarci senza di noi, non perché non voglia o non possa, ma
perché rispetta la nostra libertà, per questo ci ha fatto un dono ancora più
grande che è la libertà di poter sconfiggere la carne con il nostro impegno,
con il dominio del nostro io, con la nostra volontà unita alla Sua.
La carne ha
desideri smisurati e sregolati.
È possibile
contenerla crocifiggendola, proprio come
ha fatto Gesù.
Già… crocifiggendola
come ha fatto Gesù!
Ma, in
questo caso, neanche con la lanterna di Diogene si riuscirebbe a trovarne uno
che vorrebbe la croce, che desidererebbe crocifiggere la sua carne, sarebbe
aberrante umanamente parlando,
bastano ed avanzano le croci quotidiane…
magari trovare il modo di eliminare quelle sarebbe più giusto.
Resta il
fatto, però, che senza la Croce non ci si salva!
Ecco l’altra
parola-chiave, quasi sconosciuta: SALVEZZA!
E’ il
desiderio della salvezza che spinge alla virtù, che si manifesta nel desiderio
di combattere i desideri della carne, quei desideri che rientrano sotto la
categoria di ‘’vizi’’ e si contrappongono alla virtù.
Certo, per
estirpare un vizio ci vuole un coraggio pazzesco!
Questo
coraggio si chiama ‘’virtù’’, è il coraggio di chi sente il bisogno di
crescere, di maturare, di innalzarsi da questo ‘’fango terreno’’, di alzare gli
occhi al Cielo e desiderare il Cielo; di chi ha il coraggio di dirsi dei ‘’no’’ anche se questo significa
privarsi di qualcosa che dà piacere; è il coraggio di chi non si concede tutti
i ‘’sì’’ che vorrebbe e che gratificherebbero la sua carne e il suo egoismo.
Come sempre…
è questione di coraggio!
Questo tipo
di coraggio, purtroppo, non è molto apprezzato o considerato nella nostra
società, anzi è deriso e contrastato.
Ma senza
questo coraggio non ci si salva.
È il
desiderio della salvezza che innesca la battaglia.
La battaglia
è tra i ‘’no che non si sanno dire’’ e i ‘’sì che si dicono troppo
facilmente’’.
Una
battaglia atroce, perché la carne domina, prende il sopravvento e soffre troppo
davanti ai no, è più facile concederle ciò che desidera, anche perché non ci
sarebbe niente di male… anzi, se
vogliamo, il male sta nel non concederseli gli oggetti del proprio desiderio,
questo fa male veramente e allora… prendiamo quello che possiamo… tanto poi si
muore e dato che… un antico adagio popolare dice che ‘’quello che lasci è perduto’’, non solo prendiamo quel che
possiamo, ma cerchiamo di prenderne quanto più possiamo, senza limiti, senza
misure, quello che si lascia lo prenderebbe un altro, tanto vale darsi da fare!
L’uomo vorrebbe
tutto presto e subito, vorrebbe soddisfare i suoi desideri e le sue aspettative,
i desideri della sua carne, i sogni irrealizzabili, tutto quello che è
possibile ed anche quello che è impossibile … anche perché, secondo un altro
adagio… si vive una sola volta!
L’oggetto
dei desideri va conquistato, a qualsiasi costo.
Magari anche
calpestando l’altro, magari anche manipolando la realtà, magari anche
distorcendo la verità, magari anche contrastando la giustizia, magari anche
mentendo, rubando, calunniando, uccidendo la dignità altrui.
Tutto in
nome di un diritto: il diritto di raggiungere e soddisfare i propri desideri, i
propri sacrosanti desideri che…
l’esperienza insegna… non solo non finiscono mai ma sono anche insaziabili,
cioè più si ha e più si vorrebbe, l’uomo più ricco si considera sempre l’uomo
più povero, perché la sua avidità è insaziabile, la sua misura delle cose è
abnorme, è ingigantita, per cui il molto è sempre poco, l’abbondante non è mai
abbastanza, il tutto non è mai troppo… a conferma del fatto che dove c’è solo
la quantità, mancando la qualità, è davvero come non avere niente: «Desiderate ardentemente i doni maggiori. E
ora vi mostrerò una via che è la via per eccellenza: quand'io parlassi le
lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un rame risonante
o uno squillante cembalo.
E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti
i misteri e tutta la scienza, e avessi tutta la fede in modo da trasportare i
monti, se non ho carità non sono nulla.
E quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri, e quando dessi
il mio corpo ad essere arso, se non ho carità, ciò niente mi giova. (1° Corinzi
12, 31 - 13, 1-7).
Cosa, dunque, giova all’uomo?
La Carità.
L’Amore.
L’Amore di
Dio. L’Amore per Dio. L’Amore in Dio.
L’Amore.
Sempre e
soltanto l’Amore, perché ‘’Signore, davanti a te ogni mio desiderio‘’ (salmo
38, 10).
Ogni
desiderio riposto in Dio dà certezza e dà sicurezza, perchè Dio è fedele,
perché… Dio conosce ogni capello del nostro capo… perché veste i gigli del
campo… perché nutre gli uccelli che non seminano e non mietono… perché Dio è
attento al nostro grido, perché Dio ci ama e chi ama non può non volere il bene
per la persona amata.
Colui, il
cui unico desiderio è ‘’avere Dio nella propria vita’’, trova in Dio la sua
sicurezza; l'uomo "carnale", invece, cerca sicurezze in una morale
precettistica, piuttosto comoda, o, come diceva Benedetto XVI, ‘’in una religione fai-da-te’’ dove non
ci sono né incognite né ostacoli, in un cammino che ognuno può farsi a propria
misura, come dire… l’arte della sartoria è di tutti, ognuno può ritagliarsi e
cucirsi a propria misura le regole che più ritiene adeguate per la
realizzazione dei propri bisogni.
Dette così
queste cose sembrano quasi giuste, non fanno una piega, non ci vuole molto per
prenderle a regola della propria vita!
Si parla
comunque di regole, di libertà, di diritto a realizzare se stessi, di
giustizia… è piuttosto convincente come ragionamento, peccato, però, che ci si
ferma soltanto a queste cose, cioè non ci si chiede mai dove queste cose
portano, si vive fortemente legati al qui ed ora, senza mai guardare ad un
palmo dal naso, senza mai chiedersi dove si va a finire proseguendo su questa
strada… ecco… è come se fossimo senza radici, come se fossimo senza tempo,
fuori dal tempo; ma il presente non ha senso senza il passato e il futuro; si
definisce ‘’presente’’ l’attimo che non è ancora passato e non è ancora
avvenuto, ma se queste due categorie temporali non ci fossero, il presente non
avrebbe più il senso che ha; l’uomo non può prescindere dal tessuto
spazio-temporale, è immerso in esso, per cui un presente è anticipato da un
passato ed è annunciato da un futuro.
Ma noi
dimentichiamo di aver avuto un passato, dimentichiamo da dove proveniamo e
dimentichiamo che avremo un futuro… che non finirà mai!
Un futuro
eterno, un tempo infinito che dovrebbe stupirci e spaventarci per l’incapacità
della nostra mente di contenere questa dimensione di eternità… invece ci lascia
nella più tragica indifferenza, non solo lo ignoriamo, ma lo neghiamo anche il
nostro futuro eterno!
Dovremmo,
invece, ricominciare a porci seriamente alcune domande e cercare seriamente le risposte
ad esse.
Da dove
veniamo?
Dalle Mani
di Dio.
Dove
andremo?
Torneremo
nelle Mani di Dio.
Che ci si
creda o no, questa è la verità della nostra esistenza terrena.
Liberi di
non crederci, ma il non crederci non implica la possibilità che ciò non si
verifichi.
È stato, è e
sarà così per tutti!
Se, dunque,
teniamo lo sguardo alto e attento sul passato che è stato e sul nostro futuro
che sarà, ecco che quelle soddisfazioni di cui si parlava sopra, assumono un
significato diverso, perché non saranno più senza conseguenze, ma porteranno ad
un traguardo: quale traguardo sarà, dipenderà dalle nostre scelte, se avremo
assecondato o meno i nostri desideri carnali, quelli che vanno sotto, dicevamo,
la categoria dei ‘’vizi’’.
Come i vizi
hanno la loro ampia e facile strada e il loro meritato ed adeguato traguardo,
così anche le virtù hanno la loro stretta e difficile strada e il loro meritato
ed adeguato traguardo.
Abbiamo
visto come San Paolo distingue molto bene i vizi dalle virtù.
Ma in che
cosa consiste, veramente, una virtù?
La virtù sta
nel non stabilire le regole del proprio vivere, ma nel mettere in pratica
quelle che Qualcuno ha stabilito per noi in vista di un Bene superiore, di una
realizzazione più alta, anche se non immediata, anche se conquistata con
fatica, anche se raggiungibile solo con la crocifissione della propria carne.
Crocifiggere
la propria carne significa avere il coraggio di non assecondare tutti i suoi
desideri, dominarsi, autocontrollarsi, quel comportamento, cioè, che è
conseguenza di un discernimento interiore fatto tenendo presente gli
insegnamenti di Cristo.
Gli
insegnamenti di Cristo sono tanto desiderabili quanto difficili da realizzare, in modo
particolare in questa nostra società che vive all’insegna della dissolutezza e
del libertinaggio ai limiti della perversione.
In questa
società che abbiamo realizzato con il nostro liberarci da ogni continenza, il
linguaggio di Gesù ‘’ E’ duro; chi può
intenderlo?» (Gv 6,60).
Se lo
chiedevano gli apostoli, dopo aver assistito alla moltiplicazione dei pani e
dei pesci, a maggior ragione ce lo chiediamo noi, che assistiamo alla
moltiplicazione delle violenze e degli abusi.
‘’Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi
discepoli … mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là
dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le
parole che vi ho dette sono spirito e vita..’’. (Gv 6, 61-63).
Altrochè
se sono dure per noi le Sue parole, altrochè se ne siamo scandalizzati:
Gesù
dice:‘’Digiunate e pregate…’’, ma
come: se ho fame non devo mangiare? Devo digiunare? Perché? Per chi? … Se non
mangio mi girerà la testa, mi farà male lo stomaco, non mi reggerò in piedi… È
inammissibile e inaccettabile questa richiesta!
Gesù
dice:‘’Va, vendi quel che hai, dallo ai
poveri e seguimi…’’, ma come: il frutto del mio lavoro lo devo distribuire
agli altri? Ciò che è mio è mio, degli altri non mi interessa!
Gesù
dice:‘’Guardare una donna è già
commettere adulterio con essa…’’ … ma come, se desidero una donna non devo
poterla avere solo perché appartiene ad un altro? Ma io sto male, perciò farò
di tutto per averla… e poi… gli occhi sono fatti per guardare!
Gesù
dice:‘’Non desiderare la roba altrui…’’,
ma come: se io desidero quel posto che appartiene ad un altro, solo perchè se
l’è guadagnato onestamente dovrei farmi scrupoli se riesco a soffiarglielo con
una buona spinta politica? Quel posto lo voglio io e l’otterrò a qualsiasi
costo, non potrà fermarmi nessuno, perché io lo voglio e … volere è potere!
Certo
che c’è proprio da scandalizzarsi delle Parole di Gesù!
Ci
vuole coraggio a chiederci oggi queste cose!
A noi…
che siamo i padroni del mondo e della vita!
Forse
Gesù non si rende conto che sono passati Duemila anni e quelle sue Parole
suonano anacronistiche?
Come
può chiederci queste cose? Ma dove vive?
Vive,
forse sulla Terra per conoscere la nostra realtà?
Per
sapere come vanno le cose a questo mondo?
Se
ancora non l’ha capito è bene per Lui che lo sappia come stanno le cose su
questa Terra nel 2014: qui, su questa Terra, comandiamo noi uomini, la Terra è
nostra e noi ne siamo i padroni! Lui se ne stia pure nel Suo Regno in Cielo,
che qui non c’è spazio per Lui, anzi non c’è più bisogno di Lui, ci siamo noi
che sappiamo fare le cose meglio di Lui!
Anzi
dirò di più: se io voglio una cosa è mio diritto averla, non mi venga a dire
che è peccato già solo desiderare ciò che non è mio; il peccato è ormai
tramontato, è fuori moda, è fuori da questo tempo; adesso la legge la facciamo
noi e la legge-base è questa: SIA FATTA
LA MIA VOLONTÀ!
Come sa di arroganza, presunzione e
superbia questa affermazione!
Ma quanto, purtroppo, è anche vera questa affermazione!
È questo il pensiero unico che massifica
gli uomini di questo Millennio.
Si gioca tutta qui la nostra esistenza
terrena: nel realizzare ciò che vogliamo noi, costi quel che costi o nel
realizzare la Volontà di Dio, costi quel che costi.
Nel primo caso si dà largo spazio ai vizi:
non ciò che vuole Dio, ma ciò che voglio io!
Nel secondo caso si dà largo spazio alle
virtù: non ciò che voglio io, ma ciò che vuole Dio!
Nell’ultimo messaggio di Medjugorje, del
due marzo scorso, la Madonna, con materno affetto, ci invita a far sì ‘’Che dal vostro cuore giunga sempre sulle
vostre labbra un Sia fatta la tua volontà. Perciò abbiate fiducia e pregate’’.
La virtù, quindi, possiamo dire, consiste
nel lasciar fare a Dio, nel lasciarsi fare da Dio, perché Egli sa ogni cosa,
Egli fa ogni cosa buona, giusta e bella.
Praticare le virtù significa fidarsi di
Dio.
Pregare Dio, affidarsi totalmente a Dio quale
Creatore del Cielo e della Terra.
Il passaggio dal vizio alla virtù lo si
attua nel momento in cui si realizza una sostituzione di desideri e cioè quando
al posto di ‘’io voglio’’, ci
mettiamo ‘’voglio Dio’’; quando il
desiderio primario non è più il soddisfare i propri desideri terreni, ma
tendere all’unico desiderio salvifico che è ‘’ l’avere
Dio, il desiderare Dio più di ogni altra cosa’’, l’avere Lui nella propria
vita, l’averLo come Maestro, Guida, Padre, Sposo, Creatore, Salvatore, l’averLo
nella propria vita come Dono prezioso e irrinunciabile, Desiderio che diventa
addirittura anelito, innalzamento dell’anima, sofferenza dell’anima stessa
quando si rende conto che il peccato allontana Dio dalla nostra vita, dalla
nostra quotidianità.
La libertà vera e
totale si realizza proprio quando io sono libero di desiderare Dio ed è mio
profondo desiderio ‘‘avere Dio con me’’, perché si realizzi la profezia del
Nome di Gesù: Emmanuele: Dio con noi! Dio con me! Dio in me!
Quando il desiderio
di avere Dio con me sarà al di sopra di ogni altro desiderio, allora saprò di
essere veramente libero, perché non dovrò rinunciare più a niente, per il
semplice fatto che quel tutto, che prima bramavo, adesso lo reputo niente,
adesso non ha più valore ai miei occhi; adesso tutti i desideri carnali
svaniscono, come neve al sole, non devo fare violenza alla mia carne, non devo
più privarmi con sofferenza, ma il non avere più quelle cose che prima bramavo
diventa sollievo, gioia, desiderio di non possedere nulla, perché già si
possiede tutto: Dio, il nostro Tutto!
Di fronte alla
presenza di Dio tutto il resto sparisce, svanisce, si polverizza, scompare come
nebbia del mattino, e crocifiggere la carne non è più impresa impossibile ma azione
che viene da sé, da vivere nella più naturale naturalezza, tutto scorre lungo
canali che tu non conoscevi e ti ritrovi ad essere felice pur stando sulla
croce!
Non è impossibile, non è raro, non è riservato a
pochi, non è appannaggio dei consacrati,
ma è dono gratuito per tutti coloro che scoprono la
loro creaturalità e il loro essere stati creati dal Creatore!
È così
facile, è così normale… purtroppo però c’è qualcuno che ci ostacola nel
raggiungimento di questa meta e che ci tende una trappola nella quale cadiamo
tutti: quella trappola satanica che accentua, ingigantisce, sobilla i nostri
sensi, li affascina e li seduce, li manipola, li gestisce con l’inganno, li
deforma portandoci a quel ‘’ciò che
voglio, l’otterrò, deve essere mio, perché io sono dio!’’
È questa la legge della carne, è questa la legge
che difendiamo, è questa la legge che tutti vogliamo e che tutti mettiamo in
pratica. Purtroppo per noi!
Perché!
Semplice! Perché l’onore, la gloria e la potenza
siano nostri!
Chi ha il coraggio di dire ‘’Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da' gloria, per la tua
fedeltà, per la tua grazia’’ (salmo 114,1)?
Chi ha il
coraggio di dire questo, oggi?
Chi ha il
coraggio di rifiutare la gloria per sé e darla proprio a Colui che gli chiede
di non accumularne?
Questo
coraggio lo abbiamo chiamato VIRTU’, ma la virtù non ha spazi di vita in questi
nostri tempi, la virtù è fuori da questo tempo, fuori dalla logica di questo
mondo, fuori dagli spazi del nostro cuore, perché il nostro cuore è tutto pieno
di noi stessi, della brama di gloria per noi stessi, dei desideri sfrenati e
smisurati che vengono da noi stessi ai quali nessuno ha voglia di dire di no,
di opporre resistenza, di ingaggiare una battaglia personale contro di essi,
perché ritenuti legittimi in virtù di una legge relativa alla propria logica,
alle proprie regole, alla propria sacrosanta
giustizia.
Dire un no a
ciò che si ritiene giusto, non sarebbe giusto! Ovvio no!
Il problema
vero sta, dunque, nel concetto di giustizia che ognuno si dà: un ‘’darsi una
giustizia personale’’ non equivale, però, a un ‘’fare ciò che è giusto’’; una
giustizia personale, soggettiva, annulla quella collettiva, anche quella
strettamente terrena, perché anche su quest’ultima prevale quella individuale, in
quanto ognuno si ritiene giudice infallibile quindi un dio. Perché attenerci alle regole di una sola Persona?
Chi è Costui
che pretende di essere l’unico Giudice?
Che forse
non ne siamo capaci noi di giudicare?
Chi non
saprebbe giudicare gli errori degli altri?
Chi non
saprebbe applicare la giustizia agli sbagli altrui?
Chi non
saprebbe vedere la pagliuzza negli occhi degli altri?
Siamo degli
osservatori acuti e perspicaci, particolarmente attenti ai passi falsi degli
altri!
Se si tratta
di vedere la pagliuzza nell’occhio altrui siamo tutti più che bravi, il
difficile è il riuscire a vedere la trave nei propri occhi: è lì che facciamo
cilecca, è lì che diventiamo orbi!
La giustizia
personale va applicata solo alle mancanze degli altri… per la propria vita valgono altre leggi fatte ad hoc perché la mia
libertà di azione, di pensiero e di parola non sia intaccata in nessun modo,
non sia ridotta in nessuna misura, in virtù di personali, sacrosante e
giustificate (?) necessità.
Ecco che le
regole cambiano, a secondo della persona alla quale devono essere applicate: a
me o agli altri.
Sono regole
modellabili, come il das che usano i bambini, si modellano e si rimodellano
mille volte a secondo delle situazioni e delle persone.
È il bello
della giustizia-fai-da-te!
In Gv 5,24,
Gesù dice: ‘’In verità, in verità vi
dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita
eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita’’
Proporre
oggi il tema della vita eterna e del giudizio di Dio diventa quasi eresia.
Quasi come
se facessimo mille passi indietro, invece di proseguire in avanti.
In realtà di
passi indietro ne facciamo Duemila e più, perché senza queste Verità noi
torniamo alla legge dei farisei, torniamo ad applicare la legge fine a se
stessa, quella legge che obbligava a lavarsi le mani prima di ogni pasto e a
fare le abluzioni illudendo così la persona di essere mondo, invece nel suo
cuore si accumulavano sporcizie indicibili… è nel cuore dell’uomo, dice Gesù,
che si annida la sporcizia e il marciume che corrompe la bellezza dell’anima e
l’appesantisce a tal punto da farla precipitare nel fuoco della Geenna.
Ma chi parla
più del Giudizio di Dio?
Quale
ascolto e quale valenza avrebbe oggi il Giudizio di Dio?
Se a
qualcuno venisse in mente di proporre argomenti di questo genere, si troverebbe
di
fronte ad
una situazione straziante, direi, perché
l’uomo si pone sullo stesso piano di Dio, da pari a pari e le reazione
sarebbero di questo tipo:
·
Ma chi è Dio che deve venire a dettare legge a me che
valgo più di Lui?
·
Ma chi è Dio davanti a me, che sono ricco e potente più
di Lui e potrei comprarmi il mondo intero?
·
Ma chi è Dio che deve venire a mettermi i bastoni fra
le ruote soltanto perché io cerco di conquistare gli oggetti dei miei desideri?
·
Ma chi è Dio? Che cosa vuole Dio da me? Siamo forse
suoi? Gli apparteniamo forse?
·
Quale diritto ha su di noi?
·
Dipendiamo forse da Lui? Ma chi lo conosce! Ma chi ha
voglia di conoscerlo!
·
Se anche esistesse, se ne stesse per conto suo, non ha
nessun diritto di interferire nella mia vita. La vita è mia e me la gestisco
io!
È uno slogan
degli anni andati che resta però sempre attuale!
Ecco dunque
la domanda: Chi è Dio?
Qualche
giorno fa navigando su Internet, mi sono
imbattuta in un forum dove una ragazza poneva proprio questa domanda ai suoi
altrettanto giovani interlocutori; le risposte?
Eccole, le
riporto così come sono state scritte:
1^ domanda: Se Dio ha creato noi, chi ha creato Dio?
1^ risposta:
io penso ke siamo noi ad avere creato
lui.. e non il contrario.
2^ risposta:
Il padre e la madre
3^ risposta:
l’ha creato…NN (segue il nome di un
politico del nostro Governo)
4^ risposta:
ma
siamo sicuri ke Dio esiste veramente ??? mah... io ho dei dubbi... xkè c'è
tanta miseria e tante guerre (x non dire altro) nel mondo allora ??? Forse è
colpa dell'uomo ?
2^ domanda: secondo te è possibile creare Dio
1^ risposta:
non è dio che ha creato l'uomo, ma è
l'uomo che ha creato dio, è diverso!
2^ risposta:
penso che nessun essere vivente possa
saperlo sul serio
È un
dialogo, questo, fra giovani di questa nostra generazione, di questi nostri giorni,
di questo nostro tempo, di questa nostra società, di questo nostro mondo…
giovani che sono stati battezzati e che vivono in famiglie cristiane!
La cosa che più
mi ha impressionato non sono state tanto le loro risposte, che sono tipiche di
questa società, quanto il fatto di scoprire che i giovani, apparentemente
distratti e superficiali, discutono fra loro anche di Dio, quasi come se ci
fosse una domanda di conoscenza più profonda; la conoscenza di Dio è un bisogno
che nasce spontaneo nell’anima di ognuno, il problema vero è che questo
problema viene risolto tutto in battute, finisce lì, non cercano chi dia loro
risposte sensate, annichiliti, quasi, da questo mistero che non sanno come
affrontare, verrebbe quasi da dire con il salmo 138, 6: Stupenda per me la tua saggezza, troppo
alta, e io non la comprendo!
La
difficoltà vera è proprio questa, i ragazzi si smarriscono in questo loro
stupore che non sanno gestire; il pensiero di Dio, le domande sulla sua
Presenza pure ci sono, ma non avendo fatto nessun cammino catechetico o di
altro genere, ne restano spaventati e non potendolo risolvere con le verità
della fede, lo superano con la leggerezza di una battuta che permette di
sorvolare sull’ argomento con quella capacità tutta giovanile di superare con
un sorriso anche gli ostacoli impossibili!
Cosa possiamo
fare per loro e per tutti coloro che si trovano nelle loro condizioni?
Prima di tutto,
prima di rispondere alla loro domanda: ‘’Chi è Dio e chi ha creato Dio’’, forse
bisognerebbe porsi due domande: ‘’Chi è Dio per me? Chi sono io per Dio?’’ .
Perché se
noi sapremo rispondere a queste domande, saremo anche in grado di aiutare gli
altri a rispondere alle loro domande.
Proviamo,
dunque, a porci queste domande e scopriremo che: fra il ‘’chi è Dio per me’’ e il
‘’chi sono io per Dio’’ c’è una differenza abissale!
Proviamo a
rispondere insieme!
Dio per me è
Colui che intralcia i miei progetti; io per Lui sono il frutto del suo progetto
d’amore!
Dio per me è
Colui che non vuole il mio bene, altrimenti mi lascerebbe fare; io per Lui sono
il più splendido progetto di vita che abbia mai fatto!
Dio per me è
un Giudice severo ed ingiusto; io per Dio sono l’oggetto della sua misericordia
e del suo perdono.
Dio per me è
Colui che mi toglie la mia libertà; io per Dio sono l’espressione della massima
libertà che si manifesta nell’accettare o meno la Sua Parola.
Dio per me è
Colui che mi vieta e mi proibisce ciò che a me piace; io per Dio sono il
destinatario dei Beni più preziosi e meravigliosi che esistano.
Dio per me è
invadente, perché vuole intromettersi a tutti i costi nella mia vita; io per
Lui sono frutto del Suo Desiderio di avere una compagnia capace di amarlo come
Lui ci ama.
Dio per me è
un perfetto sconosciuto; io per Dio sono frutto delle sue viscere, figlio amato
e desiderato!
Dio per me è
un estraneo; Lui di me conosce perfino quanti capelli ho in capo!
Io non ho
bisogno di Dio; Dio non ha bisogno di me, però mi ama più di quanto mi amino
mio padre e mia madre.
Io rinnego
Dio, lo escludo dalla mia vita; Dio non rinnega l’opera delle sue Mani e per me
ha dato la Sua Vita!
E si
potrebbe continuare all’infinito su questo tono… ma l’abisso e la distanza è
già abbastanza evidente così!
Dice il
salmo 42,8 ‘‘Un abisso chiama l'abisso al fragore delle
tue cascate’’, è proprio vero: all’abisso del nostro rifiuto di Dio corrisponde l’abisso
del Suo Amore per noi!
Il
Catechismo della Chiesa Cattolica al num. 2803 dice: ‘’Dopo averci messo alla presenza di Dio nostro Padre per adorarlo,
amarlo, benedirlo, lo Spirito filiale fa salire dai nostri cuori sette domande,
sette benedizioni. Le prime tre, più teologali, ci attirano verso la gloria del
Padre, le ultime quattro, come altrettante vie verso di lui, offrono alla sua
grazia la nostra miseria. ‘’
Le sette
domande altro non sono se non le tre
virtù teologali: FEDE, SPERANZA E CARITA’ e le quattro virtù cardinali: PRUDENZA, FORTEZZA, GIUSTIZIA E TEMPERANZA.
C’è qualcuno
che ne abbia sentito MAI parlare?
La risposta
non la lascio ai posteri, ma a voi uomini e donne di questo tempo!
Perché prima
di preoccuparci di quello che sapranno i posteri, dovremo preoccuparci di ciò che sappiamo/non sappiamo noi oggi,
perché da ciò che noi sapremo trasmettere dipenderà ciò che coloro che verranno
dopo di noi… sapranno!
La nostra
responsabilità è totale!
Se noi ‘’ci saremo innamorati della sua bellezza, se
l’ameremo fin dalla nostra giovinezza, se la desidereremo come Sposa’’ (Sap
8,2) allora sapremo trasmettere quest’amore a coloro che verranno.
Dice ancora
il CCC al numero 1950: ‘’ La legge morale è opera della Sapienza
divina. La si può definire, in senso biblico, come un insegnamento paterno, una
pedagogia di Dio. Prescrive all'uomo le vie, le norme di condotta che conducono
alla beatitudine promessa; vieta le strade del male, che allontanano da Dio e dal
suo amore. Essa è ad un tempo severa nei suoi precetti e soave nelle sue
promesse.’’
Ci siamo
resi conto, credo, di come sia dura la Parola di Gesù per noi e di quanta
fatica facciamo per metterla in pratica, ma la sua severità è garanzia di
salvezza per noi; la sua soavità è desiderio d’Infinito, desiderio di Bellezza,
desiderio di AMORE ETERNO!
Voglio
concludere con un consiglio pratico, preso dal salmo 118, che può farci da
guida ed esserci di aiuto in questo nostro cammino, non solo per i giovani (a
cui è esplicitamente rivolto), ma per ogni uomo che voglia cominciare ad
interrogarsi sulla strada che sta percorrendo…
9 Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10 Con
tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11 Conservo
nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12 Benedetto
sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13 Con
le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14 Nel
seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15 Voglio
meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16 Nella
tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola!
Dolci (dolci non sdolcinate! La differenza è sostanziale) come miele
scendono sul cuore queste parole e rimuovono le incrostazioni, le barriere, le
porte sbarrate, le barricate costruite per mettere quanto più distanza fra
noi e Dio, fra noi e il prossimo, fra
noi e noi stessi e ci si scopre bisognosi di un abbraccio, desiderosi di gioia,
anelanti all’Amore!
DIO NON SI
DIMENTICA MAI DI NOI, CI CONOSCE
E CI ASCOLTA UNO PER UNO, CI ACCETTA COSI’
COME SIAMO…
ANCHE SE SIAMO MILIARDI E MILIARDI!
NOI, NELLA
NOSTRA SINGOLARITA’, NON LO CONOSCIAMO,
NON LO ASCOLTIAMO, NON LO ACCETTIAMO
E CI
DIMENTICHIAMO TOTALMENTE DI LUI!
NON VI
SEMBRA CHE CI SIA UN QUALCHE SQUILIBRIO
IN QUESTA RELAZIONE?